Se dovessimo scegliere una parola per definire la settimana appena conclusa, sarebbe sicuramente “incertezza”. Quella che sembrava una situazione sotto controllo, infatti, si è rivelata lontana, almeno in parte, dai pronostici positivi di fine febbraio.
Sull’ondata della crescita esponenziale dei casi di Covid-19 che hanno interessato l’Italia, la Russia, che fino a questo momento aveva mostrato un atteggiamento abbastanza risoluto ma sereno, ha deciso di intervenire attraverso l’introduzione di misure abbastanza restrittive.
Sarebbe forse più corretto dire che ha scelto di “prevenire” i contagi; al momento, infatti, i casi accertati sarebbero solo 17, di cui 14 cittadini russi rientrati dall’Italia, due cittadini cinesi e un italiano. Le regioni più colpite, invece, sono quelle di Kaliningrad, Belgorod e Mosca.
Già nelle scorse settimane, in realtà, il Paese aveva adottato alcune misure che riguardavano tuttavia più le sue relazioni con l’esterno che i propri cittadini.
Il 20 febbraio, infatti, il primo ministro russo Mikhail Mišustin aveva firmato il divieto di ingresso per tutti i cittadini cinesi, ad esclusione dei possessori di un visto business. Tra le misure adottate anche l’interruzione del traffico ferroviario tra i due Paesi e la riduzione del 50% di tutti i voli diretti in Cina e a Hong Kong. Ma soprattutto è stata predisposta la chiusura dei confini con la Repubblica Popolare. Misura draconiana ma necessaria: basti pensare infatti che la Russia condivide con il vicino asiatico un confine di oltre 4000 km e che già all’inizio dell’emergenza si è trovata a dover gestire diversi sfollati provenienti dalla regione di Wuhan. Sfollati che, tuttora, si trovano in un sanatorio della Siberia occidentale sotto il contro della guardia nazionale russa.
In seguito all’aggravarsi della situazione in Europa occidentale, la scorsa settimana il sindaco di Mosca Sergej Sobjanin ha inoltre promulgato un decreto contenente misure particolarmente rigide riguardanti non solo i cittadini provenienti dalle aree critiche ma anche gli stessi russi.
Secondo quanto prevede il decreto, a partire dal 5 marzo tutti i cittadini provenienti da Italia, Cina, Corea del Sud, Iran, Germania, Francia e Spagna hanno l’obbligo di rispettare l’autoisolamento per 14 giorni, ed è stato chiarito che le misure potranno essere estese anche ai viaggiatori provenienti da altri Paesi. Le autorità hanno dichiarato, tra l’altro, che ulteriori controlli – come la periodica misura della temperatura e il tampone – verranno attuati nei confronti dei visitatori presso le strutture alberghiere in cui sono ospitati. Inoltre in caso di presenza di sintomi influenzali, anche di scarsa entità, i viaggiatori saranno trattenuti all’aeroporto, trasferiti in centri specializzati in malattie infettive e sottoposti ad una quarantena di 14 giorni. Una delle clausole particolarmente stringenti riguarda proprio la quarantena. Il decreto infatti prevede il controllo, da parte delle forze dell’ordine, del mantenimento del domicilio dei soggetti interessati, nonché la pena detentiva per chiunque non osservi l’obbligo dell’autoisolamento.
La Russia condivide con il vicino asiatico un confine di oltre 4000 km e che già all’inizio dell’emergenza si è trovata a dover gestire diversi sfollati provenienti dalla regione di Wuhan.
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La decisione arriva probabilmente dopo due episodi, particolarmente gravi, che hanno fatto discutere l’opinione pubblica.
Il primo è stato la fuga di quattro persone, sospettate di aver contratto il virus, dalla quarantena di un ospedale di San Pietroburgo. Il secondo, invece, riguarda un uomo arrestato dopo aver diffuso sui social un video in cui simulava i sintomi del virus fingendo di svenire in metropolitana, e causando ovviamente il panico tra gli altri passeggeri. L’autore del gesto,un cittadino del Tagikistan di nome Karomatullo Džaborov, è indagato e rischia adesso una pena di cinque anni di reclusione.
Per quanto le misure adottate dalla Russia possano apparire particolarmente severe, rispondono forse alle esigenze del momento.
Del resto, basta osservare l’Italia per rendersi conto che il ritardo nell’adozione di misure più rigide può avere pesanti implicazioni sia sociali che economiche. I casi di fuga dall’autoisolamento nel nostro Paese riportati dai media sono numerosi: dal 71enne scappato dall’ospedale di Sant’Anna di Como, dal cittadino di Vò che ha disertato la quarantena per andare a sciare.
Forse potremmo citare anche il caso rimbalzato dai media italiani, lo scorso fine settimana, riguardante le scene avvenute alla stazione ferroviaria di Milano – presa d’assalto da centinaia di persone dopo che era stato reso noto il contenuto del decreto “nuove misure nazionali di contenimento del coronavirus” pubblicato poi sulla Gazzetta ufficiale del 7 marzo. A questo clima critico si aggiunge l’atmosfera di altissima tensione che l’Italia sta vivendo in queste ore a causa delle proteste che stanno infervorando i centri di detenzione di diverse città.
La Russia, dal canto suo, non può permettersi passi falsi. Soprattutto dopo le dimissioni di Medvedev giunte a inizio anno, e l’annuncio della proposta di referendum avanzata dal presidente Putin. Le riforme, che prevedono l’introduzione di una serie di emendamenti, attribuirebbero maggiori poteri al Consiglio di Stato e al Parlamento, tra cui la possibilità di nominare il premier e i ministri. L’obiettivo potrebbe essere quello di preparare il terreno per le elezioni del 2024, anche se non è chiaro se l’intenzione del Presidente sia davvero quella di prolungare la sua permanenza al potere. Tuttavia al momento il Cremlino resta abbastanza vago sulla data della consultazione referendaria che potrebbe slittare di molti mesi, se la diffusione del virus dovesse espandersi.
L’infezione da Covid-19, oltre ad aggravare il contesto di instabilità causato dal calo del prezzo del petrolio, appena sceso del 30% e ai minimi dal 2016, potrebbe mettere a rischio anche il progetto politico russo trascinando il Paese nel vortice dell’incertezza che sta interessando l’intera comunità internazionale.
L’esperienza dell’epidemia ci obbliga ad una riflessione sui doveri dei cittadini, che nel dibattito quotidiano vengono spesso scavalcati nei propri diritti, portandoci a volte a pensare alla relazione con lo Stato come un rapporto unilaterale. La popolazione è parte dell’apparato statale e affinché gli sforzi delle autorità possano avere risultati è necessaria la continua sinergia tra quest’ultima e le istituzioni, oltre al rispetto consapevole delle regole. Rispetto che in una società democratica dovrebbe essere garantito senza l’adozione di mezzi coercitivi.