Il punto della situazione dopo le elezioni del 18 marzo. Come giudicare i risultati degli altri sette candidati? E soprattutto, perché hanno incontrato Putin due giorni fa?
Dopo il 18 marzo, Putin si conferma protagonista indiscusso della scena politica con il 76,69% dei voti. Il secondo posto va a Grudinin con l’11,77%, seguito da Žirinovskij con il 5,65%, Ksenija Sobčak si aggiudica il quarto posto con l’1,68% mentre Javlinskij si ferma all’1,05%. Gli altri candidati, Boris Titov, Maxim Surajkin e Baburin non superano l’1% arrestando la loro corsa rispettivamente al 0,76%, 0,68% e 0,65%.
Per comprendere la mappa di questi risultati elettorali può essere utile osservare i dati degli anni precedenti. Il Partito comunista della Federazione Russa ha subito una forte perdita di consensi, che nel 2012 aveva confermato il trend degli anni precedenti con il 17,18% delle preferenze, a quanto pare a poco è servito il tentativo di rinnovare la classe dirigente presentando un nuovo candidato. Pavel Grudinin, seppur apprezzato dall’opinione pubblica, forse non è riuscito a superare i malumori verso il partito aggravati dalle polemiche sorte intorno alla figura del suo predecessore Zjuganov. In questo contesto potremmo inserire l’insuccesso di Surajkin che segna comunque un parziale distaccamento degli elettori russi dalle vecchie ideologie.Meno sorprendente è il risultato di Žirinovskij, che conferma la tendenza delle elezioni del 2012 in cui era passato dal 9,35% del 2008 al 6,22%. Potremmo pensare ad una graduale perdita di quella fetta di elettori più estremisti anche se i dati ufficiali ci permettono solo in parte di valutare questo risultato. Bisogna ricordare, infatti, che il consenso verso la figura di Žirinovskij è sempre stato fluttuante e fortemente dipendente, sia dalle correnti reazionarie del periodo che dalle sue dichiarazioni eccentriche.Come abbiamo già anticipato Ksenija Sobčak guadagna il quarto posto con 1.225.604 voti.Sebbene in termini numerici non sia un esito di grandissima entità è comunque sorprendente, in quanto durante la campagna elettorale è stata uno dei candidati più criticati, in particolare per il sospetto che la sua candidatura fosse una strategia del Cremlino. La Sobčak si è dichiarata positiva verso il futuro e ha proposto al “grande escluso” di partecipare alle negoziazioni per la creazione di un nuovo partito. Tuttavia Aleksej Naval’nyj ha rifiutato con fermezza la sua offerta definendola “parte delle macchinazioni politiche”. Nessuna sorpresa sul numero di voti ottenuti da Javlinskij che in politica non ha mai avuto vita facile, del resto come tutte le forze liberali del Paese.
Proprio il leader di Jabloko, in occasione di un incontro avvenuto tra Putin e i candidati alle presidenziali, ha affermato che “La procedura che si è svolta il 18 marzo non è, a nostro avviso, un’elezione ma un plebiscito. Non c’era nessuna lotta competitiva, credo che la politica in Russia richieda dei cambiamenti radicali“.
L’incontro, che si è tenuto il 19 marzo, è stato voluto dallo stesso Putin. Se da un lato può spingere verso il dubbio che sia l’ennesimo segnale di dipendenza ed eccessiva flessibilità delle altre forze politiche in campo, allo stesso tempo non esclude l’ipotesi di apertura al dialogo. Putin in questa occasione ha dichiarato “Spero che oggi potremo parlare di come è andata avanti la campagna e, cosa più importante, di che cosa è necessario per garantire che tutti gli elementi positivi siano presi in considerazione nel futuro lavoro” aggiungendo che finita la corsa elettorale è importante unire le idee per il bene comune e per il futuro della Russia.
“Spero che oggi potremo parlare di come è andata avanti la campagna e, cosa più importante,
di che cosa è necessario per garantire che tutti gli elementi positivi siano presi in considerazione nel futuro lavoro” – Vladimir PutinVladimir Putin
La sua vittoria, anche se prevedibile, può apparire sorprendente agli occhi di quella parte dell’opinione pubblica europea abituata a risultati elettorali con maggioranze risicate. Tuttavia non può essere spiegata esclusivamente attraverso i presunti brogli, di cui si è iniziato a parlare ancor prima che chiudessero i seggi elettorali. Il suo successo va compreso considerando due elementi fondamentali: il bagaglio storico del Paese e il significato che gli elettori russi attribuiscono al concetto di libertà. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto i Russi si mostrano forse più interessati al concetto di libertà economica, con un punto di vista distante dal significato che siamo abituati ad attribuire alla parola Democrazia (come ha evidenziato anche una recente indagine, tradotta dagli studenti italiani del Master ELEO) . Il primo elemento invece ci aiuta a comprendere il ruolo di guida che Putin ha avuto nel consolidamento, politico ed economico, della Federazione Russa dopo gli anni bui successivi alla fine dell’Unione Sovietica.
La sua posizione, negli anni, sembra non aver sofferto neanche delle continue polemiche sollevate dagli osservatori sulle ripetute violazioni dei diritti fondamentali. A queste considerazioni però bisogna unire il dato dell’affluenza alle urne pari al 67,5%, al di sotto delle aspettative e delle speranze. Sebbene sia innegabile che Putin goda di un forte sostegno da parte degli elettori, l’astensionismo è sintomo di una grave perdita di fiducia di una fetta importante della popolazione. La sfida maggiore forse è quella di dare una risposta ai cittadini più sfiduciati. In questo contesto potremmo porci al centro delle due ipotesi espresse precedentemente e interpretare l’incontro, avvenuto all’indomani delle elezioni, tra tutti i candidati come la volontà di spingere verso la sinergia di tutte le forze politiche ma non senza la guida di Putin. Il 2024 segnerà la fine del suo quarto mandato e nessuno può permettersi di arrivarci impreparato, neanche l’uomo che incarna la Russia.