La visita del presidente Putin in Arabia Saudita cade all’indomani dell’attacco agli impianti di produzione sauditi e sullo sfondo dell’acuirsi della crisi siriana. I due leader hanno discusso di tematiche energetiche e del posizionamento dei rispettivi Paesi sul mercato petrolifero. I punti di forza e i limiti dell’azione russa nel teatro mediorientale.
Il 14 ottobre scorso, Vladimir Putin si è recato in visita in Arabia Saudita, accolto dal principe ereditario dei Saud, Mohammed Bin Salman. La scorsa estate in due si erano incontrati in occasione della partita di esordio dei mondiali di Russia 2018, conclusasi 5 a 0 per i padroni di casa. Questa volta si può dire che l’incontro tra i due leader sia finito con un pareggio confermando la convergenza di interessi dei due Paesi limitata ad alcune aree, senza spingersi oltre.
La visita di Putin sottolinea ancora ancora una volta il pragmatismo dell’azione del Capo di Stato russo in un contesto magmatico e in apparenza così distante per il Cremlino come quello mediorientale. Come sottolineato in una precedente analisi di Osservatorio Russia, Mosca si conferma un attore stabilizzatore in questa regione, dato anche il suo interesse a dialogare con tutti gli attori statuali e non statuali, cercando di volta in volta un accordo proficuo per entrambe le parti.
Il settore petrolifero è il perno degli interessi dei due Paesi
Putin è giunto a Riyad a poche settimane dall’attacco missilistico agli impianti di produzione sauditi e nel corso di un’offensiva da parte delle forze turche nel nord della Siria. Al centro dei dialoghi tra i due leader si staglia però la questione energetica.
Arabia Saudita e Russia rappresentano un punto di riferimento rispettivamente per i paesi OPEC e non–OPEC. I paesi sono riuniti all’interno dell’organizzazione OPEC+ che produce complessivamente il 71% del petrolio mondiale. Un accordo tra i due paesi produttori è in grado dunque di influenzare in modo incisivo sul prezzo del petrolio. Da qui l’annuncio del rinnovo dell’intesa sulla produzione di petrolio, puntato oggi a 1,2 milioni di barili al giorno fino a marzo 2020, mantenendo dunque un livello di prezzo che soddisfa entrambi i paesi nel contesto.
La stabilità dei prezzi è un elemento fondamentale per Riyad. La privatizzazione di Saudi Aramco è un punto fondamentale della strategia Vision 2030, un piano per rendere l’Arabia Saudita più resiliente alle fluttuazioni del prezzo del greggio e puntare alla differenziazione del suo sistema produttivo modernizzando il Paese. Tra qualche mese dovrebbe essere formalizzata la prima offerta pubblica del 5% di Aramco, nel frattempo il Fondo sovrano russo ha aperto la sua prima sede all’estero a Riyad: in tale contesto, un mercato petrolifero stabile e affidabile dal punto di vista dei prezzi è un obiettivo comune a entrambi i Paesi.
Oltre che le intese in termini di produzione petrolifera, Riyad e Mosca hanno concluso una serie di accordi che toccano gli altri aspetti del settore energetico, secondo quanto già riportato anche da Osservatorio Russia in un precedente commento:
- Il Fondo statale d’investimento russo (RDIF) assieme al Fondo sovrano saudita e all’Aramco si impegnano ad acquisire il 30,76% di Novomet, azienda leader nella produzione di macchinari da estrazione.
- Sempre i sauditi entreranno nel servizio ferroviario Neftransservice con un investimento di circa 300 milioni $ e …
- assieme a russi e a un gruppo finanziario tedesco si impegneranno nella creazione della compagnia aerea ROAL, specializzata nel noleggio di aerei passeggeri in Russia.
- Infine, i sauditi sosterranno l’ulteriore sviluppo dell’impianto della Novatek, Artic 2 LNG
I limiti dell’azione russa in Medio Oriente
La posizione della Russia in Medio Oriente, aperta al dialogo con partner di diversi schieramenti, ha permesso a Putin di approfittare del temporaneo disimpegno statunitense andando a riempire un vuoto politico e fisico – basti pensare alle pubblicizzate discussioni sui missili S400 e all’occupazione da parte delle truppe russe al suolo di alcune basi avanzate delle forze speciali USA sul suolo siriano –lasciato da Washington.
L’apparato diplomatico russo è al centro di una fitta rete di interessi formata dai suoi interlocutori statali e non nella regione; questa rete è fatta di posizioni talvolta contrastanti tra loro. Ecco la necessità di cercare un dialogo bilaterale con l’Arabia Saudita: chiarire le posizioni rispettive sia sul fronte siriano, sia verso gli alleati rispettivi non presenti al tavolo, ma la cui presenza aleggiava durante il meeting (Stati Uniti e Iran).
Al netto delle concessioni sul fronte energetico e finanziario, la Russia ha saputo capitalizzare questo momento politico andando a incassare parte degli ingenti investimenti in termini di risorse e uomini speso sul suolo siriano.
Tuttavia, gli accordi siglati e le dichiarazioni dei due leader confermano che l’intesa tra i due Paesi è imperniata su interessi energetici e di breve periodo. In questo momento nessuno dei due paesi ha le risorse, o l’interesse, a impegnarsi più di quanto non stia già facendo nel teatro mediorientale.