Volodymyr Zelenskyi è stato eletto sulla base di due promesse. La prima, di riportare la pace nelle regioni dell’Est, dove è tuttora in corso il conflitto, iniziato nel 2014, con le forze sostenute da Mosca. La seconda promessa è quella che riconduce il Presidente al proprio alter-ego televisivo, l’umile Holoborodko eletto per caso alla più alta carica dello Stato. Nella fiction, Zelenskyi-Holoborodko si trova continuamente a contrastare gli oligarchi e la rete di relazioni sotterranee che ne sostiene il potere.
Il problema del Zelenskyi reale è che per procedere verso la pace ha bisogno della collaborazione degli oligarchi, i quali sono ben consci del fatto che l’intenzione ultima del Presidente sia di minare il loro potere. Questo nodo è venuto al pettine nel caso Privatbank, l’istituto conteso tra lo Stato e il proprietario del canale televisivo che ospitava la fiction di Zelenskyi, l’oligarca Ihor Kolomojskyi.
La forza degli oligarchi
Il programma di Zelenskyi è l’affermazione del potere formale su quello informale: la primazia delle leggi sul reticolo di relazioni personali e scambi informali che ha i contorni di una vera economia di favori, all’interno del quale prendono vita sia l’economia sommersa che episodi di corruzione. Una sfida complicata perché l’ambito informale è il regno degli oligarchi, i grandi magnati che controllano larghi settori dell’economia ucraina, tra cui la quasi totalità delle grandi imprese. Stime recenti calcolano che la ricchezza degli oligarchi ammonti a circa un terzo del PIL del paese.
Il potere degli oligarchi si ramifica dall’economia ai gangli del potere politico attraverso relazioni personali, clientele, a volte corruzione, altre volte semplice sostegno pubblico. Petro Poroshenko, per esempio, battuto da Zelenskyi alle ultime elezioni presidenziali, è il riferimento di quella parte politica, molto forte tra le elites del paese e molto rumorosa, per la quale qualunque accordo con la Russia o con le entità separatiste equivarrebbe ad una capitolazione. Oppure Rinat Akhmetov, tuttora uomo più ricco d’Ucraina, che conta amici influenti e interessi economici da entrambi i lati del fronte. Grande finanziatore del Partito delle Regioni, la formazione dell’ex-Presidente Yanukovych cacciato con la sollevazione di EuroMaidan nel 2014, Akhmetov è stato associato al finanziamento dei separatisti, tra i cui leader più di uno ha figurato in passato tra i suoi uomini. Ihor Kolomojskyi è un altro oligarca di peso: secondo uomo più ricco d’Ucraina, ex governatore della regione chiave di Dnipropetrovsk e munifico finanziatore di formazioni irregolari in funzione antirussa. Alleato del potente ministro degli Interni Avakov, che è molto vicino all’estrema destra, Kolomojskyi possiede un vasto impero economico, che va dalla metallurgia alla maggiore compagnia aerea del Paese e al popolare canale televisivo 1+1: è in questo canale che andava in onda la fiction dell’attuale Presidente, il che ha acceso i riflettori sui rapporti tra i due.
Zelenskyi ha bisogno del supporto o almeno della non ostilità degli oligarchi per compiere un passo importante come la conclusione della pace, che avrebbe conseguenze importanti sull’economia e sulla politica ucraine. Per questo l’equilibrio tra il potere formale e quello informale è una questione di primo piano, che ha reso fondamentale chiarire i rapporti tra il Presidente e l’oligarca. Così l’affare Privatbank è diventato sin dall’inizio un banco di prova per Zelenskyi: il Presidente avrebbe favorito il suo vecchio datore di lavoro (o “partner d’affari”, come preferisce dire l’ex-comico)? Che rapporto avrebbe stabilito con gli oligarchi?
Privatbank: una contesa cruciale
Privatbank è la più grande banca del paese, che gestisce un terzo dei depositi e la metà delle transazioni d’affari. Fondata da Kolomojskyi nel 1992, è stata il cuore del suo impero industriale e finanziario, il gioiello di una corona costruita nei turbolenti anni ’90 spesso – sembra – attraverso la pratica del corporate raiding, vale a dire l’acquisizione di asset economici attraverso azioni violente, sfruttando la debolezza dello Stato e un diritto di proprietà incerto.
Nel 2016 la banca viene nazionalizzata e Kolomojskyi ripara in Israele, uno dei paesi di cui è cittadino. Il contesto della nazionalizzazione è quello degli sforzi volti a migliorare la trasparenza del settore bancario e della pubblica amministrazione, caldeggiati dai partner occidentali e promossi dal Presidente di allora, Petro Poroshenko. Quest’ultimo, anch’egli oligarca, viene accusato da Kolomojskyi di condurre la lotta alla corruzione e al settore informale in modo selettivo, a protezione dei propri interessi. Ad ogni modo la Banca centrale trova un buco di 5,5 miliardi $ nei conti di Privatbank: denaro dei correntisti che dovrebbe essere disponibile ed è invece stato dirottato dalla proprietà di allora. La banca viene nazionalizzata, il buco ripianato dal governo e Kolomojskyi, come si è detto, lascia il paese. L’operazione è economicamente significativa, se si conta che il PIL ucraino in questi anni ha viaggiato attorno ai 100 miliardi $.
L’oligarca colpisce ancora
Dall’elezione di Zelenskyi alla presidenza la situazione per Kolomojskyi è cambiata: la carica più alta dello Stato non è più occupata da un suo noto avversario, ma da un ex-comico, cresciuto nel suo canale televisivo. Un netto miglioramento, benché il neo-Presidente neghi ogni legame politico con l’oligarca.
Di fatto, volenti o nolenti, agli occhi di tutti i destini politici dei due uomini rimangono intrecciati. Così Kolomojskyi vede un’occasione e la coglie: tornato in patria, si muove in due direzioni. Da un lato lascia intendere ambiguamente di avere un’influenza sul Presidente, che quest’ultimo invece nega. Un’allusione sottile, perché in realtà il partito di Zelenskyi in parlamento è numeroso e composto in larga maggioranza di persone alla prima esperienza politica, che costituiscono un’incognita cruciale. Dall’altro lato Kolomojskyi alza la tensione, in una strategia volta a ridurre le distanze con i propri avversari per isolarli. Una serie di attentati si sussegue alle proprietà della ex-Governatrice della Banca centrale, Valerija Gontareva, che aveva ideato e guidato la nazionalizzazione di Privatbank. L’ex-Governatrice ripara a Londra con la famiglia.
Nel mentre, l’offensiva principale resta volta a riguadagnare il controllo della banca attraverso i tribunali, notoriamente sensibili alle pressioni degli oligarchi. Ad aprile 2019 una Corte di Giustizia della capitale annulla la decisione della Banca centrale di dichiarare Privatbank insolvente, che aveva posto le basi per la nazionalizzazione. Durante il mandato di Zelenskyi proseguono azioni legali sia all’interno del paese che negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Svezia.
Il destino di Privatbank diventa così ancor di più il banco di prova per le reali volontà di riforma di Zelenskyi, e viene legato strettamente dal Fondo Monetario Internazionale ai negoziati volti ad ottenere lo stanziamento di ulteriori prestiti, cruciali per il budget governativo. La posizione di Zelenskyi si è fatta difficile, stretta tra l’aut-aut dei finanziatori internazionali e le vaste risorse informali di un Kolomojskyi poco propenso a cedere terreno. A febbraio si risolve in un nulla di fatto il tentativo del Presidente di colpire l’impero economico dell’oligarca sostituendo il top management di Centrenergo, la compagnia statale che fornisce gas alla regione dove Kolomojskyi è di casa. Il nuovo amministratore è allontanato dalla sede della società da uomini a volto coperto, nella plateale assenza della polizia.
Il contrattacco del Presidente
Ad inizio marzo il cambio di strategia di Zelenskyi, che decide per il rimpasto di governo. Il presidente motiva la decisione riscontrando come l’esecutivo non abbia raggiunto i risultati voluti: dietro la scelta, le difficoltà di un team di giovani riformatori, scollegati dalla realtà fortemente informale della macchina pubblica ucraina. Zelenskyi torna così a confrontarsi con la necessità di mobilitare relazioni informali e persone ben connesse nell’amministrazione per ottenere risultati, in un difficile equilibrio con il suo intento riformatore. Poi la pandemia, che costringe questo processo ad una repentina accelerata. Il governo inoltra la richiesta al Fondo Monetario di accedere ai fondi di emergenza per contrastare gli effetti del coronavirus, che sono solitamente prestati a condizioni molto favorevoli. Poiché però c’era già un negoziato in corso per un nuovo prestito, anche i fondi di emergenza vengono sottoposti a due condizioni: la progressiva liberalizzazione della vendita dei terreni agricoli e l’approvazione di una legge che impedisca la restituzione delle banche espropriate ai precedenti proprietari, nota anche come legge anti-Kolomojskyi. Il caso Privatbank diventa una questione di salvezza nazionale ed approda in parlamento, che ha però bisogno di ben due sedute straordinarie per approvare le condizioni del Fondo. Alcuni parlamentari del partito del Presidente escono infatti allo scoperto e sposano la causa dell’oligarca, opponendosi con foga all’approvazione della legge, che passa solo perché appoggiata dai deputati dell’opposizione
Conclusioni
È una vittoria incerta per Zelenskyi, che prevale al prezzo di mostrare la debolezza della sua formazione: un passo che riduce l’ambiguità da cui traggono forza gli oligarchi, ma che potrebbe essere rescisso da un tribunale, mentre le future tranches del prestito del Fondo potrebbero ancora venire negate. Al momento la fortuna sembra comunque sorridere al Presidente, che sta cercando di sfruttare fino in fondo il vantaggio acquisito. Nei giorni scorsi Zelenskyi è riuscito a riprendere il controllo di Centrenergo, in un rapido colpo di mano che ha visto la polizia riuscire finalmente a far insediare gli amministratori respinti a febbraio. “Ora bisognerà scovare tutti quelli che sono passati al lato oscuro della forza” ha dichiarato Dmytro Sennychenko, Capo del fondo statale che deteneva formalmente la compagnia. Non sarà una ricerca facile, perché Kolomojskyi, benché indebolito, possiede ancora grandi risorse e dispone di una vasta rete informale. La battaglia è tutt’altro che conclusa.
In prospettiva, la pace nell’Est del Paese promessa da Zelenskyi aprirà la questione della ricostruzione, il possibile aumento della influenza economica russa e il possibile ritorno di forze più vicine alla Russia nella scena politica interna ucraina. Il modo in cui queste sfide verranno gestite dipenderà largamente da come l’Ucraina si presenterà ai negoziati, con quale distribuzione interna del potere. Questa incognita, che si gioca sull’equilibrio tra il potere formale e quello informale, dipende oggi dall’esito finale della vicenda Privatbank.
Giulio Benedetti