Lo scorso 14 ottobre, il Ministro degli Affari Esteri italiano Luigi Di Maio si è recato in missione a Mosca. L’obiettivo primario della visita sussisteva nel rivestire il ruolo di co-presidente del CIRCEIF, il Consiglio Italo-Russo per la Cooperazione Economica, Industriale e Finanziaria; oltre a ciò, ovviamente, in agenda figurava l’incontro con Sergey Lavrov, omologo russo di Di Maio. Il capo della Farnesina ha anche avuto l’occasione di visitare il Technopark Skolkovo, accompagnato dal Ministro del Commercio e dell’Industria Denis Manturov. Il Technopark è un moderno centro di ricerca, situato poco fuori Mosca, che ospita al suo interno diverse imprese del settore economico-finanziario ed energetico, tra le quali anche l’italiana Enel. Qui, Manturov e Di Maio hanno potuto confrontarsi in primis su industria, scienza e cultura ma poi più in generale hanno potuto discutere di innovazione e delle nuove sfide che la pandemia ha messo in atto per il settore dei trasporti e del turismo.
Successivamente, un’importante novità pratica è stata annunciata dal Ministro italiano: dal 2021 sarà finalmente possibile per i cittadini italiani che vogliono recarsi in Russia richiedere un visto elettronico, rendendo non più necessaro quello fisico. Inoltre, sempre a partire dall’anno prossimo, il comitato imprenditoriale italo-russo riprenderà vigore proprio per garantire un’ulteriore avvicinamento economico tra i due Paesi, funzionale per entrambi specialmente in questo periodo di recessione economica dovuta alla pandemia di Coronavirus.
Tornando alla diplomazia, il menù degli argomenti disucssi da Di Maio e Lavrov era piuttosto ricco, comprendendo il nodo bielorusso, il caso Navalny, la gestione della pandemia, il conflitto del Nagorno-Karabakh e infine la necessaria nomina del nuovo inviato speciale per la Libia.
Andando per ordine, certamente il problema della legittimità dell’elezione di Lukashenko a Presidente della Bielorussia rientrava tra i punti di discussione più critici e disgiuntivi, poiché, come è evidente, la posizione italiana e quella russa non sono allineate. Ergendosi in qualche modo anche a portavoce dell’Unione Europea, Di Maio ha infatti dichiarato che “la Ue continuerà ad usare tutti gli strumenti incluse le misure sanzionatorie per esercitare pressioni sulle autorità bielorusse“. A tal proposito, il capo della Farnesina ha anche ribadito che, senza necessariamente chiudere i canali di comunicazione con Minsk, è del tutto provata la mancanza di legittimità del neo-eletto Presidente.
Per quanto concerne il caso Navalny, è stato Lavrov a prendere la parola per primo, asserendo che “finchè non avremo accesso ai fatti, non possiamo prendere sul serio tutte le prediche e le dichiarazioni [dell’Occidente, ndr]. Noi come nessun altro siamo interessati a scoprire la verità e speriamo che i colleghi occidentali, e in particolare i tedeschi, non vogliano sottrarsi agli obblighi internazionali. […] Borrell mi ha spiegato che prima di prendere una decisione l’Unione Europea analizzerà i fatti: ecco noi vogliamo che vengano resi noti non solo ai Paesi dell’UE ma anche ai Paesi accusati dell’avvelenamento del dissidente“. Di Maio, rispetto alla vicenda, ha ammonito il comportamento del mandante come inquietante e come una grave violazione in tema di armi chimiche e di diritti umani fondamentali.
Circa la pandemia di Coronavirus, i due ministri si sono augurati, nonostante il grave impatto sulle rispettive società sia in termini di vite umane sia in termini commerciali, di ridare vigore alle relazioni economiche bilaterali, le quali, a detta di Di Maio, trovano fondamenta sull’affinità storica tra i due popoli.
Uno dei tasti più rilevanti dal punto di vista internazionale e toccato in sede di dialogo diplomatico è stato senza dubbio quello del recente accordo di cessate-il-fuoco [poi rivelatosi estremamente fragile, ndr] applicato alla regione del Nagorno-Karabakh, ottenuto grazie alla mediazione proprio della Federazione Russa. Non a caso, il nostro ministro ha ringraziato Lavrov per gli “sforzi compiuti nel raggiungimento dell’accordo in un territorio e in uno scenario molto complicati“. [4]
Infine, i portavoce delle due Nazioni si sono dimostrati accordi circa la necessità di nomina “senza ulteriori ritardi” del nuovo inviato speciale per la Libia: è stato infatti ribadito come sia obbligata la scelta della strada della cooperazione. Lavrov, tuttavia, non esimendosi dall’esprimere un giudizio di valore, ha voluto rammentare che “noi [russi, Ndr] vogliamo una rapida conclusione del conflitto in Libia ma non possiamo certo non ricordare che è stata la NATO ad avviare la crisi bombardando quel Paese”
Ciò che rimane evidente alla luce di questo importante incontro è che, come da anni ormai, siamo di fronte ad una nuova Guerra fredda. Di fatto, le tensioni tra Occidente e Federazione Russa non sono venute meno: le precisazioni, a volte risuonanti come frecciatine, lanciate per lo più dal ministro russo, rendono questo assunto quanto meno lampante. Ad ulteriore dimostrazione di ciò, Lavrov ha anche formulato una chiara accusa: “L’Europa, nell’abbandonare la diplomazia e sostituirla con le sanzioni, non solo ha preso esempio dagli USA, ma ne è anche influenzata, nel senso che Washington esercita pressioni in questo senso“. Quello che sembra un tuffo nel passato è invece un estratto di quanto pronunciato solo qualche giorno fa, in un contesto ormai del tutto globalizzato e presentante due universi, per quanto distinti, comunicanti da ormai da diversi anni tra loro.
Marta Trevisiol