Gli ultimi due decenni della storia politica russa sono inequivocabilmente legati al nome del presidente russo. Da quando El’cin annunciò urbi et orbi le sue dimissioni nel discorso di fine anno del 31 dicembre 1999, Putin è stato di gran lunga il politico più noto dentro e fuori i confini russi. Da figura semisconosciuta ascesa alla presidenza quasi per caso, si è trasformato nella chiave di volta dell’intera architettura politica moscovita. A vent’anni dal suo insediamento al Cremlino, non si scorgono possibili eredi pronti a raccoglierne il testimone.
Chi poteva fare ombra al Capo dello Stato è stato allontanato definitivamente dalle stanze dei bottoni e dal Paese, come nel caso dell’oligarca Chodorkovskij. In alternativa, nei confronti di coloro che non si sono mai opposti apertamente al nuovo dominus, è stato adottato l’antico metodo del “promuovere per rimuovere”. Lo ricorda Sergej Shojgu, già popolarissimo ministro al Ministero delle situazioni d’emergenza dal 1994 al 2012 e di cui era stato fatto più volte il nome ogni volta che si è presentata la questione della successione. “Promosso” governatore dell’oblast’ di Mosca appena dopo la terza elezione di Putin, fu allontanato dal governo in una fase delicatissima, ancora segnata dalle manifestazioni contrapposte della Bolotnaja e della Poklonnaja, per poi fare ritorno alla Casa Bianca pochi mesi dopo nelle vesti di Ministro della difesa.
In vent’anni Putin ha avuto un solo vero delfino: Dmitrij Medvedev, a cui ha ceduto – anche se con malcelata insofferenza – lo scettro del potere presidenziale per un quadriennio. Nel 2008 il nome di Medvedev aveva raccolto il sostegno di parte di quell’intellighenzia liberale che sperava in un duplice mandato del “riformatore”, ma il suo passo indietro nel 2012 ha spento i timidi entusiasmi ancora rimasti intorno a una figura diventata presto impopolare. Medvedev mantiene ancora una posizione di rilievo nella scacchiera russa, ma è implausibile che riesca a costruire una base di consenso autonoma, soprattutto dopo il fallito tentativo del 2012, quando aveva accarezzato l’idea di un secondo mandato al Cremlino. Il futuro del capo del governo dipende quindi dalla volontà di Putin, in misura non minore rispetto al resto del suo entourage.
Figura pivotale della politica russa e senza eredi all’orizzonte, Putin non ha mai nascosto di essere sceso nell’agone politico per rimanerci. Lo dimostra la modifica costituzionale che ha esteso la durata del mandato presidenziale, portandolo da quattro a sei anni. Questa modifica legislativa consente al leader russo di non porsi il problema della successione fino al 2024, anno in cui scadrà il suo secondo mandato.
Ai sensi di una norma della Costituzione russa mai abrogata, non è consentita la rielezione per più di due mandati consecutivi, ragione che ha portato Putin lasciare temporaneamente il posto a Medvedev. Si tratta di una disposizione che il Capo dello Stato russo nel 2008 ha rispettato e ha più volte ribadito per rimarcare la differenza che separa la Russia dagli altri Paesi dell’area postsovietica, che hanno modificato le proprie costituzioni per permettere rielezioni illimitate ai propri leader (Bielorussia e Kazakhstan su tutti).
Una clamorosa apertura è giunta nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno. Smarcandosi dalla sua consueta linea, Putin è parso aprire ad una modifica costituzionale che gli consenta di stare al potere anche oltre il 2024. Nulla di esplicito, l’espressione usata resta confusa e non è del tutto chiaro se si tratti di una vera e propria richiesta di revisione costituzionale, che comunque non incontrerebbe alcuna resistenza alla Duma, dove Russia Unita gode di un’ampia maggioranza. Nonostante la vaghezza dell’allusione, dalla conferenza del 19 dicembre resta un dato: il tema di un terzo mandato consecutivo potrebbe non essere più un tabù.
Putin potrebbe quindi succedere a sé stesso e rimandare al 2030 l’individuazione di un suo erede. L’incognita dell’età non pare spaventare l’ex capo dei servizi segreti russi, insediatosi al Cremlino due decenni fa e intenzionato a segnare col suo nome anche il prossimo.
Moreno Stambazzi