Ad un anno dalle dimissioni del presidente Nazarbayev è in atto all’interno del Paese una transizione che affonda le sue radici nel passato. Nonostante la presenza di un crescente movimento civico, la stabilità sembra rimanere l’obiettivo primario da perseguire. Si attendono anche nuovi risvolti legati alla pandemia.
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Esattamente un anno fa Nursultan Nazarbayev, unica guida del Kazakhstan per quasi trent’anni, annunciava le sue dimissioni in un discorso televisivo rivolto alla nazione. Alla base della sua politica c’è sempre stata la volontà di garantire stabilità all’interno del Paese, da sempre crocevia di popoli e religioni.
All’ex presidente è succeduto Kassym-Jomart Tokayev, suo fedele alleato e già conosciuto per aver ricoperto importanti ruoli politici e diplomatici sia in patria che all’estero. Dopo aver assunto la carica ad interim in un primo momento, è stato poi riconfermato alle elezioni del 9 giugno 2019 con oltre il 70% dei voti; consultazioni che si sono svolte non senza proteste e che hanno portato all’arresto di molti partecipanti alle manifestazioni. L’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che aveva inviato oltre trecento osservatori per monitorare la situazione, ha inoltre affermato che le elezioni non si sono svolte in maniera democratica e ha registrato violazioni delle libertà fondamentali. Sebbene ad un primo sguardo ciò possa apparire difficile da comprendere, queste percentuali mostrano in realtà un piccolo grande cambiamento. Basti pensare che in tutte le votazioni passate le percentuali a sostegno del vincitore si aggiravano intorno al 97% dei voti. Si tratta sicuramente, come detto in precedenza, di elezioni controllate dall’alto, ma questi numeri devono portarci a pensare che qualcosa sta iniziando a muoversi all’interno del Paese.
Nazarbayev continua a ricoprire cariche di fondamentale importanza, così come molti membri della sua famiglia. In particolare, mantiene lo status di Elbasy, cioè di leader della nazione, a partire dal 2010; è inoltre a capo del Consiglio di Sicurezza e del partito Nur Otan (che egli stesso ha fondato e che detiene la quasi totalità dei seggi in parlamento) ed è membro del Consiglio Costituzionale. Come se non bastasse, ad ottobre dello scorso anno il nuovo presidente ha firmato un decreto per incrementare ulteriormente le sue funzioni, concedendogli potere di veto nella scelta dei ministri e di altre importanti cariche.
Siamo di fronte ad una transizione controllata all’insegna della continuità che si manifesta anche a livello di politica estera, dove l’ex capo di Stato continua a rappresentare la nazione in molti incontri di fondamentale importanza. Uno degli esempi più recenti è rappresentato dall’incontro del 10 marzo con Putin a Mosca. Il Kazakhstan ha sempre avuto un ruolo chiave in Eurasia per via della sua posizione strategica e continua anche oggi ad avere una funzione di congiunzione tra Oriente e Occidente, specialmente grazie ai progetti legati alla Nuova via della Seta. La politica multi-vettoriale kazaka è costantemente incentrata sulla ricerca di stabilità nei rapporti con i principali attori internazionali, anche quelli spesso in contrasto tra loro. A distanza di un anno dal cambio di potere la situazione su tale fronte è rimasta invariata.
Di pari passo con l’accesso a internet, cresce anche il livello di censura.
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Un equilibrio più precario da mantenere è quello interno al Paese, dove le masse stanno iniziando a muoversi come mai prima d’ora e a far sentire sempre di più la propria voce. Circa metà della popolazione ha meno di 29 anni, è quindi nata durante l’epoca della presidenza di Nazarbayev e non ha mai conosciuto un’altra guida al di fuori di lui fino allo scorso anno. I social media stanno dando l’opportunità di entrare in possesso di una vasta quantità di informazioni, soprattutto alle generazioni più giovani. Ma di pari passo con l’accesso a internet, cresce anche il livello di censura. Sebbene il Kazakhstan non possa essere definito un Paese libero, sono ancora in molti a pensare di essere cresciuti in un ambiente che lo sia [1]. La vera novità consiste nella nuova consapevolezza di molti giovani di vivere in un regime autoritario. Questo è possibile anche grazie al crescente numero di scambi con altri Stati e alle nuove opportunità d’internazionalizzazione che non coinvolgono più solamente i Paesi ex sovietici o i vicini cinesi.
Oggi lo scenario mondiale è cambiato inaspettatamente e repentinamente a causa del coronavirus. È durante situazioni di emergenza come queste che i governi devono provare di essere all’altezza delle aspettative dei propri cittadini. In una nazione che ha sempre anteposto il bisogno di stabilità a tutto, persino alla libertà, una situazione come questa può fare la differenza. Se il governo riuscirà ad essere degno di fiducia ne uscirà estremamente rafforzato, altrimenti il virus decreterà la sua fine.
Sarà interessante vedere nel corso di questa emergenza chi sarà il punto di riferimento della popolazione. Il culto della personalità nei confronti dell’Elbasy è ancora molto forte ed egli è già intervenuto per tranquillizzare la popolazione con uno stanziamento di fondi per far fronte alla pandemia. Vedremo se altri sapranno sfruttare a loro vantaggio questa crisi; sicuramente è una buona opportunità per Tokayev per dimostrare le sue doti di leader.
[1] Laruelle M., The Nazarbayev Generation: Youth in Kazakhstan (Contemporary Central Asia: Societies, Politics, and Cultures), Washington, Lexington Books, 2019