La figura del segretario del PCUS descrive e si inserisce precisamente nel contesto sovietico in cui si trovò ad agire. Un mandato politico della durata di un solo anno fra misteriose sparizioni (motivate da gravi problemi di salute), scarse o nulle iniziative di politica estera e diffusa diffidenza da parte della cittadinanza sovietica.
L’Unione Sovietica in cui operò lo statista stava vivendo, allora, il suo canto del cigno fra una manifesta perdita di prestigio internazionale (a cui aveva contribuito la guerra imperialista in Afghanistan), profonde difficoltà e squilibri economici e il montare del nazionalismo interno e nei regimi clientes del patto di Varsavia. Il dirigismo autarchico e conservatore delle elites politiche di Mosca mostrava al mondo una scarsa capacità di rinnovamento delle classi dirigenti e faticava a reggere l’impeto della controparte occidentale guidata dal carismatico presidente americano Ronald Reagan, artefice di una politica assertiva e dinamica in aperta sfida al gigante con i piedi d’argilla situato oltre la cortina di ferro. La repressione sanguinaria della primavera di Praga e il lancio di un ulteriore programma di riarmo perseguito dal predecessore contribuirono a spegnere le residue speranze di una pacifica distensione che ponesse finalmente fine alla Guerra Fredda in un drammatico frangente in cui l’economia comunista, rigidamente programmata, rallentava fortemente in seguito al fallimento di diversi piani quinquennali, alla scarsità di manodopera qualificata (la crescita demografica si sarebbe arrestata per poi inaugurare una paurosa fase di declino) e allo sfavorevole confronto con il successo delle economie capitaliste (in primis Giappone, Germania e ovviamente Stati Uniti).
L’esperimento sovietico andava trasformandosi in un incubo di povertà, degrado sociale, inefficienza e ottusità politica e sociale. Il temibile impero si preparava all’inesorabile e rovinosa caduta e la serie di leader che ne seguì e in parte ne provocò la rovina, si incastrò perfettamente nel contesto preso in esame. Kostantin Ustinovic Černenko giunse al potere dopo l’improvvisa, seppur ampiamente prevista (vista la salute instabile) morte del segretario Andropov e dopo aver a lungo condiviso la fortuna politica del vulcanico Brežnev, predecessore di quest’ultimo.
Figlio di una famiglia ucraina, Černenko nacque il 24 settembre 1911 in un piccolo villaggio del territorio di Krasnojarsk e manifestò precocemente simpatie comuniste, finendo per iscriversi alle giovanili e poi al PCUS. Capace e prolifico scrittore e articolista, destò l’interesse dei maggiorenti del partito rivestendo ruoli di diversa importanza fra la sua regione di origine e il confine sino-sovietico.
Gli interessi intellettuali cedettero più volte il passo alla vera e autentica specialità e passione del siberiano “Kostya”: la propaganda. Da segretario del Comitato Regionale di Kransnojarsk diventò (dopo un oscuro periodo di breve interruzione del cursus honorum) responsabile del Dipartimento per la Propaganda della Repubblica Socialista Sovietica Moldava dove finalmente incontrò il suo uomo della provvidenza, Leonid Brežnev (futuro leader supremo) che ne riconobbe le evidenti capacità trasformandolo nel suo consigliere personale. La sfolgorante e rapida ascesa di Brežnev coinvolse e trascinò il suo fedelissimo che giunse a cariche politiche via via più importanti fra il Kazakistan e Mosca, divenendo una figura ascoltata, temuta e indispensabile nel comitato centrale del Politburo.
Alla morte del suo mentore, inaspettatamente, a Černenko venne preferito dai maggiorenti (per l’intercessione delle frange moderate avversarie della linea dura brezneviana) l’ex segretario del KGB Jurij Vladimirovič Andropov come segretario generale, a cui comunque successe dopo appena due anni. Il 13 febbraio 1984, con la sua ascesa al potere, tornò in auge (dopo la breve e confusa parentesi del predecessore) una linea politica maggiormente rigida e tradizionalista.
Tuttavia l’uomo che si trovò a incarnarla e guidare i destini del popolo sovietico si fece notare più per le sue precarie condizioni di salute e per l’inadeguatezza al ruolo di prestigio raggiunto. Nel corso del funerale del predecessore, Černenko si dimostrò incapace persino di leggere correttamente e senza intoppi l’elogio funebre (si interruppe continuamente per tossire) e di percorrere pochi passi senza l’ausilio di aiutanti. L’enfisema che lo avrebbe portato alla morte in brevissimo tempo gli fu causato dallo smodato consumo di sigarette (aveva iniziato a fumare, come da lui stesso dichiarato, a nove anni) a cui si aggiunse una scarsa cura della salute personale: abuso di alcolici e propensione per una dieta malsana (abitudini, queste, condivise da tanti suoi colleghi e connazionali).
In politica interna Černenko si distinse per una maggiore attenzione verso la decurtazione di percentuali della spesa pubblica rivolte al potenziamento delle capacità belliche, mentre in politica estera mise fine a ogni prospettiva credibile di diplomazia della distensione, bloccando i timidi segnali conciliatori scaturiti dal blocco occidentale. Due gli eventi importanti che coinvolsero la sua leadership e il suo paese: il rinnovo dei rapporti diplomatici commerciali con la Cina Popolare guidata da Deng Xiao Ping (frutto della precedente esperienza nei territori di confine con il gigante asiatico) e il boicottaggio delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984. L’Unione Sovietica e altri 14 paesi e alleati del blocco orientale decisero di non partecipare alle Olimpiadi citando motivi di sicurezza e denunciando il pervasivo clima di anticomunismo e ostilità verso l’Urss e i suoi alleati; la decisione era chiaramente una rivalsa per il precedente e clamoroso boicottaggio statunitense dell’edizione precedente (motivo ufficiale il dissenso occidentale verso l’invasione dell’Afghanistan). Lo stesso anno i paesi del boicottaggio organizzarono giochi paralleli (Giochi dell’Amicizia) a cui parteciparono 49 nazioni.
Il 10 marzo del 1985 Černenko si spense a Mosca all’età di 73 anni, vinto dall’enfisema e da una grave e trascurata patologia cardiaca. L’evanescente e decadente figura del segretario del partito aveva partecipato raramente ai grandi eventi mediatici della nazione, in quanto costretto a prolungati ricoveri in svariate cliniche che non riuscirono a impedirne il decesso.
La breve avventura politica di Černenko costituì la fine degli esponenti della linea dura del partito e dei fautori di una maggiore contrapposizione al blocco occidentale. Contestualmente quindi, aprì la strada alla frangia dei moderati, guidati dall’emergente figura di Mikhail Gorbačev. Che, com’è noto a tutti, arrivato al potere con il fine di perseguire una maggiore apertura dell’eremitico e declinante modello sovietico, non riuscì a interrompere l’ineluttabile corso della storia con l’infrangersi della cortina di ferro e la susseguente tragica fine dell’Unione Sovietica.