Kornely Kakachia è professore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale (TSU) “Ivane Javakhishvili” di Tbilisi, Georgia, e Direttore del think tank Georgian Institute of Politics, con sede sempre nella capitale georgiana. Le sue ricerche attuali si concentrano sulla politica interna ed estera della Georgia, sulle strategie di sicurezza nella macroarea del Mar Nero e sulla comparazione politica dei partiti. In qualità di esperto del settore, Kakachia è intervenuto nei media georgiani e internazionali, come BBC, Deutsche Welle, Financial Times, Le Monde, Figaro, VOA, commentando le dinamiche politiche georgiane e della regione caucasica.
Il nostro caporedattore, Mattia Baldoni, lo ha incontrato ed intervistato a Tbilisi lo scorso 2 febbraio 2019. Osservatorio Russia è estremamente grato al professor Kakachia per la sua disponibilità.
Professor Kakachia, iniziamo col parlare della politica interna georgiana. Le ultime elezioni presidenziali [novembre 2018, ndr] sono state considerate in maniera piuttosto ambigua da diversi osservatori internazionali. La maggior parte di questi ha definito questa tornata elettorale come “valida”, “abbastanza competitiva”, nonostante numerose criticità.
Nel suo editoriale per civil.ge, lei ha descritto la situazione con estremo pragmatismo e realismo. Anche l’ex Presidente Margvelashvili si è detto abbastanza preoccupato della flessione della qualità della democrazia in Georgia.
Dunque, pochi mesi dopo, quale è lo stato della democrazia georgiana?
Kornely Kakachia: – Penso che sia piuttosto presto per dare sentenze, perché niente è effettivamente cambiato. Tuttavia, le critiche sollevate dall’opposizione sulla mancanza di legittimazione di Salome Zurabishvili [Presidente neoeletto, ndr] sono state superate. La società civile ha accettato i risultati e lei come nuovo Presidente, sebbene non sia una figura aggregante e, probabilmente, dovrà affrontare molte sfide nel futuro. Tutti hanno apprezzato il fatto che sia la prima donna eletta come Presidente, e questo è positivo per la democrazia stessa in Georgia. Ma alcuni hanno delle riserve su di lei, perché non ha vinto le elezioni grazie al suo peso politico o al capitale sociale a sua disposizione. Da diversi Georgiani viene vista semplicemente come l’emissario del tycoon Bidzina Ivanishvili. Altri invece la apprezzano, nonostante i legami con quest’ultimo.
Ci sono alcune controversie anche sul ruolo della Zurabishvili all’interno del partito dominante [Sogno Georgiano, ndr.]. Per quanto si sia candidata come indipendente, non incarnerebbe in pieno gli interessi del partito che l’ha sostenuta. Il Presidente lo sa e per questo sta provando a consolidare la propria immagine, cercando appoggi nella società civile, ma è molto difficile. Complessivamente, Sogno Georgiano ha compreso che queste elezioni non sono state proprio esemplari ma, allo stesso tempo, ha pure capito che l’Occidente non si è preoccupato troppo dei risultati. Questo potrebbe essere un grande problema per lo stato della democrazia in Georgia, soprattutto se le irregolarità rischieranno di ripetersi nel 2020 [Elezioni parlamentari, ndr.].
Un’altra sfida riguarda lo squilibrio tra gli attori politici in campo, perché, a differenza dell’Ucraina, dove ci sono dozzine di oligarchi che cercano di bilanciarsi, qua in Georgia abbiamo un solo magnate, che non ha nessun rivale in termini finanziari. Quindi, se le elezioni dovessero diventare una competizione basata esclusivamente sui patrimoni e sui soldi dei candidati, questo sarebbe decisamente negativo per la democrazia georgiana.
Per l’elettorato georgiano sarà determinante districarsi tra personalità forti, come quelle di Ivanishvili o Saakashvili, e i loro ingombranti legami. Questo sono, infatti, un ostacolo per la democrazia georgiana, che non necessita di leader carismatici, oligarchi et similia, quanto piuttosto di istituzioni politiche più solide e rafforzate. Una transizione democratica di successo dipenderà da come, e se, i Georgiani riusciranno ad organizzarsi e a rimuovere queste due figure politiche. La tradizione politica georgiana ci mostra come i Georgiani non abbiamo mai supportato la stessa forza politica per più di due mandati consecutivi. Le elezioni del 2020 saranno dunque decisive per verificare se questo trend sarà mantenuto o se cambierà. Potenzialmente, Sogno Georgiano può perdere le prossime elezioni, ma chi potrà essere lo sfidante politico? L’opposizione è ancora troppo frammentata, manca di risorse finanziarie sufficienti, di visibilità mediatica e, inoltre, non offre particolari alternative politiche agli elettori con interessi diversi.
Questo preoccupante andamento della democrazia è condiviso anche in Europa. La demonizzazione reciproca e la scarsità di argomentazioni stanno caratterizzando tutti gli scenari politici occidentali. Sarebbe un peccato se la democrazia georgiana apprendesse gli stessi errori commessi dalle élites politiche europee. Introduciamo così la seconda domanda, in merito ai rapporti Georgia-UE e le possibili prospettive.
Partecipando a conferenze e seminari qua a Tbilisi, sono rimasto molto colpito da come diversi accademici, specialisti e professori, parlino dell’Europa e dell’integrazione europea in maniera sorprendentemente leggera. “Europa ora, Europa subito!”, ricordo chiaramente le parole di Ghia Nodia [ex-Ministro dell’Educazione e delle Scienze nel 2008, oggi Direttore dell’International School of Caucasus Studies presso l’Università Ilia di Tbilisi, ndr.].
Questo tipo di approccio è troppo semplicistico o no? Non potrebbe essere troppo pericoloso per la Georgia?
Kornely Kakachia: Analizzando l’argomento su diversi livelli, possiamo certamente affermare che l’Europeizzazione della Georgia sarà un processo a lungo termine. Ci vorranno anni prima che si realizzi. Una delle maggiori fragilità oggi è la distanza tra le società europee e quella georgiana, gap che esiste a causa della mancanza di esperienze comuni, discussioni e tematiche pubbliche e condivise. La Georgia è parte dell’Europa sul piano retorico, ma in realtà c’è una conoscenza, una comprensione molto limitata delle realtà europee attuali e delle percezioni della Georgia. Mentre tutte queste sfide rimangono, Tbilisi persegue le sue politiche di europeizzazione, implementando un nuovo capitolo dello sviluppo interno: “l’europeizzazione irreversibile“.
Per questo concordo con le parole di Ghia Nodia. Se guardiamo bene, la Georgia non è parte dello spazio post-sovietico, non partecipa a nessun processo di integrazione a guida russa, come l’Unione Euroasiatica, la CSI o il CSTO. La Georgia è troppo lontana per poter essere coinvolta nelle dinamiche mediorientali, così come per rientrare nella sfera d’influenza cinese. La Georgia si sente parte dell’Europa e della storia europea, sin dalla diffusione del Cristianesimo. Da qui le ambizioni georgiane di far parte di un’idea di Europa più grande, che comprenda l’UE. Un nuovo allargamento ad oggi è abbastanza irreale, ma il percorso da intraprendere è già stato tracciato. 25 anni fa nessuno avrebbe pensato agli Stati Baltici e alle loro possibilità di entrare nell’UE e nella NATO, eppure hanno saputo gestire il processo.
È molto difficile prevedere il futuro, ma se lo scenario strategico internazionale sta diventando più brutale, più ostile alle politiche basate sui valori, Tbilisi deve insistere con una pazienza altrettanto strategica, puntando all’integrazione euro-atlantica. Dovrebbe aspettare uno spiraglio, un’opportunità, nonostante il fatto che, ad un certo punto, la “pazienza strategica” della Georgia si potrebbe ridurre a poco più di un eufemismo tra il “far nulla” e lo “sperare il meglio“. Quello che possiamo fare è continuare questa preparazione di lungo periodo, consolidare le istituzioni democratiche, migliorare le performance economiche e le politiche sociali. Questo lento percorso sarà funzionale alla preparazione della membership georgiana. La Georgia deve essere quel laboratorio di riforme democratiche che è stata nell’ultimo decennio, continuando a guadagnarsi il supporto occidentale. Questa è la principale ragione per cui bisogna insistere sulla qualità della democrazia georgiana e sul suo continuo miglioramento.
Parliamo adesso dei rapporti con la Russia. Come previsto, l’elezione di Zurabishvili è stata accolta piuttosto freddamente da Mosca. Poche settimane fa [Georgian President Zurabishvili holds 1st meeting with media, names top three foreign priorities, 11 gennaio 2019], il Presidente Zurabishvili ha affermato che il dialogo partirà, ma non prima di aver sentito i consigli dei partner strategici di Tbilisi (UE e NATO). In questa situazione, penso che una possibile vittoria di Vashadze [rivale sconfitto al ballottaggio, sostenuto da Saakashvili, ndr] avrebbe potuto portare ad un approccio più partigiano e prevenuto, fermamente contrario ad un dialogo difficile, ma necessario, con il Cremlino.
È corretta questa impressione? Quali sono le possibilità per le relazioni russo-georgiane nel 2019?
Kornely Kakachia: – Prima di tutto, i leaders georgiani, incluso il presidente Zurabishvili, dovrebbero essere molto cauti quando parlano di questi argomenti. Dopo la riforma costituzionale, la figura presidenziale è piuttosto ridimensionata, per cui non può unilateralmente dettare la politica verso la Russia. Certo, qualora Mosca cambi l’approccio verso la Georgia, i membri NATO e UE potrebbero giocare un ruolo intermediario molto importante. Per esempio, la Germania potrebbe essere un mediatore efficace, grazie ai suoi particolari rapporti con la Russia. Berlino potrebbe usare le sue leve politiche per negoziare e persuadere Mosca del fatto che la Georgia non è destinata a tornare nell’orbita russa. Forse una trattativa simile potrebbe funzionare per l’Ucraina e la Moldavia. Ad esempio, l’UE potrebbe convincere il Cremlino che è nell’interesse russo la gestione pacifica dei conflitti nel Caucaso o in Ucraina.
Tuttavia, parlando in generale, finché la Russia occuperà l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, nessun governo georgiano proverà ad intavolare alcun tipo di negoziato con il Cremlino. L’inizio del dialogo dipende da molti fattori. In primis, Mosca dovrebbe cambiare il suo status, in quanto ad oggi è una delle “parti in conflitto” e un “mediatore poco onesto”. Questo è fondamentale, perché fintantoché il Cremlino supporterà la frammentazione della Georgia, nessun leader georgiano inizierà un dialogo sotto le condizioni dettate da Mosca.
Quindi, cosa vuole realmente la Russia dalla Georgia?
Kornely Kakachia: – La Russia vuole ottenere la massima influenza possibile nello spazio post-sovietico, incluso il Caucaso meridionale. Tuttavia, dopo la guerra del 2008 con la Georgia, la Russia ha perso l’ascendente diretto sulla politica georgiana. Oggi, l’approccio di Mosca nei confronti della Georgia è orientato a spostare la traiettoria della strategia estera georgiana verso l’Unione Euroasiatica, anziché verso la NATO e l’UE. Di tanto in tanto, il Cremlino suggerisce che, in caso di rifiuto della Georgia alla NATO e all’integrazione occidentale, la Russia potrebbe offrire una sorta di “soluzione per salvare la faccia“ nei confronti dei suoi problemi territoriali. Ma questo è del tutto impossibile, perché oggi la società georgiana è fortemente orientata verso l’Occidente e vede la Russia come un nemico. Inoltre, la Russia non rappresenta un modello di sviluppo per nessun vicino, inclusa la Georgia.
Mentre è assolutamente necessaria una normalizzazione delle relazioni tra Tbilisi e Mosca, non è ancora chiaro come Tbilisi possa convincere Mosca a sedersi al tavolo dei negoziati senza compromettere i suoi interessi nazionali vitali. La Georgia ha relativamente poche opzioni a disposizione, in termini di cambiamento delle dinamiche delle sue relazioni con la Russia. Inoltre, l’insicurezza e la mancanza di fiducia continuano a condizionare gli approcci e la retorica bellicosa rafforza una dinamica conflittuale, che lascia poco spazio all’impegno con l’altra parte e al compromesso.
La Russia sa che, nel prossimo futuro, né la Georgia né la comunità internazionale accetteranno la ridefinizione forzata dei confini, basata su una campagna di pulizia etnica e sulle dichiarazioni unilaterali di secessione. Tuttavia, l‘obiettivo principale del Cremlino in questa fase non è quello di risolvere le ostilità in Georgia, ma di mantenere l’instabile status quo e di usare questi conflitti come una leva, forzando la pressione su Tbilisi.
Infatti, sembra proprio che la Russia non sia interessata a risolvere ora questi problemi. Alcuni analisti l’hanno definita strategia dei “Donbass multipli“. Quindi, la Russia è più interessata a mantenere questi molteplici nuclei di instabilità o status quo temporaneo, come in Donbass, Transnistria, Nagorno-Karabakh…
Kornely Kakachia: – Forse anche in Bielorussia. Ora il sostegno pubblico a Putin è molto basso, per cui gestire e preparare un’altra vittoria sui suoi vicini più piccoli, ad esempio l’annessione della Bielorussia alla Federazione Russa, potrebbe essere un’enorme vittoria politica, anche per rinvigorire il supporto e la propria immagine politica.
Completamente d’accordo. Parlando di opportunità di cooperazione, lo sviluppo economico e le infrastrutture potrebbero essere strumenti utili per normalizzare il dialogo bilaterale? Potrebbe funzionare l’asse Nord-Sud?
Kornely Kakachia: – Teoricamente sì, ma non è realistico. Sfortunatamente, la Georgia non può fidarsi della Russia, nemmeno in campo economico. La mancanza di diversificazione nelle relazioni commerciali della Georgia potrebbe avvantaggiare economicamente, e in futuro politicamente, i disegni della Russia. Questo aspetto è piuttosto problematico, perché già nel recente passato abbiamo visto la strumentalizzazione delle relazioni economiche da parte di Mosca e l‘impiego dell’embargo come punizione verso i vicini. Georgia, Moldavia, Ucraina, Bielorussia, tutte hanno subito gli effetti del divieto russo sull’export dei loro prodotti. Inoltre, sullo sfondo del rifiuto della Georgia di abbandonare la sua politica estera orientata verso l’Occidente, diventa più probabile che la Russia ricorra a qualsiasi leva finanziaria ed economica sulla Georgia, al fine di fare cambiare idea a Tbilisi. Per questo motivo non vedo grandi prospettive in futuro. Il mercato russo non è affidabile per la Georgia.
A questo proposito, poche settimane fa [Gruzija ne namerena otkazyvat’sja ot tranzita rossijskogo gaza, 19 gennaio 2019] Il primo ministro Bakhtadze ha confermato la disponibilità georgiana di consentire il transito del gas russo in Armenia, nonostante l’aumento dei prezzi. È esattamente la leva di cui abbiamo parlato. Putin non si fida troppo di Pashinyan [Presidente armeno, ndr] e il Cremlino vuole rendere immediatamente chiari i ruoli e le gerarchie nelle relazioni bilaterali.
Possiamo concludere affermando che Tbilisi si è mossa bene per prevenire questo scenario. Infatti, la Georgia ha sviluppato con successo il Baku-Tbilisi-Erzurum, o South Caucasus Gas Pipeline, mostrando un buon livello di cooperazione trilaterale con l’Azerbaijan e la Turchia. Inoltre, nel gennaio 2019, l’UE ha assicurato un nuovo piano di investimenti [circa 3,5 miliardi di €, ndr] nelle infrastrutture georgiane. Infine, Georgia Today si è concentrata sulle prospettive del cosiddetto “Porto più orientale d’Europa“, il progetto di Anaklia…
Kornely Kakachia: – Il progetto del porto di Anaklia potrebbe essere un punto di svolta per la regione. La Russia è contraria a questo progetto e ci sono speculazioni sulle pressioni di Mosca sulle autorità georgiane e sul presidente della TBC Bank. In parte, l’opposizione russa a questa infrastruttura è dovuta al potenziale danneggiamento che ne conseguirebbe per il suo progetto similare a Novorossiysk. Inoltre, il Cremlino teme che il porto di Anaklia possa facilmente ospitare anche la flotta militare NATO. Come difendere la Georgia è uno degli obiettivi più importanti discussi dagli esperti del Patto Atlantico. Un nuovo porto con acque particolarmente profonde, costruito in Georgia, renderebbe il Paese più accessibile e, in caso di necessità, più difendibile.