Come affermato dal Presidente russo, la Germania rimane uno dei partner commerciali esteri fondamentali della Russia: è seconda solamente alla Cina e lo scorso anno il fatturato commerciale russo-tedesco è cresciuto del 23% (“nel gennaio-febbraio 2018 è aumentato ancora quasi del 13%”). Si calcola che in Russia lavorino quasi 5 mila compagnie tedesche, che impiegano circa 270mila persone; a loro volta, in Germania conducono affari circa 1.500 imprese con capitale russo. Cifre notevoli, che sostengono sicuramente la volontà congiunta di “stimolare più attivamente lo sviluppo del commercio bilaterale, la cooperazione industriale e tecnologica” (Putin).
Tuttavia, la questione delle sanzioni economiche contro Mosca è determinante e trasversale a molti degli aspetti toccati nel colloquio russo-tedesco. In queste settimane è stata approvata dalla Duma una prima legge che vieta le merci provenienti dagli Stati Uniti e da altri Paesi considerati ostili, mentre sembra in discussione un’ulteriore risposta, che imporrebbe responsabilità penali contro le imprese e gli individui che rispettassero le sanzioni occidentali contro gli interessi economici russi.
Ma come possono convivere la crescita commerciale bilaterale con le sanzioni e con le contromisure prese da Mosca?
Angela Merkel ha risposto sostenendo la solidità delle relazioni transatlantiche di Berlino, sottolineando tuttavia la necessità del dialogo come unico mezzo per superare le forti problematiche attuali soprattutto tramite il Consiglio NATO-Russia e UE-Russia. Le parole della leader tedesca riflettono la percezione delle sanzioni come arma a doppio taglio, con effetti penalizzanti per entrambe le economie e per quella europea. Tra indecisioni e flebili dissensi, nessun Paese UE per ora ha compiuto passi significativi sulla strada per il ritiro di queste misure.
A questo proposito, tra gli argomenti di rottura, si possono segnalare la politica energetica e il Nord Stream-2. Questo progetto, avanzato già nel 2011, prevede l’ampliamento dell’esistente gasdotto, che trasporta la materia prima direttamente da Vyborg (Russia) a Greifswald (Germania) passando per il Mar Baltico, al fine di raddoppiarne la capacità. Negli anni la proposta è stata fortemente ostacolata, soprattutto dalle istituzioni dell’UE, che la considerano contraria agli interessi europei, ai suoi piani strategici e alla sua politica energetica. Garantendo l’appoggio costante al programma e la concessione dei permessi necessari, Berlino rappresenta la voce fuori dal coro.
Sia Merkel che Putin hanno voluto rimarcare un punto fondamentale: “il Nord Stream-2 è un progetto prettamente economico e commerciale, al di fuori da ogni processo politico, ma che terrà conto delle altre componenti“. Il riferimento è all’Ucraina e ai timori della sospensione del transito del gas russo tramite Kiev. Mosca ha garantito che la fornitura continuerà anche dopo il completamento dell’opera, così come il Cancelliere tedesco ha notificato il suo impegno nel mantenere il ruolo strategico dell’Ucraina (il Ministro dell’Economia tedesco Altmeier ha visitato Kiev il 15 maggio per affrontare questo problema).
Certo, la realizzazione del progetto potrebbe fungere da trampolino di lancio per altri programmi. Appena tre giorni dopo l’incontro Putin-Merkel, il Presidente bulgaro Rumen Radev (in visita in Russia il 21-22 maggio) ha suggerito di intraprendere un nuovo percorso che superi il fallimentare South Stream (dismesso dopo l’annessione russa della Crimea e le conseguenti sanzioni) e, soprattutto, il Turkish Stream, il gasdotto diretto in Europa che passa obbligatoriamente per la Turchia. Radev, intervistato dal Kommersant, auspica “una linea diretta Russia-Bulgaria, che sarebbe una garanzia di efficienza e sicurezza energetica per il Paese e per la stessa UE“.
Proseguendo, c’è stato ampio spazio anche per trattare temi extra-europei, su tutti la questione siriana e quella del nucleare iraniano. Sulla Siria, un giornalista incalza il Cancelliere evidenziando la presenza di circa 700 mila rifugiati siriani in Germania e che questi, a conflitto terminato, vorranno tornare in patria. Merkel risponde affermando il sostegno all’operato del rappresentante ONU De Mistura e riconoscendo gli sforzi compiuti al tavolo di Astana. È indubbia la necessaria ripresa di un processo politico ed economico e Putin sottolinea questo aspetto: se si vuole che la gente torni nelle proprie case, laddove oggi ci sono solo macerie, è necessario un forte sostegno a Damasco e alla ricostruzione siriana, allargata e depoliticizzata (qui l’articolo sulla prospettiva russa nella Siria da ricostruire).
Sull’Iran, Angela Merkel ribadisce la posizione già espressa dall’Alto Rappresentante UE Mogherini: “l’accordo esistente sul nucleare iraniano garantisce più controllo e più sicurezza”. È stato approvato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e ha quindi un fondamento internazionale; se l’Iran continuerà ad onorare i suoi doveri, secondo Merkel, la posizione europea e tedesca non cambierà. Questo è il punto su cui la frattura con gli USA è più profonda.
Forse l’essenza dell’incontro bilaterale è proprio questa: la Germania (come anche la Francia ed altri Paesi UE) cerca di svincolarsi, laddove possibile, dall’ingombrante potere decisionale di Washington. È palese che il tempo e le azioni dovranno smentire o confermare questo atteggiamento; per adesso, sembra particolarmente legato a questioni opportunistiche, legate alle possibilità di ciascun Paese (vedi il Nord Stream-2 per Berlino). Nelle sue dichiarazioni e nelle sue posizioni, tuttavia, la Germania appare tra gli Stati UE più pragmatici nelle sue relazioni internazionali, ed in questo più vicine al Cremlino.