Uno sguardo sulla società azera attraverso l’architettura urbana
Chiunque abbia viaggiato per brevi o lunghi periodi nel Caucaso sa che una delle cose di cui più sentirà la mancanza è il vantaggio di disporre di una costante offerta di passaggi in taxi a prezzi stracciati. Il taxi non è solo la comodità e il risparmio di tempo, è la chiacchierata con un tassista che rompe il ghiaccio chiedendoti se può fumare o se ti da fastidio, se sei spagnolo o italiano per poi cantarti sempre due righe di Celentano o Toto Cutugno. Si parla di un po’ di tutto, tranne che di politica, è chiaro.
Il taxi a Baku è anche il miglior modo per rendersi conto nell’insieme dell’assurdità dello sviluppo urbanistico della capitale, della smania ansiosa con cui nella città negli ultimi decenni sono spuntati una marea di strutture di vetro luccicanti, su cui risaltano le forme astratte e fluttuanti dell’artista iraqena Zaha Hadid, che da Miami a Pechino ha sedotto anche la città gemella di Baku in Italia, Salerno. A lei è dovuta la costruzione del modernissimo Centro Culturale Heydar Alyiev, struttura che ospita ogni anno moltissimi eventi allo scopo di promuovere l’immagine dell’Azerbaijan nel mondo.
La prima impressione è stata quella di una costante manovra, anche stucchevole, di corteggiare l’Occidente. L’Eurovision nel 2012, la Formula 1 a fine aprile e la finale dell’Europa League a maggio sono specchietti per le allodole europee con il compito di proiettare un’immagine glitterata e artefatta di un Paese in realtà sull’orlo di una crisi da Dutch Disease, con i prezzi del petrolio in discesa e una domanda di gas in stallo. In Europa la domanda di energie rinnovabili e diversi competitor del gasdotto azero – per esempio il progetto di East – Med con Israele – stanno rendendo l’acquisto del gas azero sempre meno conveniente. Nonostante tale scenario, ancora più del 50% dell’economia dell’Azerbaijan è basata sull’esportazione dell’oro nero e del gas, nei ricchi giacimenti del Mar Caspio, che dal 1993 hanno costituito una miniera d’oro per le compagnie petroliferi occidentali.
La diversificazione è minima perché la maggior parte dei profitti rimane nei portafogli degli oligarchi che hanno potere assoluto sulle risorse del Mar Caspio. La British Petroleum possiede la maggior parte delle azioni nei vari consorzi per lo sviluppo dei bacini di ACG (30.37%), di Shah Deniz I e II (28.8%). In entrambi i consorzi la BP ha addirittura maggiori azioni della SOCAR, la compagnia statale. La SOCAR è il principale contributore, vale a dire che ogni anno più di un miliardo di Manat, la moneta locale, vengono versati nella State Oil Fund, in pratica il tesoro di Stato. Peccato che le voci di spesa pubblica, quandanche il budget venisse reso pubblico, rimangono ampiamente vaghe. Avete capito insomma che la BP, che fa il buono e il cattivo tempo negli uffici della SOCAR dai tempi della prima visita di Margaret Thatcher a Baku, esercita un potere non indifferente nelle politiche della famiglia Alyiev.
Sulla pagina ufficiale dell’International Budget Partnership, l’Azerbaijan è quotato con un punteggio di trasparenza al di sotto della sufficienza, vale a dire 34/100. Non a caso, infatti, l’Azerbaijan da un po’ di anni si è anche ritirato dalla stessa iniziativa, atta ad incentivare gli investimenti nei Paesi produttori di risorse in maniera socialmente sostenibile. Nella pagina ufficiale dello State Oil Fund c’è un’intera sezione dedicata alla trasparenza, dove un altro indice viene preso come riferimento. Si tratta dell’indice Linaburg – Maduell, che assegna all’Azerbaijan il massimo punteggio. I criteri di assegnazione del punteggio tuttavia non sono ben definiti.
La partecipazione pubblica alla definizione del bilancio è minima. Dal 2010 in parlamento manca una vera opposizione, dopo che durante le precedenti elezioni il leader all’opposizione, insieme a giornalisti e avvocati, sono stati arrestati. È il caso per esempio di Intigam Alyiev, leader del partito REAL e avvocato per i diritti umani. O ancora di Rasul Jafarov, avvocato di diritto internazionale che ha pubblicato una lista con i nomi dei prigionieri politici ed è stato condannato a sette anni di carcere, poi ridotti a due per mezzo delle pressioni della Corte di Strasburgo. Le organizzazioni non governative hanno subito una dura repressione a partire dal 2005. Nel 2006 la repressione si è estesa anche alle agenzie di stampa indipendenti. Radio Free Europe, l’agenzia di Khadija Ismayilova, è stata bloccata, così come il giornale indipendente Azladiq. Agil Khalil, uno dei reporter, è stato costretto a lasciare il Paese in seguito a pesanti minacce e un tentativo di omicidio nei suoi confronti nella metropolitana (dove per altro non sono presenti telecamere e non è possibile filmare o fare foto). Agil ha lavorato come fotoreporter ed ha criticato apertamente il governo. In seguito ad alcune foto per un’indagine, il Ministro della Sicurezza Nazionale ha emesso un mandato di arresto per lo stesso. Prima ancora è stato pedinato, infine schiaffeggiato e picchiato da individui di cui ancora non si conosce l’identità. Questo solo uno dei numerosi e sempre attuali casi in cui giornalisti ed avvocati vengono minacciati o arrestati con un processo falso.
Il governo, anche se non sulla Costituzione, di fatto è ereditario. È stato tramandato dal padre Heydar al figlio Ilham, l’attuale presidente che governa indisturbato con il resto della famiglia reale, futura ereditiera delle rendite dell’oro nero. Prima di essere nominato primo ministro quando Heydar ancora aveva le forze di governare, era stato messo a capo della SOCAR e tra i manager della State Oil Fund. Prima delle dimissioni più o meno inaspettate di Heydar, con un referendum nel 2002, più o meno in linea con gli standard internazionali, è stato deciso che il potere sarebbe passato ad interim al premier anziché allo speaker del parlamento come era stabilito in passato in caso di dimissioni improvvise del presidente in carica.
Attualmente, secondo l’inchiesta della giornalista Khadija Ismaylova (condannata a 7 anni e mezzo di carcere, al momento però si trova sotto un regime di libertà vigilata) pubblicata sul sito di OCCRP, la famiglia penetra in maniera trasversale i settori strategici della società acquistando consistenti azioni in gruppi societari tramite uno studiato quanto prevedibile sistema di scatole cinesi, ovvero tramite una rete di società offshore. Un esempio sono i guadagni della Mossack Fonseca, in cui i figli di Alyiev poco più che adolescenti detengono percentuali di miliardi, attraverso gli agganci con un’altra società “veicolo”, la AtaHolding, creata dal ministro delle finanze Mammadov. Lo strapotere della famiglia Alyiev, che detiene le redini del potere dal colpo di Stato del 1993, controlla in maniera capillare i settori strategici della società, dal settore energetico al potere giudiziario, dove non vige nessun meccanismo di controllo e dove non c’è né divisione dei poteri né indipendenza del corpo di giudici.
Il sistema di società offshore si estende anche al settore culturale. Secondo l’indagine dell’OCCRP, nel 2012 una delle principali offshore Metastar ha pagato migliaia di miliardi a Kalin Mitrev, il marito del direttore generale UNESCO Irina Bokova, che dovevano essere investiti per migliorare le condizioni nei campi di rifugiati. Ovviamente le somme destinate al progetto e quelle intascate da Mitrev non coincidevano.
Nel 2013 a Parigi è stata promossa una mostra fotografica dalla Bokova intitolata “Azerbaijan – Terra di Tolleranza”.Irina Bokova è stata spesso in visita presso gli Alyiev, e ha consegnato anche un premio alla first lady Mehriban Alyieva, per altro a capo della Heydar Alyiev Foundation, associazione culturale.
Infine, il campo dell’edilizia è un altro canale fondamentale oltre quello societario in cui scorrono le finanze della SOCAR. L’illogica struttura urbana è il risultato della vastissima rete corrotta di appalti. Enormi palazzoni sovietici, sorti nel giro di pochi anni, circondano ed eclissano piccole case unifamiliari, di cui il cortile rimarrà per sempre al buio. I progetti di infrastrutture non sono altro che un modo per far continuare a girare i soldi nelle tasche dell’élite al potere. Non solo la realizzazione di strutture costosissime, e tanto monumentali quanto inutili, è un modo per rilanciare un’immagine di una nazione “occidentalizzata”, ma, secondo la testimonianza di attivisti che hanno lavorato nel sistema delle infrastrutture e con cui ho avuto modo di parlare, queste sono il modo più efficace per la classe corrotta di oligarchi fedele alla famiglia Alyiev di drenare risorse pubbliche.
L’assegnazione illecita dei fondi avviene con una serie di gare d’appalto truccate che finiscono per avvantaggiare una rete clientelare fedele al regime, la quale non esita a portare al rialzo l’ammontare di stanziamenti per un determinato progetto, nel quale ne verranno investiti anche meno di un terzo, mentre gli altri due terzi verranno incassati. La quantità enorme di palazzoni lasciati a metà, di cui rimarrà solo l’ossatura in mattoni rossi, è indice di questa prassi. Anche quando gli appalti si concretizzano in strutture megalomane finite, l’utilità è quella della costruzione fine a sé stessa. Pertanto, le maestose Flame Towers, visibili da ogni angolo della città, imposte con prepotenza a simbolo della società post – sovietica, dentro sono quasi del tutto vuote. Tra le società che partecipavano alla costruzione della Crystal Hall, realizzata in occasione dell’Eurovision del 2012, ce n’era anche una intestata ad una delle figlie del presidente. Le persone che sono state costrette allo sfratto da un giorno all’altro per fare spazio alla struttura megalomane non hanno ricevuto un compenso equo nella maggior parte dei casi e nemmeno un’abitazione nei peggiori.
Percorrendo la strada intorno al Centro Culturale di Heydar Alyiev, scendendo giù verso piazza 28 Maggio, passando davanti all’Hilton – che in questi giorni fa da sfondo alle tribune per il circuito della formula 1 – e ancora più giù verso la funicolare, si incontrano una serie di grattacieli dai contorni astrusi, talvolta così finti da sembrare immateriali, una proiezione su una base in 2D sullo sfondo. Durante il giorno abbagliano con il riflesso del sole, la sera diffondono la luce rosata del tramonto e la notte sfolgorii di luci colorate li percorrono dalla base alla cima, scimmiottando un’atmosfera di una nuova e appena nata Dubai che si affaccia sul Caspio.
“Vi piacciono tutti queste costruzioni moderne?” mi chiede una sera un tassista. “Non molto. A lei?” Sospira. “Nemmeno a me. Noi non li abbiamo mai voluti i grattacieli, questa è architettura occidentale. Non ci appartiene, che cosa c’entra con le antiche mura della città?”.