Con quasi due milioni di casi, più di centomila morti, misure di quarantena globali e controlli sempre più stringenti, la pandemia di coronavirus sta imperversando in ogni angolo del globo. Tra proiezioni allarmiste, dati sottostimati e risvolti geopolitici si registrano casi in ogni nazione con l’eccezione di diverse nazioni insulari caraibiche o del Pacifico. I dati, in tiepido miglioramento nel nostro paese e non solo, fanno sperare in un prossimo futuro in cui le rigorose misure di contenimento andranno incontro a un ammorbidimento, ma allo stesso tempo l’Organizzazione mondiale della Sanità suggerisce la necessità di prestare attenzione a una possibile drammatica espansione dell’epidemia in quei paesi dove le precarie condizioni economiche, l’imperversare di insurrezioni o l’insufficiente professionalità delle leadership potrebbero non solo costare la vita di milioni di persone, ma consentire una diffusione incontrollata del virus.
L’Iran, la Siria e la Corea del Nord rappresentano esempi eclatanti. In particolare, nel primo caso l’epidemia è praticamente sfuggita al controllo di un governo inefficiente e indebolito dalle precarie condizioni di un economia fiaccata dalle aspre sanzioni internazionali. I tentativi di contenimento hanno sortito scarsi risultati, mentre si moltiplicano reportage che raccontano un quadro apocalittico con milioni di ammalati e un numero di vittime ben più elevato delle migliaia censite dalle autorità di Teheran. Proprio dall’Iran provenivano i primi malati registrati che hanno portato l’epidemia nel Caucaso meridionale. La geografia della regione e i vari frozen conflicts, costituiscono fattori di preoccupazione per la regione. L’epidemia, oltre che mettere a dura prova la risposta degli inadeguati sistemi ospedalieri, rischia di infliggere un duro colpo alle prospettive economiche della regione e alle rispettive.
Armenia
Con oltre mille casi confermati e almeno 14 decessi l’Armenia è il secondo paese piú colpito della regione. Di fronte al progredire dell’epidemia, il governo ha predisposto misure di emergenza attuate tramite l’istituzione di un ufficio per il coordinamento diretto dal vice Primo ministro Tigran Avinyan. Il Ministero della Sanità ha adattato un totale di sedici ospedali e cliniche in tutto il territorio come centri di trattamento specifichi COVID-19, ridotto drasticamente il numero dei voli da e per il paese e rimpatriato i cittadini presenti all’estero. Oltre alla subitanea produzione di kit per la diagnosi del virus, parte della capacità industriale e produttiva dell’Armenia è attualmente in fase di riconversione per la produzione di maschere chirurgiche, dispositivi di protezione individuale e altri componenti sanitari. Il governo ha lanciato un’app per Android e iOS che consente agli utenti di rimanere aggiornati sulle comunicazioni ufficiali relative al COVID-19, di autodiagnosticare i sintomi e di contattare gli operatori sanitari in caso di sospetta infezione. Quest’ultima iniziativa ha suscitato particolari contestazioni per via delle proteste delle organizzazioni per i diritti umani, preoccupate per possibili violazioni della privacy. Per rispondere all’accusa, il governo ha assicurato la cancellazione di questo database una volta revocato lo stato di emergenza.
Si prevede che le misure di contenimento avranno un impatto significativo su un’economia spinta finora da incoraggianti tassi di crescita. La preoccupazione per le ripercussioni economiche è ulteriormente aggravata dal progredire dell’epidemia in Russia (principale partner commerciale) e dai contraccolpi per il settore turistico. La rivalità geopolitica tra Unione Europea e Russia ha influito nella decisione di questi due attori internazionali di fornire aiuti umanitari all’Armenia. Se da un lato Bruxelles ha promesso assistenza materiale, tecnica e finanziaria per contribuire a contrastare gli effetti socioeconomici delle misure anti-pandemia tramite un pacchetto di aiuti da 92 milioni di euro per l’acquisto di attrezzature mediche, riqualificazione dei professionisti sanitari; allo stesso tempo, specialisti militari russi sono arrivati in Armenia per assistere il personale locale e compiere studi sulle fasi di sviluppo dell’epidemia. Il portavoce ha osservato che il team russo condurrà delle ricerche sul Covid-19 grazie a un laboratorio mobile. Una lunga conversazione tra il primo ministro Nikol Pashinyan e il presidente russo Vladimir Putin ha, infine, consentito la creazione di una linea diretta Mosca – Yerevan per frenare la diffusione della pandemia.
Azerbaijan
Il 28 febbraio, il paese ha confermato il primo caso positivo di COVID-19. Con il diffondersi incontrollato dei contagi il governo azero ha disposto la chiusura dei confini con l’Iran e l’imposizione di un regime di quarantena. Sul modello italiano, ai residenti viene imposto un autoisolamento domestico in cui sarà necessario ottenere un permesso speciale dalle forze dell’ordine ogni volta che si vorrà lasciare l’abitazione e questo potrà avvenire solo per provate necessità. Per contrastare possibili violazioni, la polizia controllerà gli spostamenti dei cittadini con l’aiuto di un’app. Durante il regime di quarantena speciale, il traffico inter-distrettuale e interurbano, ad eccezione del movimento di veicoli per scopi speciali, verrà completamente interdetto. Per contrastare le ricadute economiche della crisi il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev ha firmato un decreto che prevede una serie di misure per ridurre le conseguenze negative della pandemia sui mercati energetici, provvedimenti macroeconomici, occupazione e imprese all’interno del tessuto economico – finanziario del paese. Per sostenere la stabilità della moneta, la Banca centrale dell’Azerbaigian ha inoltre venduto quasi $ 200 milioni di dollari in titolo di Stato.
Un approccio particolarmente repressivo il governo dell’Azerbaijan lo sta impiegando anche confronti della già residuale opposizione politica. Le autorità azere hanno condotto un’ondata di arresti e detenzioni di oppositori politici nelle ultime settimane, avallando l’accusa delle associazioni per i diritti umani in allarme di fronte alla prevedibile finestra di possibilità offerta dalla pandemia per accentrare il potere presidenziale . Il governo autocratico Aliyev è infatti in netta controtendenza rispetto ai progressi dei due dirimpettai caucasici, con all’attivo record assolutamente negativi nel campo dei diritti umani tra arresti arbitrari, soppressione dei media, satrapismo politico, corruzione e culto della personalità. Allo stesso tempo, un report OSCE ha sollevato preoccupazioni sulla legislazione approvata con l’obiettivo dichiarato di combattere la disinformazione. L’emendamento prevede pene severe per chi utilizza strumenti informatici, social e media per diffondere fake news sull’epidemia. Al di là della nobile volontà di perseguire speculatori e avvelenatori di pozzi, non c’è dubbio alcuno che il governo saprà impiegare questo emendamento per colpire le opposizioni.
Georgia
Il 26 febbraio, la Georgia ha confermato il suo primo caso COVID-19. Al 13 aprile, il paese ha riportato un totale di 266 casi e 4 vittime. Oltre cinquemila i malati sottoposti a quarantena domestica. Il 16 marzo il governo ha annunciato misure e raccomandazioni speciali vietando i trasporti pubblici, imponendo un coprifuoco notturno e negando agli anziani di età superiore ai 70 anni di uscire di casa se non per incalzanti necessità. Quattro unità amministrative nel comune di Kobuleti, nella regione georgiana sul Mar Nero di Agiara, sono state poste in “quarantena rigorosa” dopo che svariati residenti locali sono risultati positivi al coronavirus. Restrizioni simili sono state applicate ai comuni di Marneuli e Bolnisi nella regione di Kvemo Kartli, Georgia orientale. Aspre polemiche sta suscitando inoltre il confronto tra le massime autorità della Chiesa Ortodossa locale e il governo, con i primi accusati da più fronti di non star applicando con necessaria severità le misure restrittive in merito agli assembramenti. La diatriba ha spaccato l’opinione pubblica in una nazione dove il prestigio della Chiesa ortodossa raccoglie ampi consensi popolari mentre la religiosità resta un carattere indispensabile dell’identità culturale georgiana.
Al di là dell’aspetto sanitario, l’esplodere del focolaio di coronavirus preoccupa il paese per le eventuali ripercussioni sul tessuto economico e finanziario. L’epidemia imperversa, infatti, in un frangente temporale in cui la nomea turistica della repubblica caucasica è in strepitosa ascesa, cosi come gli investimenti del governo in questo settore promettente al fine di diversificare un’economia in transizione. La capitale Tbilisi in particolare sta conoscendo un rinascimento culturale ed economico, ospitando convegni, festival internazionali oltre a numeri sempre crescenti di turisti occidentali e asiatici. Con la quarantena, le restrizioni ai voli e l’interruzione dei flussi turistici il settore della ristorazione e degli albergatori, in particolare hanno registrato un calo dell’80% dei tassi di prenotazione. Il governo georgiano ha cercato di attutire il contraccolpo economico, annunciando a metà marzo un rinvio di quattro mesi nella riscossione delle imposte sulla proprietà e sul reddito dal settore turistico. Come parte del pacchetto di incentivi, il governo prevede anche di raddoppiare l’aliquota delle dichiarazioni dei redditi a valore aggiunto, iniettando nel settore l’equivalente di $ 373 milioni per aiutare a evitare fallimenti e licenziamenti.
Abkhazia, Ossezia del Sud e Nagorno Karabakh
Casi di coronavirus si registrano anche nelle repubbliche secessioniste pur nella difficoltà di reperire dati affidabili in tali delicati contesti. Il presidente de facto del Nagorno-Karabakh ha dichiarato lo stato di emergenza il 12 aprile. Sei i casi di contagio nella repubblica secessionista rivendicata dall’Azerbaijan, in un clima di tensione per via dello svolgimento di cruciali votazioni presidenziali. Alle elezioni del 31 marzo scorso il presidente de facto, l’oligarca Arayik Harutyunyan ha ottenuto il 49,6 % dei voti, battendo il ministro degli Esteri, Masis Mayilyan ma senza ottenere una maggioranza rendendo necessario lo svolgimento di un ballottaggio il 14 aprile. Tra accuse di brogli, corruzione e irregolarità nello svolgimento della tornata elettorale, funzionari armeni e del Karabakh hanno portato avanti iniziative al fine di prevenire la diffusione del virus nella repubblica senza però intervenire per fermare il processo elettorale.
La repubblica dell’Abcasia ha registrato il suo primo caso di COVID-19 il 7 aprile, un uomo tornato da un soggiorno a Mosca. In seguito all’annuncio, il presidente Bzhania ha disposto la temporanea chiusura dei confini con la Federazione. In seguito all’aumentare dei contagi nel Caucaso, il governo della repubblica secessionista aveva già dichiarato lo stato di emergenza il 27 marzo e l’interruzione dei trasporti pubblici. Sukhumi ha inoltre vietato l’ingresso ai turisti russi e decretato la chiusura la maggior parte delle attività commerciali.
L’Ossezia del Sud, l’altra regione separatista della Georgia, ha chiuso l’unico confine con la Russia a uomini e merci il 5 aprile, sigillando il territorio. Il 10 aprile, la chiusura è stata ulteriormente estesa fino al 1 ° maggio. Ad oggi la repubblica secessionista sostenuta da Mosca non ha confermato nessun caso di COVID-19 sul territorio.