Noto per le sue dichiarazioni eccentriche, il candidato del Partito Liberal Democratico è ormai alla sua sesta candidatura per la Presidenza. Le chances? Quasi nulle, benché in termini elettorali sia tecnicamente uno degli oppositori più forti di Putin. Vita, vizi e miracoli dell’uomo politico più discusso di Russia, anche al di fuori della Russia. Senza sottovalutare la sua funzione all’interno del sistema politico di Mosca.
Vladimir Vol’fovič Žirinovskij è forse il candidato più conosciuto della nostra rassegna di oppositori (o aspiranti tali) di Putin. Una fama derivante in parte dal suo istrionismo, che l’ha consacrato alle cronache di tutto il globo (evento non comune, per un politico russo che non sia il presidente), e in parte dalla sua effettiva longevità politica, che fa di lui il più tenace candidato alla presidenza (ben sei tentativi, comprendendo anche quello odierno) della storia della Federazione Russa.
Žirinovskij nasce il 26 Aprile del 1946 ad Almaty, in Kazakistan. Dopo aver frequentato l’Università Statale Lomonosov di Mosca, si laurea nel 1969 al Dipartimento di Lingue Orientali. L’inizio della sua carriera politica può essere collocato alla fine degli anni Ottanta, quando scende in campo per opporsi al Partito Comunista. Žirinovskij, le cui doti oratorie non tardano ad emergere, chiede l’adozione di riforme sia economiche che strutturali ma difende con decisione la sopravvivenza dell’Unione Sovietica, la cui fine suonava già come una tragedia annunciata. Nel 1988 partecipa all’organizzazione del Congresso del Partito dell’Unione Democratica, la cui agenda porrà le basi per il Partito Liberal Democratico (LDPR) , fondato dallo stesso Žirinovskij nell’anno successivo, e che sarà la seconda realtà partitica ad ottenere la registrazione nella storia dell’Unione Sovietica. Il partito si pone sin dal principio come una forza riformista ma con evidenti toni ultranazionalisti e nel 1991, in occasione delle prime elezioni presidenziali post-sovietiche, si posiziona come terza forza politica del Paese. Nel 1993, durante un viaggio in Austria, entra in contatto con l’ambiente neonazista, e in particolare con Edwin Neuworth, un veterano delle SS che negava l’utilizzo dei gas nei campi di concentramento da parte dei tedeschi. In questa fase è ormai chiara la distanza di Žirinovskij dai principi liberal-democratici e la crescente affinità con gli ambienti di estrema destra e populisti.
Alle elezioni parlamentari dello stesso anno, nelle quali il suo partito ottiene il 22% dei voti, Žirinovskij presenta un programma che dà priorità assoluta alle esigenze delle famiglie, oltre a garantire una regolamentazione dell’economia e la difesa dei valori tradizionali russi. Tra gli slogan più utilizzati, “Difenderò i russi”, “Calore e protezione alle donne”, “Sconfiggerò il crimine”. Nel 1999 il LDPR ottiene solo il 6% dei voti. Žirinovskij viene nominato vicepresidente della Duma e cede temporaneamente la guida del partito al figlio, Igor Lebedev. Dopo la discesa in campo di Putin si assiste ad una sua breve risalita all’11%nel 2003, e dopo una perdita del 2% dei consensi alle elezioni successive, si riconferma all’11% alle legislative del 2011 e al 13% nel 2016.
Si potrebbe pensare, in parte, che la fluttuazione dei consensi dipenda direttamente dalle emozioni e dai sentimenti risvegliati negli elettori dalle dichiarazioni di Žirinovskij.
La sua eccentricità, infatti, non ha tardato ad emergere. Nel 1995, durante un dibattito televisivo, Žirinovskij getta del succo d’ananas sul suo interlocutore Boris Nemcov. Nel 2006, in risposta alle critiche ricevute dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sull’assenza di un’azione concreta da parte della Russia in difesa dei diritti umani in Cecenia, solleva l’incredulità dei presenti affermando “Diteci come, dateci la ricetta! Sono un popolo montanaro. Dove c’è mai stata una risoluzione pacifica con un popolo montanaro? Guardate la Turchia, che sta combattendo i curdi da 50 anni.”
La dichiarazione riguardante la Cecenia è solo una delle tante che hanno scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica e dell’Unione Europea. Durante la crisi in Ucraina, Žirinovskij invia una lettera ai governi di Ungheria, Romania e Polonia in cui suggerisce di dividere l’Ucraina secondo l’accordo nazi-sovietico del 1939, in cui la Polonia chiedeva i territori che, prima delle invasioni subite, erano sotto il suo dominio. Ovviamente la proposta, non commentata ufficialmente da Varsavia, Budapest e Bucarest, viene da più parti condannata e definita come il prodotto di una mente delirante. Un’altra occasione in cui l’esponente del LDPR dà sfogo alla sua originalità è il discorso sulla tutela e la sopravvivenza della lingua russa, che in pochi minuti si è trasformato in un vero e proprio show.
”Sono un popolo montanaro! Dove c’è mai stata una risoluzione pacifica con un popolo montanaro? Guardate la Turchia, che sta combattendo i curdi da 50 anni!”
Vladimir Žirinovskij, 2006, a proposito dei ceceni
La difesa dell’identità e della lingua russa sono anche oggetto della campagna elettorale pubblicata sul sito del LDPR lo scorso 24 dicembre, in vista delle elezioni presidenziali del 2018. Il programma “100 punti”, accompagnato dallo slogan “LDPR è una Russia Felice”, prevede:il ripristino degli ospedali, delle scuole e delle strade; la riduzione dei prezzi dei beni di prima necessità, degli alloggi e dei farmaci; la riformulazione del sistema giudiziario e l’irrigidimento delle pene per il reato di terrorismo; la riorganizzazione delle istituzioni e in particolare la riduzione dei membri della Duma; la garanzia di una “protezione” per tutti i cristiani del mondo.
Ma esistono, per Žirinovskij, reali possibilità di vittoria in questa tornata elettorale?
Considerando i risultati delle ultime elezioni presidenziali, i voti ottenuti da Žirinovskij oscillano dal 2,70% del 2000 al 6,22 del 2012, con una lieve risalita al 9,35 in occasione delle presidenziali del 2008. Non è mai andato oltre il terzo posto tra i candidati.
Nell’ultimo sondaggio pubblicato dal Centro russo per lo studio dell’opinione pubblica (WCIOM), Putin ha un indice di gradimento del 73,2% mentre per Žirinovskij si registra una salita dei consensi al secondo posto con il 6,1% (comunque leggermente in discesa rispetto ai dati di dicembre, che lo davano al 7,1%). Ovviamente restano percentuali ben poco significative, data la distanza dall’attuale Presidente.
Nonostante sia difficile immaginare un aumento dei consensi tale da condurlo alla vittoria, Žirinovskij rappresenta un vero e proprio pilastro della vita politica russa. Nel corso degli anni il suo personaggio, controverso e imprevedibile, è stato oggetto di numerose analisi. Alcuni sostengono che certe sue dichiarazioni, data la loro natura fortemente provocatoria, siano in realtà uno strumento utilizzato dallo stesso Cremlino per verificare la presenza e l’eventuale dimensione di pulsioni estremiste all’interno dello scenario politico. Un altro aspetto spesso evidenziato è relativo alla sua capacità (o meglio, volontà) di fare opposizione al partito di governo Russia Unita. Nonostante Žirinovskij sia sempre stato ufficialmente critico nei confronti di Putin, nei fatti non ha mai osteggiato in modo netto la sua linea politica o l’adozione, all’interno della Duma, delle riforme proposte dal governo. Da qui è sorta l’idea che il Partito liberal-democratico, più che quella di un partito di opposizione, assolva una funzione strutturale sia dal punto di vista politico-istituzionale che politico-sociale, permettendo, in diverse occasioni, di mantenere lo status quo del regime di Putin e di monitorare le aspirazioni elettorali delle frange di estrema destra.