L’evoluzione del fronte di Idlib sembra alimentare i rischi di un confronto diretto tra Damasco e Ankara. Che tuttavia non verrà portato fino in fondo. Il ruolo cruciale della diplomazia russa.
Questa settimana abbiamo assistito a scontri diretti tra l’esercito turco e le forze del regime siriano, i primi dall’inizio della guerra civile siriana. Secondo una dichiarazione rilasciata dal Ministero della difesa di Ankara, sette soldati turchi e un civile sono stati uccisi lunedì 3 febbraio, nella provincia nord-occidentale di Idlib (attualmente controllata da ribelli siriani e da una galassia di milizie jihadiste) quando la loro posizione è stata bombardata dalle forze del regime. Le forze turche hanno risposto al fuoco, sostenendo di aver ucciso 76 soldati del regime. Lo stesso regime di Assad nega che le sue forze abbiano subito vittime. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che almeno 13 soldati del regime sono stati uccisi dal fuoco turco.
Inoltre soldati del regime siriano sono caduti vittime nelle incursioni aeree israeliane in varie occasioni, come quando hanno cercato di rispondere alle incursioni dell’aviazione di Tel Aviv in missione per colpire postazioni iraniane (o di milizie alleate in Siria. I contractors russi hanno combattuto le truppe statunitensi lungo il fiume Eufrate nel febbraio 2018, subendo gravi perdite. Questa è la prima volta, tuttavia, che uno scontro convenzionale diretto avviene sul campo di battaglia tra i membri di due forze armate convenzionali dall’inizio della guerra. Tale evento dunque presagisce uno scontro più ampio tra Assad ed Erdoğan? E quali sono le implicazioni per i tentativi russi di mantenere un processo diplomatico finalizzato alla fine della guerra in Siria? Il riavvicinamento turco-russo subirà danni irreparabili a causa degli eventi della settimana?
In primo luogo, non vi sono dubbi che l’attacco del regime siriano al personale militare turco sia un duro colpo per la diplomazia russa. Da quando è emersa come l’arbitro diplomatico chiave in Siria in seguito al suo ingresso nel conflitto nel settembre 2015, la Russia ha cercato di mantenere relazioni cordiali con una varietà di parti in guerra. Israele e Iran, Turchia e PKK, Turchia e governo siriano. Un’analisi attenta di altri eventi sul campo suggerisce, tuttavia, che l’azione militare non deve necessariamente significare il collasso generale della mediazione e della diplomazia russe. Israele ha colpito in diverse occasioni il personale iraniano durante i suoi raid aerei negli ultimi tre anni e questo è avvenuto in un momento in cui erano presenti difese aeree russe sul suolo siriano, nella parte occidentale del Paese. In nessun momento i russi hanno fatto alcun tentativo di offrire assistenza al loro presunto alleato strategico.
Allo stesso modo, Mosca ha voltato le spalle ai curdi siriani in diverse occasioni, per via dell’obiettivo strategico russo di indurre la Turchia ad allontanarsi dalla sua alleanza con gli Stati Uniti. Il personale russo è stato rimosso dall’area di Afrin, consentendo l’invasione turca di quell’area e lo sfollamento di 300.000 curdi siriani nell’operazione “Ramoscello d’ulivo” all’inizio del 2018. Eppure questi voltafaccia russi non hanno allontanato troppo gli iraniani o i curdi siriani da Mosca. Al contrario, entrambe queste forze hanno bisogno delle loro relazioni con la Russia per ottenere almeno a una parte dei loro obiettivi. Senza la presenza di Mosca, le azioni di Israele contro l’Iran in Siria, ad esempio, potrebbero rivelarsi molto più intense. La Russia, nel frattempo, ha impedito una catastrofica ripetizione dell’operazione militare turca su una scala più ampia ad est dell’Eufrate nell’ottobre 2019 inviando forze attraverso il fiume e mediando un cessate il fuoco il 22 ottobre che ha fermato l’avanzata turca.
La Russia, a causa della decisione degli Stati Uniti di evitare un maggiore impegno nella guerra siriana (sulla falsariga di un generale isolazionismo più ideologico che fattuale) è emersa sia come fattore militare decisivo che come principale forza diplomatica nel Paese. Dal momento che tutti gli attori in campo hanno mostrato di aver bisogno della Russia nel perseguire i loro obiettivi e poiché non esiste un alternativa disponibile, Mosca rimane il principale riferimento, un partner indispensabile. È probabile che questa dinamica si applichi anche nel caso della Turchia, del regime e di Idlib. La Turchia è senza dubbio contrariata per i grandi progressi compiuti dalle forze del regime con il supporto aereo russo nella provincia di Idlib. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan mercoledì, ad esempio, ha avvertito Assad di ritirare le sue forze dietro le linee di osservazione turche entro la fine di febbraio o di affrontare le conseguenze.
Mosca ha voltato le spalle ai curdi siriani in diverse occasioni, per via dell’obiettivo strategico russo di indurre la Turchia ad allontanarsi dalla sua alleanza con gli Stati Uniti.
Cupcake Ipsum, 2015
Il presidente turco in un discorso al gruppo parlamentare del suo partito, l’AKP, ha riferito che “le forze aeree e terrestri della Turchia si muoveranno liberamente in tutte le aree operative in Siria e a Idlib, e condurranno operazioni se necessario”. “Nulla sarà più lo stesso dopo l’attacco del regime di Assad a Idlib che ha ucciso i soldati turchi”. Aggiungendo che la Turchia si aspetta che la Russia prenda nota delle priorità strategiche di Ankara in quest’area. Altrove, Erdoğan ha condannato il cattivo status del processo diplomatico di Astana e la Russia per aver violato i suoi impegni ai sensi dell’accordo di Soči del settembre 2018.
È altamente discutibile se Assad seguirà questo avvertimento. Le forze del regime sono attualmente a soli 8 km dalla città di Idlib, l’ultima grande città siriana nelle mani dei ribelli. Assad è determinato a posizionare la sua bandiera in tutta la Siria. La Russia è consapevole che se lo farà sarà la vera potenza del Paese e sostiene questo obiettivo. Ma anche se si verificasse uno scontro militare limitato tra le forze del regime turco e siriano, dovrà finire con la diplomazia. E per la diplomazia in Siria, il Cremlino rimane l’unico indirizzo disponibile. Inoltre, Ankara ha bisogno di Mosca per salvare la faccia e prevenire un nuovo flusso di rifugiati. Le relazioni con la Russia sono fondamentali nella promozione degli interessi turchi contro i curdi a est dell’Eufrate. E anche se la Turchia si impegna muscolarmente nella zona di Idlib, Erdoğan non può permettersi un conflitto allargato con Assad.
Più in generale, la Turchia sta acquistando il sistema di difesa aerea S-400 russo, sta collaborando con il Cremlino nell’affare del gasdotto Turkstream per fornire gas all’Europa e ha bisogno che la Russia prevenga un attacco del generale libico Khalifa Haftar agli alleati della Turchia nel Governo di accordo nazionale a Tripoli, in Libia. Infine, la Turchia non ha altro partner a cui rivolgersi. Gli Stati Uniti non mostrano alcun segno di interesse a reimpegnarsi in Siria a ovest dell’Eufrate e non sono in grado di far crollare il regime di Assad. Può anche darsi che il presidente russo Vladimir Putin non abbia il completo controllo dei suoi alleati ma l’esperienza passata suggerisce che le potenze regionali e gli attori minori si accontenteranno di ottenere parte di ciò che vogliono dall’esperta diplomazia russa in Siria in quanto, al momento, la Russia rimane troppo coinvolta nel suo teatro bellico per potersi permettere un fallimento.