La transizione
L’inizio di un processo di liberalizzazioni, riforme e conseguimento di maggiori libertà civili in quella che fino a pochi anni fa si considerava come una delle più atroci dittature al mondo è coinciso con l’ascesa al potere di Shavkat Mirziyoyev, già delfino di Islom Karimov, l’autocrate presidente che ha retto le sorti del Paese dall’indipendenza successiva al crollo dell’URSS. Il venticinquennio di governo dell’ex funzionario sovietico ha intrappolato Tashkent in una morsa repressiva e un isolamento che, pur non risultando avulso a un contesto come l’Asia Centrale fertile ecosistema di dittature personalistiche, si è contraddistinto per particolare ferocia, immobilismo e inefficienza. La transizione economica da un economia di stampo collettivista al libero mercato non è avvenuta, anche per via di una personale ritrosia nei confronti di eventuali influenze esterne.
La coltura del cotone, tradizionale prodotto di esportazione e retaggio del sistema sovietico, che destinava intere regioni a monocolture agricole e industriali, ha deviato notevoli investimenti e manodopera, costringendo una discreta percentuale di uzbeki a vere e proprie “corvée“, depauperando l’ambiente. La morte di Karimov ha dato il via a libera a un processo di rimpasto che ha permesso il consolidamento al potere di Mirziyoyev. Nel dicembre del 2016, da li a tre mesi dalla morte di Karimov, l’ex primo ministro alla guida del Partito Liberale Democratico ha ottenuto l’agognata legittimazione conseguendo un’ampia vittoria in un processo elettorale condannato dall’OSCE. Riuscendo a superare lo scetticismo generale, Mirziyoyev ha da allora avviato riforme nel campo economico, giudiziario e sociale e ha rafforzato le relazioni esistenti con le vicine Repubbliche centroasiatiche.
Riforme e liberalizzazioni
Dal 2017 il governo è intervenuto apportando cambiamenti sostanziali secondo tre direttive: da un’economia statalista a un’economia basata sul mercato; da un’economia dominata dal settore pubblico a un’economia governata dal settore privato e da un isolazionismo a una progressiva permeabilità ai mercati esteri. Il Paese ha avviato, dunque, riforme che stanno ponendo le basi per dar vita, e progressivamente consolidare, a un’economia di mercato. L’amministrazione ha rafforzato la moneta nazionale, avviato le riforme del sistema fiscale, liberalizzato settori in cui vigevano restrizioni commerciali avviando al contempo una politica di apertura commerciale verso le Repubbliche adiacenti. Le misure di liberalizzazione stanno contribuendo ad allentare vincoli per le imprese, come la mancanza di valuta estera, elevati dazi verso le importazioni e aliquote fiscali.
A partire da settembre 2017, il governo ha unificato il tasso di cambio, avviato la liberalizzazione dei prezzi e degli scambi e apportato tagli significativi alle aliquote fiscali, sia per le imprese che per i privati. Il Paese ha eliminato visti di ingresso per promuovere il turismo e gli investimenti e ha rinnovato il suo impegno ad aderire all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). A seguito di tali riforme, è raddoppiato l’arrivo dei turisti cosi come gli investimenti diretti esteri sono quadruplicati nella prima metà del 2019 rispetto all’anno precedente. Il governo ha ampliato la copertura della rete di sicurezza sociale e ha sostanzialmente migliorato la disponibilità di puntuali statistiche economiche. Fra i maggiori fattori d’attrattiva per gli investitori internazionali la creazione di Zone Economiche Speciali (SEZs) che facilitano gli investimenti diretti esteri in diversi comparti attraverso un mix di agevolazioni fiscali e semplificazioni normative.
La crescita economica
Il varo della presidenza Mirziyoyev ha permesso una serie di visite all’estero consolidando le relazioni con i leader regionali e delle principali potenze. Le riforme descritte precedentemente e la rinnovata assertività di Tashkent hanno iniziato a produrre dei risultati tangibili. Il prodotto interno lordo vive una fase di forte crescita: + 5,5% annuo in media tra il 2016 e il 2020, mentre si prevede che la crescita raggiungerà il 6% nel 2021. Nel 2019 il volume degli investimenti esteri diretti è stato di 4,2 miliardi $ ed è quindi aumentato di 3,7 volte rispetto al 2018. La quota degli investimenti sul PIL ha raggiunto il 37%, la produzione industriale è cresciuta del 6,6%, le esportazioni del 28%, le riserve in oro e in valuta estera sono aumentate di 2,2 miliardi $, raggiungendo i 28,6 miliardi $.
Tra il 2017 e il 2018, le importazioni uzbeke dal Kazakistan sono aumentate di 569 milioni $, più del 53%. Il fatturato del commercio con il Kirghizistan è salito da 242 milioni a 462 milioni $ nello stesso anno, con il Turkmenistan da 159 milioni a 274 milioni e, infine, con il Tagikistan da 124 a 287 milioni $. Tra gli investimenti spicca la costruzione di un colossale cementificio nel distretto di Sherabad, un progetto dal costo di 212,8 milioni $. Un altro settore in cui il paese intende apportare cospicui investimenti è quello automobilistico. La prima metà del 2019 ha visto il volume della produzione crescere del 154% su base annua, con esportazioni per quasi 73 milioni $ e l’incremento della produzione da 220.000 unità a 350.000 unità entro il 2023.
Il ruolo della Cina e la Via della Seta
La posizione strategica e la crescente stabilità politica, economica e sociale si sono rivelati fattori fondamentali per far sì che il Paese si trovasse in un posizione privilegiata all’interno del progetto della “Nuova Via della Seta” avviato da Pechino nel 2013, che mira a connettere il continente euroasiatico attraverso una rotta terrestre e una marittima. Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia cinese mira a promuoverne il suo ruolo nelle relazioni commerciali globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. Negli ultimi due anni, la cooperazione uzbeko-cinese nel commercio e negli investimenti ha prodotto risultati qualitativi. La Cina è diventata il primo partner commerciale dell’Uzbekistan con uno scambio commerciale pari a 6,4 miliardi $ nel 2018 e un incremento del 35% annuo.
Alla fine del 2018, il commercio bilaterale ha raggiunto 6,4 miliardi $, un aumento notevole su base annua, e il numero di società cinesi che operano in vari settori del mercato uzbeko è salito oltre quota 1000. Inoltre, gli investimenti diretti delle società cinesi in Uzbekistan hanno superato i 500 milioni $. L’Uzbekistan sta costruendo un centro finanziario e commerciale da 1,7 miliardi $ a Tashkent parzialmente finanziato da Pechino. Il progetto comprende un parco industriale, otto centri commerciali e un centro culturale, nonché appartamenti.
A dicembre, l’Uzbekistan si è assicurato investimenti per 2,3 miliardi $ da Cina, Corea, Giappone e Russia per costruire un impianto di produzione di prodotti chimici e sintetici nella regione del Kashkadarya, nella parte sud-orientale del paese. Nel 2018 durante il Summit SCO di Qingdao, Pechino e Tashkent hanno firmato accordi per progetti di investimento pari a 6,86 miliardi $, di cui 3,11 miliardi di investimenti diretti.
Potenzialità
L’Uzbekistan è un paese ricco di risorse con una popolazione relativamente giovane e in crescita. È anche un perno geografico per via della peculiare collocazione incuneata tra gli altri paesi dell’Asia centrale; un potenziale mercato di oltre 300 milioni di persone. L’Uzbekistan gode di una assoluta indipendenza energetica in quanto detiene circa 594 milioni di barili di riserve di idrocarburi e dispone già di una discreta struttura industriale in continuo ammodernamento tecnologico. Per via di questi fattori il Paese è potenzialmente candidato a divenire il più grande mercato dell’Asia centrale e, data la sua considerevole forza lavoro e la notevole capacità agricola e manifatturiera, un importante esportatore. A leggere i dati, pare che il futuro si prospetti roseo per Tashkent, ma nel dettaglio si manifestano perplessità che potrebbero ostacolare o rallentare lo sviluppo e conoscere le iniziative future del presidente uzbeko potrà farci comprendere se effettivamente il Paese sarà in grado di trasformarsi in una media potenza di rilievo nello scacchiere geopolitico.
Per far si che il Paese rimanga sulla giusta inclinazione il governo deve spingere sull’implementazione di ulteriori riforme nel settore amministrativo, agrario, industriale e privatizzazione delle imprese statali già in atto ma rallentate dall’incedere della pandemia oltre ad affrontare le criticità sistemiche come l’ancora scarsa specializzazione del capitale umano, l’insufficiente trasparenza, corruzione e l’implementazione di riforme nel campo dei diritti e rappresentatività politica. Se queste riforme verranno attuate con successo, c’è speranza per la formazione di istituzioni efficaci, la creazione di condizioni per uno sviluppo economico sostenibile e la creazione di una classe media. La comunità internazionale dovrà posare il suo sguardo sul potenziale uzbeko incentivando le riforme, seguendone lo sviluppo e inquadrando il Paese all’interno delle dinamiche di cooperazione a livello globale.