Quando si parla di elezioni presidenziali in Russia, non è facile andare al di là della figura di Putin, l’uomo che ha guidato il Paese per un ventennio quasi ininterrotto, e che anche in questa tornata si presenta come favorito. Non è facile sia perché la prevedibilità dei risultati ha progressivamente ridotto l’interesse dell’opinione pubblica russa e internazionale verso gli altri candidati, sia perché questi ultimi solo raramente hanno brillato di luce propria, mostrandosi credibili nei programmi o nello spirito d’opposizione al governo.
Mettendo dunque per un momento da parte Putin, sul quale si è già detto moltissimo (ma su cui naturalmente ritorneremo), proponiamo qui una breve panoramica introduttiva delle candidature, tenendo in conto che la loro ufficialità arriverà solo per fine mese (la scadenza della raccolta firme per gli esterni all’attuale Duma è il 31 gennaio). Nelle prossime settimane analizzeremo più nel dettaglio la storia e le prospettive di ciascuno dei candidati.
I partiti che non godono di una rappresentanza in Parlamento devono raccogliere 105000 firme per presentare un loro candidato mentre gli indipendenti necessitano di 315000 firme. Di ben 70 persone che al termine ultimo del primo gennaio 2018 avevano manifestato l’intenzione di candidarsi, soltanto 34 sono arrivate a registrarsi fino alla data odierna. Di seguito, alcuni dei più importanti.
Pavel Grudinin: il candidato dello storico Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) che ha sostituito Zyuganov alla carica di Segretario. Grudinin è un imprenditore agricolo che ha conquistato la stima delle diverse fazioni soprattutto per aver portato avanti con ambizione il progetto di una cooperativa agricola i cui profitti vengono reinvestiti per garantire diversi servizi ai lavoratori e alle loro famiglie. Il suo predecessore ha guidato il partito per vent’anni e alle ultime elezioni aveva ottenuto il 17%. Le ragioni di questo cambiamento sono principalmente da ricercare nella volontà del partito di ringiovanire il proprio aspetto e adattarsi al mutamento dei tempi ma ci sono altre motivazioni, tra queste la speranza di riconquistare quei consensi di cui godeva fino ai primi anni del 2000. Sul declino del KPFR ha influito sia il mutamento dell’assetto partitico russo, dopo l’ascesa di Putin, che il malcontento che si è creato intorno alla figura di Zyuganov per le sue presunte relazioni con la Chiesa e la classe dirigente russa.
Vladimir Zhirinovsky: fondatore e leader del Partito Liberale (LDPR) il 6,2% degli elettori. Zhirinovsky si è definito negli anni un liberale riformista mantenendo, con decisione, una posizione di distanza dalle correnti filo-europee. In realtà dalla linea politica del partito è emersa un’ideologia social-nazionalista, a tratti populista e di estrema destra, che insiste sulla statalizzazione dei settori centrali dell’economia, pur prevedendo forme di tutela per l’iniziativa privata, e auspica il consolidamento di una società basata sui valori e l’identità russa. Le principali critiche rivolte a Zhirinovsky, oltre le tendenze chiaramente estremiste, riguardano l’eccessiva personalizzazione del suo partito.
Il Partito Monarchico appoggia la candidatura del suo segretario Anton Bakov, ex deputato della Duma nel periodo tra il 2003 e il 2007. Bakov è un attivista dei diritti civili ed è un convinto sostenitore della restaurazione di un impero russo con i discendenti dei Romanov.
Grigory Yavlinsky è sostenuto dal partito liberale e filoeuropeo Yabloko. Negli anni della sua lunga carriera politica è stato un oppositore della soluzione militare adottata dal governo in Cecenia e ha fatto delle questioni ambientali il suo cavallo di battaglia, criticando in diverse occasioni le politiche energetiche adottate da Putin.
Tra gli indipendenti ha fatto discutere in modo particolare la candidatura di Ksenia Sobchak, giornalista e figlia di Anatolij Sobchak, ex sindaco di San Pietroburgo considerato da tutti come il mentore politico di Putin. La Sobchak è molto conosciuta in Russia e gode di un seguito sui social non indifferente, attraverso la sua candidatura si propone di voler rappresentare tutti coloro che si sentono in qualche modo distanti dall’attuale classe dirigente e in particolare di attirare i voti di protesta dei giovani e dei sostenitori di Navalny.
E proprio su Alexey Navalny, forse l’unico vero oppositore di Putin, la questione resta aperta. La sua candidatura è stata rigettata dalla Commissione elettorale nazionale, sollevando le perplessità non solo delle fazioni più democratiche del paese ma anche di Bruxelles e degli attivisti europei.
In attesa della lista ufficiale dei candidati, i sondaggi non lascerebbero dubbi sulla vittoria di Putin, il quale è stato indicato come candidato preferito dall’81% degli intervistati nell’ultima inchiesta pubblicata dal centro di ricerca VCIOM. Altri sondaggi pubblicati a dicembre, come quello del centro indipendente Levada, indicavano Putin al 61%, a cui seguiva Zhirinovsky ma con solo l’8% delle preferenze.