L’ultima elezione presidenziale della storia della Georgia (che a seguito delle riforme costituzionali del 2017 passerà dalla forma di repubblica semi-presidenziale a quella parlamentare) ha attirato una notevole attenzione da parte di media e di opinione pubblica. Il nuovo Presidente dovrà infatti traghettare il Paese nel suo percorso di riforma istituzionale e di graduale avvicinamento all’Europa. A ben vedere, le differenze tra i principali candidati sono state veramente minime. La grande maggioranza di questi (ben 25, un record nella storia politica georgiana) ha promosso programmi fortemente pro-Ue e pro-Nato, tematica che ha assorbito la quasi totalità dell’interesse e del dibattito e che ha lasciato ben poco spazio a questioni interne o economiche.
La Georgia che si apprestava al voto nel primo turno, tenutosi il 28 ottobre, era particolarmente dubbiosa. Sondaggi di varia natura snocciolavano risultati spesso contraddittori, che confermavano la forte indecisione regnante nell’elettorato. L’unica certezza era data dall’appoggio quasi totale alle forze filo-europee, simbolo di una Georgia decisamente protesa verso l’Europa e di una difficile e lenta “normalizzazione” dei rapporti con la Russia. Emblematica in questo senso la risposta del Presidente in carica, Giorgi Margvelashvili (indipendente nelle file del partito di governo, Sogno Georgiano), che ha detto di votare “per la Georgia, che è ferma nelle sue decisioni, come 5, 10, 15 secoli fa, di difendere il suo suolo“. Parole diplomatiche, che delineavano piuttosto chiaramente la grande incertezza e, contemporaneamente, la tendenza patriottica trasversale a tutte le forze.
Tra i candidati principali al primo turno figuravano:
- Salome Zurabishvili, già Ambasciatrice francese a Tbilisi, ex-Ministro degli Esteri del primo governo Saakashvili (2004-05), coordinatrice della Commissione Onu sulle sanzioni all’Iran e fondatrice del partito “La Via Georgiana” (liberale, da cui è uscita nel 2010). Candidata come indipendente nelle file di Sogno Georgiano (SG), il partito al governo nelle ultime legislature che, nell’ultimo periodo, pareva aver registrato un netto calo dei consensi. Per rinvigorire la situazione, è dovuto nuovamente “scendere in campo” il suo fondatore, il miliardario Bidzina Ivanishvili.
- Grigol Vashadze, candidato del Movimento Nazionale Unito (MNU), opposizione di centro-destra fondata da Mikheil Saakashvili. Anch’egli è stato Ministro degli Esteri, ma nel periodo post-conflitto con la Russia, (2008-12). Alcuni sondaggi lo davano per favorito, anche se spesso tacciato di scarso carisma ed eccessiva dipendenza dal supporto esterno dell’attuale Governatore di Odessa (Saakashvili appunto).
- Davit Bakradze, candidato di Georgia Europea, nome eloquente dato ad una formazione nuova, nata nel 2017 da una scissione del MNU, considerato troppo “populista” e poco liberale.
Data la forte spinta georgiana verso Occidente, non è un caso che i due principali contendenti abbiano una forte propensione internazionale e un background politico affermato. Tuttavia, la linea principale pro-Ue e filo-atlantista comune a tutte le principali forze politiche ha favorito l’indecisione e spesso svuotato la discussione da contenuti e ragionamenti nel merito delle proposte e dei progetti. Come riconosciuto da molti politologi georgiani, il confronto politico nell’ultima campagna elettorale (definita “valida e piuttosto competitiva“) pare sia stato surclassato dalla demonizzazione reciproca tra candidati e dalla corsa allo scandalo e all’accusa, piuttosto che fondarsi sul dibattito argomentato tra posizioni, soluzioni e visioni diverse. Secondo Korneli Kakachia, direttore dell’Istituto georgiano di Politica di Tbilisi, questo fallimento della “maturità politica” è certificato dall’incapacità di attrarre più del 50% degli elettori.
L’affluenza del primo turno si è fermata infatti al 46,8%.
I risultati del 28 ottobre hanno confermato l’estremo equilibrio tra i due principali sfidanti:
- Salome Zurabishvili (indip. SG) 38,6% (615.372 voti)
- Grigol Vashadze (MNU) 37,7% (601.224 voti)
Ben più indietro Davit Bakradze (Georgia Europea), fermo al 10,9%. Solo altri 5 candidati hanno superato l’1% dei voti, mentre i restanti 18 si sono spartiti il 4% dei voti rimanenti.
Lo scontro per il secondo turno, fissato per ieri, 28 novembre 2018, si preannunciava particolarmente serrato. In assenza di particolari diversità e netti contrasti tra i due schieramenti, a dominare la scena non sono stati tanto i candidati presidenti, quanto piuttosto i loro padrini, a sottolineare la natura “personale“, piuttosto che ideale, dell’opinione o della critica espressa tramite il voto, Da un lato Mikhail Saakashvili, con i suoi continui appelli dall’Ucraina a sostegno di Vashadze, dall’altra Bidzina Ivanishvili, il cui impero economico ha foraggiato pesantemente la “presenza elettorale” negli ambienti della Capitale (dove vive un terzo dei georgiani e la situazione al primo turno si è confermata piuttosto equilibrata). Slogan, cartelli e cartelloni onnipresenti in ogni angolo, fiancata di autobus o arteria stradale della trafficatissima Tbilisi. Persino una linea telefonica, la “48” (numero nella scheda elettorale della Zurabishvili), appositamente creata per ricordare agli elettori chi votare [nel giorno delle elezioni ho ricevuto ben 3 messaggi e una chiamata sulla mia Sim georgiana per sostenere la candidata]. Devo ammettere che è stato piuttosto raro imbattersi in manifesti altrettanto vistosi dello sfidante Vashadze. Questa prorompente conquista della scena ha forse alimentato molti malumori nell’opinione pubblica e, soprattutto, nell’opposizione, che ha visto in questo consistente sforzo un’ennesima dimostrazione dell’impari forza economica di cui dispone il patron di Sogno Georgiano, inviso a molti per il suo sterminato patrimonio. La risposta del MNU è stata comunque sul piano del gossip, mirata a gettare fango scandalistico sul rivale miliardario. La protesta che ha tenuto banco per diversi giorni nelle scorse settimane era legata al matrimonio del figlio di Ivanishvili, Bera, evento che avrebbe impedito l’accesso ai fedeli nella chiesa, blindata per l’occasione. Insomma, la politica non ha fatto sentire molto la sua presenza.
La mattina di mercoledì 28 novembre, giorno del ballottaggio, a Tbilisi regna un’aria domenicale. Edifici ed uffici pubblici chiusi, poche persone in giro, mentre ancor meno auto e qualche maršrutka [piccoli bus gialli] percorrono viale Shota Rustaveli, solitamente affollatissimo. Le persone che ho incontrato e conosco qua nella Capitale si sono tutte recate a votare nella mattinata, ma non tutte con la stessa convinzione. Alle 20 chiudono i seggi e dopo un’ora viene proiettati i primi exit-poll, i cui risultati sono piuttosto chiari:
- Salome Zurabishvili, 55/58%
- Grigol Vashadze, 45/42%
Sogno Georgiano esulta immediatamente, mentre il MNU accusa il colpo, con Vashadze che dice di attendere il conteggio finale e l’eminenza grigia Saakashvili che dichiara l’illegittimità del voto e invoca subito alla protesta e alla disobbedienza civile. In Tv gli inviati dei notiziari non hanno vita facile. Pare che in alcune zone periferiche del Paese ci siano stati pesanti brogli e che la gente sia scesa in strada a protestare con veemenza. È il caso di Imiri, piccolo villaggio di maggioranza azera, dove i manifestanti interrompono continuamente il collegamento con cori, urla e risposte feroci in un georgiano piuttosto sguaiato (a detta della signora presso cui alloggio). Sembra che la polizia abbia impedito l’accesso ai seggi e portato via le schede, allo scopo di cambiare l’esito del voto. Un altro concitato collegamento dalla municipalità di Telavi (Georgia orientale) riprende persone per strada che denunciano colpi di arma da fuoco da parte dei sostenitori di Sogno Georgiano, mostrando alcuni bossoli sull’asfalto. Entrambe le situazioni restano poco chiare.
Lo spoglio finale, terminato alle 12.06 di oggi, 29 novembre, dichiara definitivamente:
- Salome Zurabishvili, 59.52% (1.147.627 voti)
- Grigol Vashadze, 40.48% (780.633 voti)
L’affluenza è stata in netto aumento rispetto al primo turno, ben il 56% dei georgiani ha votato, dando prova di una buona partecipazione democratica, nonostante i numerosi nei di un sistema ancora abbastanza fragile. Salome Zurabishvili è l’ultimo Presidente eletto della Repubblica di Georgia, la prima donna.
L’uscente Margvelashvili si congratula con la vincitrice, ma non si astiene da un serio monito politico, esprimendo forte preoccupazione per “il netto calo della qualità democratica del confronto“. Tra i traguardi positivi, vengono sottolineati la forte partecipazione e l’ampia copertura dell’evento da parte dei media. Anche il National Democratic Institute conviene con il Presidente: la Georgia si contraddistingue dai suoi vicini autoritari e con l’assetto democratico intraprenderà la strada per l’Europa, ma non è secondario il fatto che il confronto elettorale abbia visto numerose criticità, tra cui intimidazioni e violenze, seppur sporadiche.
A Zurabishvili l’arduo compito di traghettare la Georgia nel suo percorso di riforma istituzionale, sulla strada verso l’integrazione europea, verso la normalizzazione dei rapporti con la Russia (auspicata anche dal viceministro degli Esteri russo Karasin e dal portavoce del Cremlino, Dimitri Peškov, che riconosce sia la vicinanza tra i popoli, ma anche l’enorme distanza tra i rispettivi governi).
Tante e difficili le strade da percorrere. La Georgia e i suoi rappresentanti dovranno compiere ulteriori sforzi politici per rafforzare e difendere il sistema democratico nato dopo la Rivoluzione delle rose del 2003, in un contesto estremamente complesso come quello del Caucaso.
Tbilisi, 29 novembre 2018
Tutte le foto sono state fatte dall’autore dell’articolo