Sono passati ormai sette anni dallo scoppio dei primi tumulti in Siria e quasi due e mezzo dall’intervento militare russo, che ha cambiato le sorti del conflitto in corso ed ha riconsegnato a Mosca un ruolo da protagonista nello scenario mediorientale. Ma, come scritto in un’altra occasione, manca la parola “fine” ai combattimenti e gli scontri non si fermano, esasperando ancora di più (se possibile) i toni del confronto internazionale e, soprattutto, la drammatica situazione della popolazione siriana. Il Cremlino aveva previsto tempistiche ridotte e condizioni più favorevoli? Forse. Ma cosa pensa il popolo russo di questo deciso ritorno sul palcoscenico internazionale? Come ha visto l’instabilità in Medio Oriente e cosa dice l’opinione pubblica sul prolungamento dell’impegno di Mosca?
È importante considerare, innanzitutto, come sono state percepite le cosiddette “Primavere arabe” e qual è stata la narrativa russa sull’argomento. Inizialmente le posizioni e le dichiarazioni sono state poco coese e piuttosto confusionarie: se nel gennaio 2011 l’allora presidente Medvedev riconosceva le istanze e la lotta legittima del popolo tunisino contro Ben Ali (qui l’intervento), ben presto le considerazioni cambiarono definitivamente e si uniformarono con il peggioramento della situazione libica e, soprattutto, siriana. Ogni “primavera” o “rivoluzione colorata” (vedi Ucraina, Georgia, Kyrgyzstan) viene avvertita come un attacco implicito agli interessi russi nel mondo, per cui la conseguente risposta di Mosca al caos mediorientale fu: rispetto dei diritti sovrani; non interferenza negli affari interni agli Stati; rifiuto di “ricette imposte” (leggasi interventismo occidentale). Per la popolazione russa, tuttavia, queste strategie e la tensione diplomatica risultavano distanti dalla realtà di tutti i giorni e dalle problematiche interne.
Se osserviamo i primi sondaggi sulla percezione dell’instabilità mediorientale nel 2012, notiamo uno schiacciante disinteresse verso la questione siriana e sul ruolo che la Russia sta giocando. Secondo il centro VCIOM, l’8% dei russi segue attentamente questi eventi, il 37% degli intervistati si interessa di volta in volta. Il 52% degli intervistati ha dichiarato di non essere affatto interessato [Sociologia del conflitto siriano – 7 agosto 2012]. Il Levada Centr invece chiede cosa avrebbe dovuto fare la Russia in questa situazione: solamente il 23% appoggiava in toto il sostegno russo allo storico alleato siriano, mentre moltissimi erano i “neutrali” (il 64% non sapeva rispondere o preferiva Mosca fuori da questa crisi) [La Russia nell’arena internazionale – 13 marzo 2012].
Se anche quest’ultimo dato evidenzia la generale indifferenza verso il conflitto siriano (che intanto coinvolgeva sempre più direttamente i diplomatici e gli interessi regionali del Cremlino), è interessante vedere come, per i russi, il vero e proprio confronto fosse a livello globale con l’Occidente. Nello stesso sondaggio, circa la metà degli intervistati ritenevano i rapporti tra USA-Russia sempre più “tesi” o “freddi” [47%]. L’opinione pubblica credeva che, in generale, le diversità con l’Occidente fossero sempre più profonde, affermando che “in Occidente non capiscono bene il nostro stile di vita, ma vogliono insegnarci il loro” [29%] oppure “in Occidente percepiscono la Russia come concorrente e cercano di indebolirla” [ben il 40%].
Nonostante il distacco dagli eventi, il pensiero degli intervistati è piuttosto chiaro e realistico: il 25% propendeva per un realistico “prolungamento del conflitto” e ben il 49% si diceva “piuttosto/molto contrario” ad uno scenario simile alla Libia. Si può concludere che l’opinione pubblica russa tra il 2011 ed il 2013, si è mossa tra il disinteresse ed il sostegno alla linea governativa. In molti sposano la condotta di Mosca sul piano globale ed in merito alla situazione mediorientale, anche grazie alla forte retorica del Cremlino contro le azioni geopolitiche del mondo occidentale e, soprattutto, in chiave anti-terroristica [il 29% sosteneva che “i terroristi, incoraggiati dall’Occidente, conducono una battaglia sanguinosa contro il governo legittimo del Paese [Siria]“].
La lotta al terrorismo è diventata lo strumento fondamentale per legittimare il crescente coinvolgimento russo (ed infine l’intervento diretto) agli occhi dei russi che, con l’aggravamento della situazione, iniziano anche ad occuparsi maggiormente della questione siriana, come mostra l’evoluzione dell’interessamento dei cittadini tracciata sempre da VCIOM [Conflitto siriano: conseguenze per la Russia – 16 novembre 2015]
Vi interessate di persona a ciò che sta accadendo adesso in Siria o no? Verde scuro – “Regolarmente”; Verde chiaro – “Qualche volta”; Rosso – “Raramente”; Rosa – “Difficile rispondere”
Nel settembre 2015 i preparativi per il dispiegamento delle forze militari russe in Siria sono quasi ultimati e, nonostante la maggioranza fosse concorde sulla difesa del governo legittimo di Damasco, solamente il 14% era favorevole ad un intervento armato diretto, mentre venivano largamente preferiti l’assistenza umanitaria ed il lavoro politico-diplomatico svolto fino ad allora [Levada Centr – Guerra in Siria: attenzione, valutazioni, ISIS, 28 settembre 2015]. Per giustificare la campagna militare si è rivelata centrale la battaglia contro il terrorismo islamico: l’avanzata dell’ISIS era percepita come minaccia globale dal 58% degli intervistati e la presenza di cittadini russi tra i combattenti radicali (foreign fighters) preoccupava circa il 40% dei soggetti.
Dopo le prime operazioni, l’opinione pubblica ha visto positivamente l’operato militare russo, sia per l’esaltazione dei mass media dei bombardamenti russi contro lo Stato Islamico, sia per i resoconti estremamente positivi forniti dalle fonti governative, sia perché, effettivamente, le azioni russe raggiungevano i propri obiettivi con grande efficacia. Ma anche Mosca ha dovuto contare i suoi (pochi) caduti e le sue perdite, limitate ma rumorose (come l’abbattimento del cacciabombardiere SU-24M per mano turca nel novembre 2015); lo Stato Islamico è stato sconfitto, ma l’esercito russo rimane coinvolto in terra siriana e le tensioni internazionali non si allentano, come ha dimostrato questo inizio di 2018.
I sondaggi più recenti ci mostrano una certa preoccupazione dell’opinione pubblica: nonostante l’impressione che la situazione degeneri in un “nuovo Afghanistan” si sia ridotta dal 46 al 32%, quasi la metà degli intervistati vorrebbe la fine della campagna militare russa in Siria [49%], mentre il 30% supporta il proseguimento dell’impegno [Levada Centr – Guerra in Siria, 5 settembre 2017].
Tabella tradotta dall’autore – VCIOM, 27 febbraio 2018
VCIOM ci fornisce dati più attuali. Da settembre ad oggi le dinamiche in Siria sarebbero peggiorate significativamente: solamente il 38% crede nella stabilizzazione del Paese [prima il 58%], mentre ben il 42% non vede cambiamenti, se non in peggio.
Tuttavia, i cittadini russi mantengono un’alta considerazione dell’operato russo svolto finora, tanto che ben il 73% lo approva in pieno e ritiene abbia raggiunti gli obiettivi prestabiliti. Anche in questa indagine serpeggia un malumore di fondo: il 24% degli intervistati vorrebbe un atteggiamento più prudente e defilato, quasi ad auspicare un lento allontanamento dal problema siriano [VCIOM – Una nuova scintilla nella guerra in Siria: l’opinione dei russi?, 27 febbraio 2018].
Possiamo concludere che ancora oggi in Russia ci si informa poco e limitatamente sull’argomento Siria. Tra i più assidui, il sostegno alle scelte di Mosca è quasi totale, anche se forse sta lentamente venendo meno la fiducia inossidabile nelle potenzialità tecnologiche e militari russe, che hanno comunque capovolto l’andamento del conflitto e quasi azzerato le conquiste dell’ISIS, ma faticano ad imporre militarmente la fine delle ostilità. In un numero di Argumenty i Fakty del febbraio 2016, un lettore russo chiese agli esperti della redazione:
Dalla mappa della Siria si vede che Bashar al-Assad controlla una piccola parte del Paese.
Perché dovremmo aiutare un presidente così debole?
Presto potrebbe perdere completamente il potere?
La domanda e le legittime ingenuità del lettore sono molto indicative della percezione russa del conflitto: l’argomento Siria è molto più complesso di quanto si possa immaginare e molto difficile da interpretare; è dunque comprensibile il distacco dell’opinione pubblica da un tema così spinoso.
Mattia Baldoni