Chi ha avuto la fortuna (?) di visitare l’Expo di Milano nel 2015 si sarà imbattuto sicuramente nel curioso padiglione di un Paese ai più sconosciuto. Cavalli dorati, gas naturale e culto della personalità, il trittico tramite cui questa Nazione si offre al mondo in tutte le sue sfumature.
Il Turkmenistan risulta fondamentale nello studio della politica internazionale per la sua posizione strategica fra Iran, Mar Caspio e il turbolento Afghanistan. Conoscere questo Paese e comprenderne la relazione con la Russia, nonché il potenziale economico e le prospettive politiche, permette di aggiungere un altro tassello al mosaico dell’Asia Centrale. Poco presente nella stampa internazionale (a meno che non si tratti delle stravaganze dei suoi leader presenti e passati), sospeso fra calma apparente e repressioni di regime, giace nel cuore della via della Seta rappresentando un interesse primario per la sovraesposizione commerciale del gigante Cinese. Fra passato sovietico e nazionalismo odierno, le sue relazioni con la Russia proseguono all’insegna degli interessi energetici, militari e geopolitici. La prossimità con l’Afghanistan, inoltre, sembra offrire al Paese più speranze di cooperazione internazionale che dilemmi di sicurezza, mentre seppur represso si rafforza un sentimento di rinascita islamica e di radicalismo.
Due destini convergenti
La morte del Presidente eternoNyýazow, padre della Nazione, ha delineato un importante punto di svolta nelle relazioni fra la Russia e il Paese centroasiatico. Dopo quindici anni di bizzarro e dispotico culto della personalità, il successore Gurbanguly Berdimuhamedov, fedelissimo del defunto Presidente, ha fortemente patrocinato la riapertura di canali diplomatici con la Russia, prima interrotti da reciproche diffidenze, manie autarchiche e costante oppressione della minoranza russofona. L’incontro fra l’ex Presidente della Federazione russa Dimitri Medvedev e Berdimuhamedov ha inaugurato un canale preferenziale, in vista di obiettivi condivisi da raggiungere nello sviluppo mutuale delle due Nazioni: delocalizzazione di imprese russe, liberalizzazione dei visti per i lavoratori turkmeni, facilitazioni nelle prospettive di scambi commerciali e apertura di collegamenti infrastrutturali. La relazione costruttiva è proseguita nel corso degli anni costituendo per il Presidente Putin un tassello fondamentale nella costruzione di un efficace politica estera in Asia Centrale. L’estrazione, la trasformazione e la distribuzione del gas naturale, nonché l’apertura di nuove vie commerciali dirette ai voraci mercati europei e cinesi, costituiscono il più importante vettore geopolitico del Paese, mentre lo scarso potere coercitivo ne obbliga la collaborazione con la Russia al fine di escludere i rivali caspici Iran e Azerbaigian.
L’accordo multilaterale sul Caspio, che ha finalmente posto fine alla diatriba fra i Paesi rivieraschi, ha assegnato al Turkmenistan un’ampia fetta di acque internazionali, penalizzando per l’appunto l’Iran; per proteggersi da presunte manovre militari si è dato vita con la Russia anche ad un ambizioso piano di collaborazione strategica. Mosca ha recentemente pianificato l’installazione di un avanzato avamposto navale nella regione caucasica del Dagestan, in grado di proiettare ulteriormente la potenza del Cremlino nel Caspio, scrigno di potenziali risorse energetiche, e fornire ulteriore protezione al regime cliente di Bashar al Assad a Damasco.
L’acquisto di diverse corvette e mezzi anfibi made in Russia da parte di Ashgabat ha preceduto di poco l’arrivo nella capitale turkmena del ministro russo della Difesa Sergej Shoigu il 9 giugno scorso. Lo scopo della visita di Shoigu era finalizzato a ribadire l’impegno russo verso la sicurezza dei confini e degli interessi commerciali di un partner così promettente. Il ministro della difesa ha lungamente discusso con la sua controparte turkmena Yaylym Berdiev e con il presidente Berdimuhamedov. I media russi hanno chiarito che la cooperazione russa nel rafforzamento delle capacità militari del Turkmenistan è stato il tema principale della conversazione, senza tralasciare la preoccupante tematica inerente alla lotta al terrorismo internazionale. Non è un mistero che la Russia abbia intenzione di rilanciare la propria presenza nell’emergente quadrante centroasiatico, e che per riuscirci abbia assolutamente bisogno di partner affidabili. Un Turkmenistan in affanno non può rinunciare ad un’occasione così invitante.
Gazprom 2019: la cooperazione energetica
Fissate al 2019 le iniziative del colosso energetico russo Gazprom di riprendere le importazioni di gas naturale a prezzo di favore sospese da almeno tre anni. In un’intervista al canale televisivo di Stato del Turkmenistan durante una visita ad Ashgabat il 9 ottobre, il CEO di Gazprom, Aleksei Miller ha comunicato l’inaspettata decisione che rappresenta l’ennesima ostentazione dell’uso dell’energia e delle compagnie del settore come potente strumento della politica estera del presidente Putin. La Russia è stato il maggior acquirente di gas turkmeno (40 miliardi di metri cubi nel 2004) che la stessa Gazprom riusciva a rivendere alle clientele europee ottenendo un sostanzioso profitto. Il lucroso affare bilaterale ha iniziato a mostrare qualche crepa nel 2009 per via di una oscura diatriba sui prezzi applicati. Gazprom è stata costretta a fermare in via definitiva l’acquisto della materia prima dal 2016 sopperendo alla domanda con nuovi giacimenti artici e siberiani. La decisione ha aggravato la situazione economica del Turkmenistan, che conta sulle vendite di gas per circa il 70% delle sue esportazioni. Con questa mossa dall’indubbio successo, Gazprom può affrontare con maggior sicurezza l’aumento vertiginoso delle richieste da parte dei mercati cinese e europei dopo anni di contrazioni, frutto delle sanzioni, e dalla diversificazione dei venditori in un mercato fortemente concorrenziale. Nonostante il gas resti l’argomento cardine negli incontri bilaterali e commerciali, recentemente il Turkmenistan è apparso fortemente interessato al rafforzamento della partnership in alcuni settori strategici, come il complesso agro-industriale e le nuove tecnologie. Soprattutto lo sviluppo di quest’ultimo segmento riveste un’importanza cruciale per il governo turkmeno, che spera cosi di poter beneficiare dell’expertise russa nel campo delle alte tecnologie e dell’innovazione per portare a compimento la strategia politica di diversificazione economica, finalizzata a ridurre la dipendenza dagli introiti derivanti dalle esportazioni energetiche, rilanciando cosi l’economia di un Paese in crescente difficoltà che sta affrontando inediti problemi di natura sociale e correlato dissenso politico.
La risoluzione del conflitto in Afghanistan: realtà e prospettive
L’ultimo tassello della rinnovata intesa fra Mosca e Ashgabat si dipana lungo i confini con il turbolento vicino orientale del Turkmenistan, l’Afghanistan. Il Paese dove è in corso un’eterna guerra fra un debole governo centrale (fortemente dipendente dalle truppe di occupazione americane) e i resilienti talebani, ospita all’interno una politicamente attiva comunità turkmena che sempre più liberamente riesce a muoversi tra il vasto e poco presidiato confine, portando avanti traffici di ogni genere e contrabbando, spesso l’unica fonte di sostentamento per i poverissimi cittadini afghani ma altresì vitale per foraggiare l’insorgenza dei jihadisti. La crisi politica afghana è stata discussa a lungo durante il recente incontro di Putin con Berdimuhamedov, e i leader di entrambi i Paesi hanno assunto ambiziose prese di posizione sul tema. Da un lato il Turkmenistan ha accolto positivamente l’impegno della Russia a favore di un accordo politico onnicomprensivo in Afghanistan. Parimenti alla Russia, il Turkmenistan ha fornito armi per scoraggiare i talebani dal fomentare l’instabilità in Asia centrale. I presidenti hanno sottolineato l’identità di vedute riguardo l’Afghanistan, ovvero il raggiungimento della stabilità attraverso mezzi pacifici e diplomatici, promuovendo un processo di riconciliazione nazionale e coinvolgendo maggiormente la nazione nei vari progetti di sviluppo economico regionale. In sostanza, Ashgabat vede riconosciuti i propri sforzi per incrementare la cooperazione economica transfrontaliera con il confinante Afghanistan.
Per quanto appaia innegabile una maggiore armonia fra i due Paesi ex sovietici lungo tematiche economiche, strategiche e commerciali, diversi fattori non permetteranno di trasformare l’intesa in un’alleanza vera e propria. La volontà del Turkmenistan di mantenersi equidistante tra l’influsso cinese (mercato necessario per energia e tecnologie) e l’affacciarsi degli Stati Uniti nello scacchiere geopolitico, fa il paio con la conclamata preferenza della Russia verso il vicino Uzbekistan, nazione in forte ascesa politica e più promettente a livello economico. Infine, la diffidenza delle élites politiche nonché della popolazione verso le iniziative russe, percepite in chiave neocoloniale, pone un ostacolo forse troppo grande tra le rispettive agende internazionali, in un’Asia Centrale sempre più preda degli interessi delle grande potenze.