Dal 14 al 16 novembre, a San Pietroburgo si è svolta la conferenza “Energetika XXI: economy, policy, ecology“. Tale evento viene organizzato regolarmente ogni novembre dall’Università di Economia UNECON e finanziata dalla Gazprom con lo scopo di discutere dei più recenti sviluppi nel settore dell’energia a livello globale, con un focus particolare sulla Russia. Durante la giornata del 15, a cui sono riuscita a prendere parte, esperti del settore e rappresentanti di importanti compagnie energetiche hanno dibattuto sulle strategie in atto e su quelle future, su questioni che vanno dalle prospettive dell’energia rinnovabile alla pura geopolitica dei gasdotti. Al centro del dibattito, la critica nei confronti dell’approccio unilaterale degli USA per il ritiro dall’accordo con l’Iran, la loro crescente posizione come esportatori di LNG e i progressi e le controversie nelle relazioni UE – Russia. In tale giorno ho avuto l’eccezionale opportunità di intervistare l’esperto di politiche energetiche Marc-Antoine Eyl-Mazzega, direttore del Centro per l’Energia dell’IFRI (Istituto Francese di Relazioni Internazionali), con alle spalle un’esperienza lavorativa come analista presso l’IEA. Da subito cordiale ed entusiasta nei confronti del nostro progetto, mi ha offerto l’occasione per questa interessante conversazione, incentrata sia sulle sfide della Russia in Europa che sulle prospettive per una solida cooperazione.
Le relazioni tra la Russia e l’Europa si sono deteriorate dopo la crisi in Ucraina e sono ancor di più peggiorate nell’ultimo anno, conseguentemente al caso Skripal’, le accuse riguardo l’uso di armi chimiche in Siria e in ultimo – ma non per questo meno importante – la costruzione del Nord Stream 2, che ha praticamente diviso l’Europa in due. Insomma, è innegabile che Mosca stia affrontando molte sfide in Europa al momento. Per quanto riguarda in particolare le politiche energetiche, parte essenziale della politica estera russa, quali sono secondo lei le sfide più rilevanti per la Russia in Europa?
Le sfide che Mosca sta affrontando si dividono in quelle di breve e di lungo periodo e devono essere affrontate in maniera congiunta. Per quanto riguarda quelle di breve periodo, c’è da sottolineare che negli ultimi anni abbiamo potuto contare su una notevole e costante offerta di gas, nonostante le tensioni geopolitiche, dovute alla situazione nel Donbass e alle altre questioni già da lei menzionate. Pertanto, il livello delle esportazioni russe in Europa è tutt’ora alto. Tutto ciò è positivo e specialmente l’anno scorso, quando i Paesi Europei si sono trovati ad affrontare un inverno particolarmente freddo, le esportazioni Gazprom sono state fruttuose. Con ciò non si nega che ci sono comunque una serie di difficoltà. La prima di queste è se sarà garantito o meno il transito del gas attraverso l’Ucraina anche dopo il 2020. D’altra parte, la Naftogas ucraina deve ricevere 2.6 miliardi di dollari dalla Gazprom, che al momento la Russia si rifiuta di pagare. La questione è cruciale, dal momento che se non venisse raggiunto un accordo entro il 2020, ne conseguirebbe un periodo di incertezza in cui il prezzo sul gas si innalzerebbe e la sicurezza stessa dell’approvvigionamento verrebbe messa a rischio.
L’altra sfida nel breve periodo è la questione del Nord Stream 2. Direi che tale questione non concerne nemmeno l’Unione Europea, sia poiché qualsiasi decisione presa dalla Commissione Europea non sarebbe in grado di bloccarne la realizzazione, sia perché ancora chi tiene le redini della situazione sono gli Stati Uniti, che ne condizionano la costruzione attraverso l’imposizione di sanzioni. Dunque la domanda da porsi qui è: ne permetteranno la costruzione gli Stati Uniti? Ora, assumiamo che non ci saranno nuove sanzioni, che in pratica gli Stati Uniti decideranno di non premere il grilletto. Il NS2 verrà costruito, sarà operativo e il transito in Ucraina verrà interrotto, cosa che è praticamente già successa con la costruzione del TurkStream. A questo punto, la Gazprom vuole avere certezze, vuole sapere quanto deve investire in Europa e in quali tecnologie deve investire. Quello che la Russia vuole dall’Europa è prevedibilità, in modo da sapere quali sono i partner da considerare e quali da eliminare. La Gazprom ha bisogno di ciò per fare le negoziazioni, in quanto a volume, periodo e capacità del transito e garanzie dello stesso.
Nel lungo periodo, invece, c’è la questione della decarbonizzazione. Questo è un tema molto discusso in Europa, dove si vuole avviare un profondo processo di decarbonizzazione, mentre in Russia è completamente ignorato se non criticato. Probabilmente gli USA riusciranno prima della Russia in questa transizione. A questo punto la Russia e l’Europa devono capire se sarà più conveniente ed efficiente cooperare insieme per la realizzazione di un processo di decarbonizzazione oppure no. A mio parere, conviene sia alla Russia che all’Europa intraprendere una cooperazione in questo senso.
Le sfide che Mosca sta affrontando si dividono in quelle di breve e di lungo periodo e devono essere affrontate in maniera congiunta.
Marc Muzzega
Recentemente, sia Germania che Polonia hanno firmato un accordo con gli Stati Uniti per l’acquisto dell’ LNG. Questo è un passo importante per gli Stati Europei per il principio di security of supply, pietra miliare del Third Energy Package, che esplica la necessità di garantire un’offerta di gas costante in Europa e diminuire la dipendenza dal gas russo. D’altra parte, sappiamo che anche la Russia sta sviluppando importanti progetti per la produzione di LNG. Power of Siberia, firmato Gazprom, e Yamal LNG, firmato Novotek, sono in primo piano in questo settore. Anche se questi due progetti – i più importanti – sono pensati per avere un maggiore impatto in Estremo Oriente più che in Europa, è probabile che trasformino la Russia nel più grande esportatore di LNG al mondo. Tra gli Stati Europei, la Total francese, per esempio, ha già acquisito il 10% del progetto LNG di Novotek e diversi terminali LNG sono presenti sul suolo europeo, anche se – per ora – parzialmente operativi (20%). Nel lungo periodo, pensa che la Russia potrebbe sostituire l’LNG statunitense in Europa? O averrà il contrario?
Dipende da quale sarà il prezzo dell’LNG. Chi fornirà il gas più competitivo? Entrambi possono potenzialmente esportare molto di più di quanto già facciano perché hanno le risorse. Bisogna poi considerare che ci sono in corso accordi di lungo periodo per l’acquisto di gas naturale, che obbligano gli attori commerciali. Per esempio i take – or – pay della Gazprom, che impegnano gli acquirenti a firmare accordi ad un determinato prezzo, che rimane fisso per tutta la durata dell’accordo, all’incirca fino al 2030. Ciò obbliga la controparte ad acquistare certi volumi ora, anche per il futuro, indipendentemente da tutto. È una garanzia che assicura a Mosca l’influenza sui mercati europei per i prossimi dieci anni già solo con l’esportazione di gas naturale. La Russia ha poi grandi quantità di LNG che possono essere ancora messe sul mercato, e che saranno dirette verso la Cina. In pratica, fino ad adesso l’LNG americano era arrivato ovunque tranne che in Europa, e questo perché le condizioni di mercato, che garantiscono un prezzo migliore, si presentano in altri Paesi, compresi America Latina, Medio Oriente, Indonesia. Questo trend tuttavia può cambiare. Che gli Stati Uniti possano offrire 100 bcm di capacità da esportare è irrilevante. Ciò che è importante è il fatto che gli stessi sono un attore “oscillante”, quindi inaffidabile, per l’acquisto di LNG. Esportano quando le condizioni di mercato sono buone, e non lo fanno o lo fanno meno quando un mercato non è più attraente.E se è vero che ci sono degli accordi di lungo periodo anche in questo settore, stiamo comunque parlando di LNG, ovvero gas trasportabile senza gasdotti, quindi rimane sempre quel margine di flessibilità in qualsiasi accordo commerciale. Ad esempio, se la Polonia firmasse un contratto con gli Stati Uniti per l’acquisto dell’LNG, comprerebbero un cargo FOB di gas, ma in seguito con quel cargo gli Stati Uniti possono fare quello che vogliono, lo possono vendere ancora alla Polonia, ma anche all’acquirente giapponese, o cinese, o ancora brasiliano, dipende dalle condizioni di mercato. Il punto è questo: da una parte gli Stati europei hanno il prezzo fisso del gas russo, dall’altra hanno la flessibilità dell’LNG statunitense, che comunque è un rischio. Inoltre, comprare l’LNG americano diventerà più costoso e gli Stati Uniti vorranno cercare un nuovo acquirente probabilmente. C’è sempre un alto tasso di flessibilità con LNG.
Quindi farebbe bene la Gazprom a divenire maggiormente deregolamentata?
Quello che deve fare la Gazprom è solo continuare ad essere affidabile ed allo stesso tempo mantenere una certa flessibilità (meno rigidità nella firma degli accordi take – or – pay). Deve continuare a riempire i gasdotti e gli oleodotti ed avere sempre una strategia per quanto riguarda i volumi da esportare. Se dovesse iniziare a limitare le sue esportazioni, i prezzi si alzerebbero, e ci sarebbero più persone interessate nella ricerca di fonti di energia alternative.
Secondo il parere di diversi analisti, il Southern Gas Corridor (il mega gasdotto di cui il TAP rappresenta l’ultimo segmento) potrebbe strappare alla Russia importanti porzioni di mercato europeo, dunque rappresenta una seria minaccia. Lo è ancora di più se si considera che il SGC potrebbe allacciare la sua rotta energetica al Turkmenistan e al Kazakhstan attraverso il Mar Caspio. Quasi sicuramente Mosca cercherà di ostacolare il progetto. Infatti, Alexander Medvedev, amministratore delegato della Gazprom ha recentemente dichiarato la volontà dell’azienda di iniettare il suo gas nel SGC in futuro. Dall’altro lato, l’accordo sul gasdotto prevede la possibilità di aumentarne la capacità di 20 bcm all’anno dopo i primi 25 anni di operatività, in base alla partecipazione anche di parti terze. Secondo lei, Gazprom si unirà al consorzio del TAP?
Il SCG non costituisce una minaccia per Mosca, almeno per il momento, in quanto il numero di barili è insignificante paragonato a quelli di altri approvvigionamenti energetici. Stiamo parlando di 16 bcm contro un mercato di più di 100 bcm della Russia. Al momento, no, non è rilevante. C’è la possibilità di un aumento della capacità del SGC in futuro, nel caso di un collegamento con le riserve Turkmene, ma, per quanto mi riguarda, io non credo più in un tale aumento, perché il mercato europeo ad oggi non è più così tanto attraente, sia per le distanze fisiche, sia per il prezzo. Dobbiamo riconoscere che quello europeo non è un buon mercato, non è più un mercato in crescita. Tutto ciò non va ad escludere che molto probabilmente la Gazprom pomperà il suo gas nel TAP, primo o poi, nella seconda fase dell’operatività del gasdotto, per esempio sfruttando le interconnessioni già costruite lungo lo stesso, che, paradossalmente, son state fatte proprio in funzione della security of supply.
E quindi chi è più dipendente da chi? L’Europa dalla Russia, o viceversa?
Ipotizziamo che tutti I legami energetici del gas all’improvviso venissero tagliati. La Russia perderebbe grandi guadagni, non sarebbe in grado di pagare il suo debito, incluso alle banche europee. La Gazprom non potrebbe più investire per rinnovare le sue infrastrutture, e verrebbe interamente incorporata da Novotek e Rosneft. I consumatori europei subirebbero ingenti perdite dalla loro parte, ma alla fine loro potrebbero comunque comprare fonti alternative da altri offerenti e in ogni caso in pochi anni, circa dieci, noi non avremmo più gas e le vie del gas collasserebbero. Aumenterebbe la domanda di fonti energetiche dall’estero e l’Europa pagherebbe un prezzo molto più elevato. Tornando alla Russia, stiamo parlando di 4.5 miliardi di fondi europei alla Gazprom. In tale scenario quindi la Gazprom collasserebbe, l’Europa avrebbe altre alternative, ma costerebbero molto di più. Le alternative fisiche ci sono, per esempio 200 bcm di LNG, ma a che prezzo? Questo è il punto. Probabilmente noi pagheremmo tre volte tanto quanto facciamo adesso, e non saremmo in grado di sostenerlo. Potremmo superare tale fase, all’inizio sarà molto difficile ma probabilmente un giorno nessuno si ricorderà che un tempo avevamo il gas russo, ma prima di quel momento sarebbe devastante per l’Europa. In sintesi, sì, c’è chiaramente un’interdipendenza.
Quali sono i modi in cui la Russia trae un vantaggio politico dalle relazioni energetiche con l’Europa? In che modo mantiene la sua influenza strategica?
Lo strumento politico principale di influenza fino ad oggi son stati gli accordi bilaterali, che hanno permesso alla Russia di stabilire prezzi differenti per ogni acquirente: “con te ho buone relazioni politiche e posso fare un buon prezzo, con te un po’ meno, ma, nel secondo caso, tu comunque non hai scelta, non hai alternativa, quindi accetti anche un prezzo sconveniente, a meno che non decidi fare questo o quello”. Questo strumento è sicuramente esistito, ed in passato in maniera anche più consistente. Tutt’ora la Gazprom adotta tale strategia, ma sempre di meno. Oggi la posta in gioco è il NS2, che è un progetto grande e razionale dal punto di vista commerciale. Ma allo stesso tempo sta dividendo i Paesi e le politiche. Se si considera il NS2 come una strategia politica poiché divide l’Europe tra i pro e i contro, non ci si sbaglia. C’è sia una razionalità economica che politica dietro a questo. Il NS2 non è 100% economia, né 100% geopolitica, è entrambi. Insieme al differenziale dei prezzi, queste sono le strategie politiche che la Russia utilizza nel mantenere la sua influenza in Europa, anche se la prima è uno strumento più puramente politico del secondo.