L’estate russa è stata particolarmente calda dal punto di vista politico. Il presidente Vladimir Putin ha dovuto fare i conti con le numerose proteste che hanno popolato le strade russe dopo aver annunciato, a giugno, l’intenzione di apportare delle modifiche al sistema pensionistico russo.
Il progetto di riforma deve ancora superare l’iter legislativo, ma il 19 luglio ha ottenuto l’approvazione preliminare della Duma di Stato durante la prima lettura*. Attualmente la Duma sta discutendo gli eventuali emendamenti da apportare e trasmetterà entro il 24 settembre il progetto di legge al Consiglio della Federazione per la seconda e la terza lettura.
La riforma delle pensioni, presentata a giugno, prevedeva l’aumento dell’età pensionabile dai 55 ai 63 anni per le donne e dai 60 ai 65 per gli uomini. Tuttavia, date le numerose proteste delle ultime settimane, il 28 agosto Putin ha cercato di alleviare la tensione dichiarando, in un’intervista sulla TV nazionale, l’intenzione di modificare il testo con l’abbassamento dell’età pensionabile delle donne a 60 anni (anziché quindi ai 63 previsti originariamente). Inoltre, il presidente ha chiarito che per le donne è previsto il diritto al prepensionamento rapportato al numero dei figli.Una donna con tre figli, ad esempio, potrà andare in pensione tre anni prima dell’età prevista, mentre le donne con cinque o più figli potranno continuare ad andare in pensione a 50 anni. I cittadini nei prossimi due anni potranno usufruire del diritto di richiedere una pensione sei mesi prima della nuova età pensionabile. Per quanto riguarda invece coloro che si trovano in età da prepensionamento, il governo sta già lavorando a un programma speciale di sviluppo che sarà finanziato con il bilancio federale.
Durante il suo discorso Putin ha ricordato che il tema del sistema pensionistico preme già dal periodo sovietico e che è arrivato il momento di affrontare la questione senza ulteriori tentativi di rinvio, in quanto l’aumento dell’aspettativa di vita, unita all’abbassamento del numero dei dipendenti e alla crescita del numero dei pensionati, comporta la necessità di dare delle risposte a un sistema sempre più sovraccarico.
Vladimir Putin ha chiaramente espresso le sue preoccupazioni riguardo al futuro della Russia, sostenendo che nel 2020 si dovranno affrontare le conseguenze della crisi demografica degli anni Novanta e che è arrivato il momento di portare avanti lo sviluppo economico, superare la povertà e migliorare le condizioni di vita delle vecchie e delle nuove generazioni.
“E ora questa piccolissima generazione nata negli anni Novanta, che sta entrando nell’età lavorativa, subirà un carico enorme dal sistema pensionistico, perché è costruito principalmente su un principio di solidarietà”
Vladimir Putin
Nonostante il tentativo del presidente di parlare alla Nazione, domenica 2 settembre migliaia di persone sono scese nelle piazze e nelle strade russe per protestare contro la riforma portata avanti dal governo. Le proteste, organizzate soprattutto dal Partito Comunista, si sono concentrate in buona parte nel centro di Mosca, ma si sono sviluppate anche in diverse altre città russe, tra cui Barnaul, Simferopol, Vladivostok e Novosibirsk. Manifestazioni replicate una settimana dopo, il 9 settembre, in occasione del voto per sindaci e governatori: la polizia ha fermato tra le 800 e le 1000 persone.
Secondo un sondaggio condotto dal centro di ricerca Levada in 136 centri urbani di 52 regioni (su un campione di 2000 persone di diversa età), il 53% dei russi sarebbe contrario alla riforma. Sul sito dell’istituto è possibile consultare anche i dati sulla popolarità di Putin che indicano un calo del 6% rispetto ai mesi scorsi (dal 76% di febbraio al 70% di agosto). Tale perdita di consensi era già stata evidenziata dal centro Vtsiom a giugno, ovvero nel mese in cui è stata presentata la riforma.
Questi dati indicano una tendenza da non trascurare, soprattutto se affiancata al risultato elettorale schiacciante che Vladimir Putin aveva ottenuto durante le elezioni del 18 marzo e che l’aveva incoronato, ancora una volta, padrone assoluto della Russia. È vero che nel corso della sua leadership la fama di Putin ha subito diverse fluttuazioni (ricordiamo che un calo simile si era registrato anche nel 2013), ma non si può ignorare che in questa fase storica potrebbe rappresentare un punto di partenza per i nuovi scenari politici che per forza maggiore dovranno aprirsi alla fine di questo mandato. Le numerose manifestazioni, infatti, se da un lato hanno evidenziato l’elevata partecipazione politica dei russi, dall’altro hanno fatto emergere l’assenza in campo delle altre forze politiche, ad esclusione del Partito Comunista e di poche altre formazioni (Russia Giusta e sindacati). Se i leader dei partiti antagonisti saranno in grado di organizzare le proteste, potrebbe aprirsi forse un’opportunità per costituire una vera e propria opposizione, vuoto politico di cui la Russia di Putin ha sempre sofferto.
* Ricordiamo che secondo il sistema russo la proposta di legge, dopo aver ottenuto la maggioranza dei voti del numero complessivo dei membri della Duma, dovrà essere sottoposta all’esame del Consiglio della Federazione. La legge potrà considerarsi approvata dal Consiglio in due casi: se voteranno a favore più della metà del numero dei suoi membri, o se entro quattordici giorni non verrà presa in esame. In caso, invece, di disaccordo tra le due Camere la riforma potrà essere approvata solo se durante la seconda votazione si esprimeranno a favore almeno i due terzi del numero complessivo dei deputati della Duma di Stato.