Grigory Javlinskij è una vecchia conoscenza della politica russa. Attivo già in epoca sovietica, dopo il crollo dell’URSS è tra i maggiori fautori delle riforme liberali. Il loro fallimento, unito alla vicinanza di Javlinskij all’Europa anche in questioni critiche come quella della Crimea, determinerà il suo destino politico.
Javlinskij nasce nell’ucraina L’vov il 9 Aprile del 1952. Nonostante la disapprovazione del padre, lascia la casa della famiglia ancora adolescente, svolgendo diversi lavori occasionali e frequentando corsi serali. Dopo la laurea ottiene un dottorato di ricerca in economia al Plekhanov Institute of the National Economy di Mosca e nel 1976 discute una tesi sui problemi del sistema economico russo. Nel 1984 inizia la sua carriera all’interno delle istituzioni russe, prima al Ministero del lavoro e dopo alla Commissione nazionale per le riforme economiche, conosciuta come Commissione Abalkin, dal nome del suo Presidente Leonid Abalkin.
Il nome di Javlinskij è spesso associato al programma “500 Giorni”. Il progetto, proposto da Javlinskij nel 1990, e sviluppato da Stanislav Šatalin, si proponeva di superare la crisi economica avviando un percorso di transizione verso un’economia di mercato. Libertà del settore imprenditoriale, concorrenza leale tra i produttori, integrazione del sistema economico russo con l’economia internazionale, investimenti nel settore scientifico e tecnologico, erano alcuni degli obiettivi dell’ambizioso programma che tuttavia non troverà una concreta attuazione nonostante l’entusiasmo con cui inizialmente era stato accolto da Boris El’cin.
Nel 1995 Javlinskij getta le basi per il movimento Jabloko, che diventerà un partito politico a tutti gli effetti nel 2001. Alle elezioni legislative dello stesso anno Jabloko ottiene il 6,9% dei consensi, questa percentuale però è destinata a scendere nelle successive elezioni fino ad arrivare al 1,59% del 2007. Si registra una lieve risalita nel 2011 con il 3,43% ma a causa dello sbarramento del 7%, introdotto dalla nuova legge elettorale, resterà fuori dalla Duma. Alle ultime elezioni del 2016 riprende la discesa con l’1,44% delle preferenze. Per fronteggiare la perdita dei consensi e superare lo sbarramento del sistema elettorale russo, il partito (iscritto all’ALDE europeo) ha più volte tentato di attivare una rete di collaborazione con gli altri movimenti liberali, tuttavia senza mai ottenere grossi risultati.
Probabilmente tra le motivazioni che hanno penalizzato il movimento possiamo individuare l’esaltazione del liberalismo economico che fa storcere il naso a quella parte dell’opinione pubblica che guarda con sospetto ai modelli europei. Il partito, infatti, si è differenziato sin da subito per le sue aspirazioni filo-occidentali facendo del liberalismo, dell’europeismo e del non-interventismo i pilastri principali del suo programma. L‘ambientalismo è un altro tema ricorrente delle campagne elettorali di Jabloko. Lo scorso 1 febbraio Javlinskij, durante una visita a Gdvo nella regione di Pskov, ha insistito sulla necessità di sviluppare un modello di agricoltura ecosostenibile. Durante l’incontro, inoltre, Javlinskij ha ribadito l’importanza di promuovere un modello di sviluppo nel rispetto del territorio russo. In particolare ha parlato della possibilità di creare un “museo del ghiaccio”, nella riserva di Gdvo, finalizzato ad attrarre investimenti da destinare alle infrastrutture. Questo progetto, del resto, fa parte della strategia “Terra-Casa-Strade”, presentata nel programma per le elezioni presidenziali del 18 Marzo, attraverso cui lo Stato si impegnerebbe a trasferire i terreni ai cittadini per la costruzione delle loro abitazione, attuando un sistema di prestiti agevolati, e a fornire acqua, gas ed elettricità.
Altri punti del programma sono: l’adozione di misure contro la povertà; l’agevolazione fiscale per i cittadini appartenenti alle fasce reddituali più basse; la promozione dell’impresa privata; l’abolizione dell’IVA per le industrie ad alta tecnologia; la redistribuzione delle entrate fiscali tra il Governo federale, le regioni e i comuni; l’aumento della spesa pubblica dal 7,9% al 17% per l’istruzione, la sanità, lo sport e la cultura; l’interruzione del supporto militare e finanziario alle forze separatiste in Ucraina e il ritiro graduale delle truppe russe dalla Siria.
Javlinskij, in occasione dell’annuncio della sua candidatura, ha dichiarato che è sbagliato ricondurre i problemi della Russia a Putin, in quanto l’unico vero ostacolo alla crescita e alla democratizzazione del Paese sarebbe rappresentato dall’apatia e dalla frustrazione diffuse. La sola alternativa per il futuro sarebbe quella di risvegliare l’interesse verso la cultura, di rendere i cittadini più partecipi alla politica e all’economia del Paese e di attuare una politica estera “amica” verso i paesi occidentali: «La mia idea è che una persona sia al di sopra di ogni ideologia, insisto sul fatto che l’unica vera idea nazionale per tutta la Russia sia il rispetto, il rispetto per le persone».
Dialogo, modernizzazione e partecipazione sono quindi gli elementi centrali del pensiero di Javlinskij che negli anni si è mostrato, insieme al suo partito, uno dei pochi ad adempiere al “dovere” di rivale e oppositore. Nonostante le iniziali aspettative il suo percorso politico ha registrato numerosi insuccessi che in diverse occasioni l’hanno costretto a giocare la sua partita in panchina. Le aspirazioni liberali e la posizione critica assunta verso alcuni temi caldi, come la questione ucraina, hanno creato l’immagine di un uomo troppo vicino all’Occidente e incapace di colmare quelle incertezze di cui soffre la società russa. Compito che, al momento, solo Putin sembra riuscire ad assolvere.