Spaccati di società attraverso un viaggio in Kyrgyzstan
Ai pochi turisti che visitano il Kyrgyzstan viene sempre consigliato di alloggiare in ostello in quanto il rapporto qualità/prezzo supera di gran lunga quello dei pochi hotel presenti. Vivere per un periodo in una camera mista d’ostello implica che ci sia un gran movimento di persone. Tra le miriadi di aspetti negativi (tra cui l’assoluta mancanza di privacy) ciò di buono estrapolabile è il contatto con moltissime persone del luogo che utilizzano l’ostello come base per poter studiare, lavorare e vivere in una città in cui gli affitti possono essere proibitivi (considerando che uno stipendio medio è di circa 300$ e il costo mensile di un appartamento si aggira intorno a quella cifra). Ed ecco perché la sera, in questi alloggi le cui dinamiche ricordano molto quelle di un dormitorio studentesco, nelle sale comuni davanti ad un tè sempre pronto si intavolano lunghe conversazioni.
Tra le tante domande che ci si rivolge a vicenda per conoscersi meglio “ma quando ti sposi?” è una costante. Domanda che per quanto simile, non viene posta con le stesse intenzioni di quando la fa tua zia al pranzo di Natale. In Kyrgyzstan essa racchiude infatti la concezione stessa di sviluppo del Paese, un Paese che non vede un futuro che non si basi sulla famiglia e sulla prole.
Ed è per questo motivo che, indipendentemente dal livello di istruzione, dall’estrazione sociale e dal lavoro che queste persone svolgono, la risposta dei giovani kirghizi (tra i 18 e i 27 anni) sembrerebbe essere uguale per tutti: “spero presto“.
Geograficamente parlando, il Paese è piccolo e montuoso e una discreta ricchezza mineraria viene limitata dalle poche industrie e dalle pessime infrastrutture presenti. Queste precondizioni hanno rallentato il superamento del periodo di transizione iniziato nel 1991 che sembrerebbe non essere mai finito. Grazie a fondi internazionali (World Bank, OECD per citarne alcuni), i vari governi susseguitisi negli anni sono riusciti a garantire uno sviluppo minimo di vari servizi, ben lontani però da una condizione di welfare accessibile a tutti.
Succede che quindi, seppur inconsciamente, i giovani che aspirano a sposarsi dimostrano come l’istituzione della famiglia resti un centro nevralgico, che negli anni si è adattato fino a colmare le lacune di uno Stato che non sempre è riuscito ad essere presente per il proprio popolo (molte le crisi di governo, economiche e sociali, che hanno condotto ad una rivoluzione nel 2005 e a sanguinosi scontri tra civili, di cui l’ultimo ad Osh nel 2010).
La regione centroasiatica però sta vedendo in questo ultimo periodo un importante rilancio, anche grazie agli investimenti cinesi del progetto SREB, e il Kyrgyzstan non è escluso. Questa discreta nuova apertura sui mercati e sulle vie di comunicazione internazionali si traduce in una piccola scintilla di cambiamento anche nel modo di intendere le relazioni interpersonali. Nelle grandi città ragazzi e ragazze in numeri stabilmente crescenti accedono all’istruzione universitaria, a cui segue un desiderio di affermarsi nel mondo del lavoro.
E’ per questo che seppur tappe imprescindibili, i tempi per sposarsi e mettere su famiglia si dilatano. Qualche coraggioso di nascosto bisbiglia che vorrebbe convivere prima di sposarsi per “provare come fate voi in Europa“, anche se per la maggioranza rimane una cosa ancora impensabile. Ed è così che matrimonio e famiglia iniziano ad assumere una nuova forma. Frasi spezzate, azzardate, quasi come se chi le pronunciasse non ci credesse troppo, ma che comunque fanno trasparire che qualcosa si sta muovendo e forse si sta modificando: “Devo sposarmi e fare dei bambini, ma prima vorrei capire in che settore voglio lavorare“, oppure “preferisco aspettare un po’ prima di trovare moglie, per trovare una ragazza che mi piaccia davvero“.
Muovendosi lentamente verso concezioni vicine a quelle popolari al momento in Europa, l’idea del matrimonio e della famiglia si modifica e si prepara a ciò che i giovani kirghisi auspicano per sé stessi e per la loro società: stabilità lavorativa e diritti garantiti dallo Stato.