Le ultime settimane stanno mettendo a dura prova la solida relazione tra Putin e i russi. Dopo il weekend caldo di proteste di inizio settembre, a causa della tanto discussa riforma delle pensioni, la crisi politica, più che rientrare, sembra trovare conferma nell’esito delle tornate elettorali che si sono tenute in diverse parti della Russia il 9 settembre.
Le elezioni si sono svolte su diversi livelli in 80 regioni chiamando alle urne quasi 65 milioni di cittadini per eleggere 22 governatori, 16 assemblee regionali e 12 sindaci comunali. Inoltre sette distretti a mandato unico hanno indetto le elezioni speciali per i seggi nella Duma di Stato.
Dai risultati sono emersi due aspetti importanti: il primo è la perdita di consensi del partito di governo Russia Unita; il secondo che questo dato è accompagnato da un avanzamento del KPRF, il Partito Comunista guidato da Gennadij Zjuganov.
Prendendo a riferimento, ad esempio, i dati di alcuni risultati delle elezioni regionali vediamo come il Partito Comunista ha guadagnato un consenso significativo rispetto alle elezioni del 2013, riuscendo a scavalcare in certi casi Russia Unita.
Nella regione di Ul’janovsk i comunisti hanno ottenuto il 36,3%, il 2,5% in più rispetto al 2013, che gli ha permesso di superare il 34% di Russia Unita. I dati più sorprendenti, tuttavia, riguardano le regioni di Irkutsk e della Chakassia: nella prima il Partito Comunista ha guadagnato il 34%, contro il 28% di Russia Unita (e il 15% del 2013); in Chakassia invece ha votato per i comunisti il 31% degli elettori (il 17% in più rispetto al 2013), mentre per Russia Unita solo il 25,5% .
Nelle altre regioni, pur non riuscendo a vincere contro Russia Unita, il Partito Comunista è riuscito a superare il 20% dei consensi guadagnando il secondo posto e ponendosi come un vero e proprio partito di opposizione. Per maggiore completezza consideriamo i risultati del KPRF in alcune regioni come in quella di Ivanovo in cui ha ottenuto il 26,9% ( contro il 14,5 del 2013), la Repubblica di Buriazia in cui ha raggiunto il 25,7% , rispetto al 19,3 del 2013, e il Territorio Trans-Bajkal con il 24,6%, addirittura il 10% in più dei voti rispetto alle elezioni precedenti. Risultati analoghi si sono registrati nelle regioni di Jaroslavl’, Nenets, Vladimir e Smolensk.
Per quanto riguarda invece le elezioni dei governatori, è interessante notare che in 4 distretti è stato necessario indire un secondo turno in quanto nessuno dei candidati di Russia Unita è riuscito a raggiungere il 50% dei voti.
A Primorye Andrej Tarasenko, sostenuto dal Governo, ha ottenuto il 46,56%, mentre il candidato del Partito Comunista Andrej Iščenko il 24,63% dei voti. I comunisti hanno guadagnato terreno anche in Chakassia in cui il trentenne Valentin Konovalov ha superato con il 45% l’attuale governatore Viktor Zimin.
Oltre al Partito Comunista anche il Partito Liberal-democratico, guidato dall’eccentrico Vladimir Žirinovskij, si è dimostrato un temibile rivale per Russia Unita. Nella regione di Vladimir, infatti, il governatore in carica Svetlana Orlova, con il 36,42% dei voti, ha affrontato il secondo turno con Vladimir Sipjagi, il candidato di LDPR che aveva ottenuto il 31,19%. Va citato anche il caso della regione di Chabarovsk Krai dove Sergej Furgal, deputato LDPR e membro della Duma, ha superato, anche se solo di qualche punto percentuale, Vyacheslav Shport.
Il paesaggio elettorale, che si è delineato il 9 settembre, permette di comprendere quanto l’attuale Governo stia perdendo terreno, soprattutto nelle aree dell’estremo oriente più distanti da Mosca. In particolare, il caso della regione di Primorye ha alimentato le tensioni, aggravando la posizione di Vladimir Putin. Il 16 settembre infatti, giornata in cui si era svolto il secondo turno per l’elezione del Governatore, il candidato Tarasenko, in un colpo di scena dell’ultimo minuto, ha vinto con un margine dell’1%, nonostante Iščenko, con il 95% delle schede spogliate, contasse un netto vantaggio del 6%.
Gennadij Zjuganov, il leader del Partito Comunista, ha dichiarato di avere dei documenti in grado di provare le accuse di frode e ha annunciato l’intenzione di indire una protesta nazionale. Allo stesso tempo Ella Pamfilova, presidente della Commissione elettorale centrale della Russia, ha dichiarato la volontà di annullare i risultati e organizzare un nuovo ciclo di votazioni.
Le accuse di irregolarità durante le elezioni, com’è noto, non sono nuove in Russia, tuttavia si presentano in un momento già abbastanza complesso per la politica interna russa. L’aspetto particolarmente significativo resta comunque l’individuazione di una nuova tendenza nell’atteggiamento degli elettori che sono, sempre di più, spinti ad orientare le loro scelte verso altri partiti. In un certo senso potremmo dire che per la prima volta in Russia si è percepita l’atmosfera di una vera e propria competizione tra le diverse forze politiche, segnando una svolta che potrebbe essere storica, seppur attualmente ignorata sia dai media russi che da quelli occidentali.