La chiamano Londongrad e non è una serie televisiva inglese (sebbene ne esista una omonima mandata in onda dalla rete russa CTC nel 2015), bensì il nome dato a Londra a causa dei tanti russi che hanno scelto di vivere sul Tamigi. Ma quanti sono davvero?
Alcuni sostengono siano oltre 300.000, tra immigrati nati in Russia e quelli di seconda generazione, tuttavia non si dispone di dati ufficiali. Secondo un documento dell’Office National Statistics, i cittadini nati in Russia, e attualmente residenti a Londra, sarebbero almeno 166.000, mentre il The Guardian, in un articolo del 2014, aveva dichiarato che questi si aggirassero intorno ai 150.000.
Quel che è certo è che il fenomeno dell’immigrazione russa in Inghilterra non è nuovo e ha interessato, anche se in forma minore, il Galles, la Scozia e l’Irlanda del Nord.
La prima grande ondata è avvenuta nel 1917, dopo gli sconvolgimenti della rivoluziona russa, mentre la seconda, che è quella di nostro interesse, si è propagata nel 1991. In seguito alla fine dell’Unione Sovietica, infatti, ricchi uomini d’affari, imprenditori e magnati si trovarono con a disposizione un’ingente ricchezza e la necessità di dover lasciare il proprio Paese.
Le ragioni per cui Londra divenne la seconda capitale per i russi sono molteplici. Oltre al desiderio di nuove opportunità, la stima per un sistema politico-economico che incoraggiava la proprietà privata, l’alta qualità dell’istruzione e un apparato giudiziario tra i più solidi rendevano Londra il vero e proprio centro finanziario perfetto per assorbire quelle enormi ricchezze.
Questo fenomeno ha generato un’intensa relazione, che a tratti potremmo definire tossica, tra la Gran Bretagna e i capitali russi.
Londra, infatti, non solo è diventata uno dei principali beneficiari dei capitali russi, dopo il 1991, ma avrebbe anche mostrato una certa indulgenza nei confronti del denaro proveniente da operazioni di riciclaggio. Si è creato quindi un legame indissolubile, tra Mosca e Londra, che ha finito per plasmare la variegata società britannica.
I russi insediatasi a Londra, agli inizi degli anni Novanta, hanno acquistato immobili a Knightsbridge, yacht e frequentato i saloni di abbigliamento di Sloane Street. La loro presenza, ed i loro sfarzi, sono stati per anni descritti con tratti particolarmente caricaturali. Tuttavia, la percezione di estraneità verso quella comunità, così distante dalla cultura britannica, ha lasciato lentamente il passo a un processo di piena integrazione. I loro figli, infatti, oggi appartengono all’alta società britannica, sono clienti abituali di Hanley, Ascot e Annabel, frequentano i locali più in voga e godono di un forte seguito sui social.
Il Regno Unito ha mantenuto un certo appeal negli anni, incentivato da iniziative avviate dallo stesso Governo britannico. Un esempio è l’istituzione del visto per investitori, chiamato il “visto d’oro“, che consente ai candidati selezionati di risiedere nel Regno Unito in cambio di un investimento di 2 milioni £ sottoforma di titoli di Stato.
Londra è stata incoronata come località prediletta dall’alta società russa, anche da una recente ricerca pubblicata da Forbes Russia sui 200 uomini più ricchi del Paese. Secondo lo studio, infatti, dopo Mosca la seconda città più popolare sarebbe proprio Londra, che gode della presenza di figure economicamente influenti: Mikhail Fridman, il comproprietario di Alfa Group e il suo socio Aleksej Kuzmichev; i fondatori della società di videogiochi Playrix, Dmitrij e Igor Bukhman, quest’utlimo anche ideatore della piattaforma di incontri Badoo; il fondatore di Tinkoff Bank, Oleg Tinkov; l’ex proprietaria della società di sviluppo Inteko, Elena Baturina; il fondatore di Revolut, una nota società di tecnologia finanziaria, Nikolaj Storonskij, e il proprietario della società produttrice di alcolici SPI Group, Jurij Shefler.
Tra le ragioni principali, emerse dall’indagine, ci sono: questioni fiscali, come il tentativo di evitare le tasse; motivazioni di tipo legale, o eventuali tensioni con le autorità che cercano di ostacolare le attività imprenditoriali.
Inoltre, secondo i media nazionali russi, i ricchi connazionali sarebbero i principali acquirenti degli immobili di grande valore e possiederebbero oltre un terzo di tutto il patrimonio immobiliare venduto a Londra. Ovviamente la loro scelta ricade sui quartieri elitari come Kensigton, Chelsea, Belgravia e Mayfair.
Tuttavia risulta evidente, soprattutto negli ultimi anni, l’allargamento del fenomeno migratorio verso il Regno unito anche ai cittadini a reddito medio e senza nessun legame con la vita politica o finanziaria russa.
L’annessione alla Crimea e le tensioni con l’Ucraina, in particolare, hanno dato vita a un terzo flusso migratorio, diverso dai precedenti, e fatto di gente comune. Questi nuovi migranti hanno aperto le braccia alla cultura britannica e molti hanno deciso di investire nel Paese che li ha ospitati avviando attività imprenditoriali, nonostante non avessero esperienze precedenti.
Del resto, la storia ci ricorda che i due Paesi godono di un forte legame storico che emerge in particolare tra le famiglie reali britanniche e gli zar russi. Basta dare un’occhiata infatti alla famiglia reale inglese per lasciar emergere la discendenza con i membri della Casata dei Romanov, che guidò la Russia dal 1613. Tra loro sono presenti: Maria Vladimirovna Romanov (Granduchessa di Russia e pronipote di Alessandro II); il Principe Filippo (Duca di Edimburgo) che è addirittura un nipote dell’ultima zarina, Alexandra, e un pronipote di Nicola I. È evidente dunque come da questo legame ne derivi che Carlo e i figli, William e Harry, siano imparentati con i Romanov.
Un esempio che, forse, ci ricorda non solo che l’identità di un Paese, e la sua cultura, sono sempre il prodotto del suo lungo percorso storico, ma anche che il denaro, come il potere, da sempre non conosce confini.