«I russi sono così tanti e la nostra nazione così piccola. Dove troveremo lo spazio per seppellirli tutti?».
Aneddoto finlandese in tempo di guerra
La grande guerra patriottica rappresenta, tutt’ora, per le popolazioni post-sovietiche una tragedia immane difficile da cancellare. 20 milioni di morti e enormi devastazioni furono il risultato di un conflitto disumano e totalizzante, una vera e propria mattanza ideologica e sociale. Se nomi quali Stalingrado, Leningrado o le grandi offensive Bagratione e Kursk risuonano tutt’ora nei manuali di storia e nei media, episodi marginali o misconosciuti fanno parte a pieno titolo dell’eroica resistenza russa e successiva sconfitta delle orde nazifasciste. Alla vigilia dell’operazione Barbarossa, Hitler e i suoi alleati dell’Europa orientale necessitavano disperatamente di supporto logistico e strategico al fine di stringere ulteriormente la tenaglia d’acciaio intorno a Mosca.
Occupati i paesi scandinavi (ai nazisti facevano gola le ricche risorse minerarie del Baltico e inoltre bisognava impedire agli alleati di installare insidiose teste di ponte) gli sforzi diplomatici tedeschi si concentrarono massicciamente nel convincere la Finlandia a cooperare nello sforzo bellico contro il bolscevismo. I nazisti ebbero gioco facile nel cooptare la leadership di Helsinki e nel persuadere la popolazione dell’inevitabilità di un attacco preventivo certamente vittorioso sfruttando le debolezze strutturali del gigante russo e l’effetto sorpresa. Soffiava forte nel Paese scandinavo il vento del revanscismo e il nazionalismo della giovane nazione anelava a conquiste territoriali e propositi di grandeur a scapito degli sterminati territori del vicino. La nazione finlandese si percepiva mutilata e dalle frontiere giungeva inascoltato il grido dei finlandesi in terra russa: i kareliani e gli ingri che, seppur finnici di ceppo, vivevano in territorio sovietico soffrendo le indicibili brutture centralizzanti dello stalinismo. Nel novembre del 1939, inesorabilmente, le dispute di confine mutarono in guerra aperta quando i bolscevichi, di fronte all’ostinato rifiuto finnico di cedere strategiche aree di confine ricche di risorse naturali, invasero in forze il vicino nordico alla ricerca di ulteriori conquiste e di una propagandata facile vittoria da offrire al panorama interazionale. La sproporzione di forza, umana e materiale, avvantaggiava terribilmente gli invasori ma la conoscenza del territorio e la risolutezza, nonché l’abilità militare e politica dello statista Carl Gustaf Emil Mannerheim (tutt’ora e con qualche riserva considerato eroe nazionale di Finlandia) permisero ai nordici di offrire una resistenza coriacea e imprevista.
La comunità internazionale si schierò immediatamente dalla parte degli invasi (pesava la palese negazione del trattato di non aggressione finno-sovietico del 1932) ma pochi e residuali furono i sostegni materiali e esclusivamente simbolica, se non dannosa, fu la decisione di espellere l’Unione Sovietica dalla Società delle Nazioni. Un popolo di pochi milioni di individui osò sfidare il moloch sovietico e bloccò a più riprese le ondate sovietiche lungo il lago Ladoga e nell’estremo nord lappone. La carenza di equipaggiamenti invernali, l’impreparazione e la macchinosa catena di comando concessero all’esiguo esercito di Mannerheim di infliggere dolorosi lutti alle ambizioni di Stalin e gli evasivi battaglioni di truppe speciali di sciatori popolarono gli incubi degli spaesati fanti sovietici con la loro ubiquità. Controffensive vennero coraggiosamente messe in atto dal quartiere generale di Helsinki (la mortalmente efficace guerriglia finlandese verrà imitata dagli altrettanto famigerati partigiani sovietici nelle gelide pianure russe e ucraine durante l’invasione nazista) ma troppa era la sproporzione di forza e la tenacia di Stalin per poter consegnare ai finlandesi i frutti di una insperata vittoria e, sfumata la possibilità di massicci rinforzi occidentali, la semplice massa dell’esercito sovietico ebbe la meglio sulle provate difese finlandesi.
Il maresciallo Mannerheim, preso atto della situazione, raccomandò al proprio governo di giungere a un cessate il fuoco prima del collasso definitivo del fronte. Il trattato di pace di Mosca che pose fine alle ostilità (temporaneamente) fu firmato il 12 marzo 1940 e le cessioni territoriali penalizzarono pesantemente l’economia e il tessuto sociale del paese invaso (il 12% dei finlandesi si scoprì da un giorno all’altro in territorio straniero) e avvicinò inesorabilmente il governo di Helsinki alla Germania nazista, ma rappresentò una vittoria di Pirro per l’Armata Rossa che espose le sue ataviche debolezze e si logorò inutilmente nonostante il pericolo di ulteriori e di più vasta scala conflitti.
La guerra di continuazione non rappresentò nient’altro che la possibile resa dei conti da parte dei finlandesi e parimenti al conflitto precedente fu una guerra sanguinosa e brutale, la quale si trascinò per quattro inesorabili anni cagionando ulteriori lutti ai belligeranti. Parallelamente all’avanzare inesorabile della macchina da guerra nazista si mossero sul settore nord e lungo l’istmo di Ingria e Carelia le armate finlandesi in direzione di Leningrado, partecipando all’assedio dell’odierna San Pietroburgo, senza riuscire a sfondare e infliggere una batosta finale al dominio sovietico. Dopo un avanzata fulminea il conflitto si trasformò in una logorante guerra di posizione di fronte a cui, ancora una volta, le esigue compagini finlandesi non riuscirono a resistere. La controffensiva sovietica (facilitata dall’interrotto flusso di rinforzi e equipaggiamenti alleati) riconquistò palmo a palmo il territorio invaso precedentemente, scontrandosi nuovamente con una situazione climatica proibitiva e la combattività dei soldati dell’Asse.
Nell’ottica di una nefasta e possibile invasione totale del piccolo Paese scandinavo, al pari dei paesi Baltici ed est europei, il generale Mannerheim nuovamente consigliò al governo (presieduto dal carismatico Risto Ryti) di chiedere un armistizio che venne firmato il 19 settembre 1944, con un conseguente cambio di fronte. Le condizioni imposte alla Finlandia cagionarono ulteriori perdite di territorio (cessione di Petsamo e della penisola di Porkkala) ma permisero alla Finlandia di conservare un insperata piena sovranità. Ben più dura fu la richiesta di Mosca di scacciare manu militari le residue compagini naziste (all’incirca 200.000 uomini) complicata dalla già avviata campagna di smobilitazione e dagli scarsi rinforzi sovietici. I nazisti si ritrovarono a combattere, prevalentemente in Lapponia, gli ex alleati in una situazione paradossale in cui non poche furono le rappresaglie contro i civili e i prigionieri di guerra.
Se si considera la “guerra d’inverno”, la guerra di continuazione e gli scontri finno nazisti in Lapponia come un singolo evento in un’unica cornice bellica, le perdite finlandesi ammontano a 100.000 (un numero impressionante per un paese con meno di 3 milioni di abitanti) e più del triplo ai sovietici, ma ha lasciato delle cicatrici difficili da ricucire nei rapporti fra i due Paesi nel corso dell’esperienza della guerra fredda e oggi. I governi che si succedettero avvertirono il peso della minaccia sovietica e pur non schierandosi mai apertamente nei confronti di Mosca, portarono avanti una linea politica pragmatica e di bilanciamento verso la Nato e l’Unione Sovietica. Dispute di confine, pesanti influenze elettorali e pervasività (seppur ridotta a livello meramente accademico) della questione careliana e dei territori ceduti portarono i due Paesi a ripetuti scontri diplomatici che fortunatamente non esplosero in una nuova e più devastante guerra.
Ma più che la Storia è la Geopolitica che condiziona la prosperità e la sicurezza di uno stato e i 1340 km di confine fra le due Nazioni rappresentano tutt’ora un importante fonte di preoccupazione per Helsinki in vista della nuova assertività e protagonismo russo sulla scena internazionale. Frequenti gli atti di spionaggio economici e militari (ripetutamente colpite le relazioni con l’Unione Europea) denunciati vivamente dal Supo (servizi segreti) e non si contano le violazioni degli spazi aerei e navali da parte di audaci caccia russi e sottomarini di nuova generazione. Lo stesso esercito finlandese, pressato dalle contingenze internazionali, ha recentemente iniziato un processo graduale e ambizioso di riammodernamento in luce di possibili collaborazioni con le nuovissime divisioni Nato schierate in Polonia e nei Baltici. Ulteriore elemento di disturbo è il rafforzamento dei sistemi missilistici e convenzionali dell’exclave russa di Kaliningrad, ennesima spina nel fianco nel cuore dell’Europa dell’Est più vulnerabile a un possibile attacco del Cremlino. Se difficilmente gli eserciti di Helsinki e Mosca si sconteranno ancora fra la Lapponia e la Carelia, nuove tensioni e l’inasprirsi delle relazioni multilaterali fra UE e Russia destabilizzeranno ulteriormente il fronte Nord, aumentando il nervosismo del governo finlandese presieduto dall’imprenditore Juha Sipila.