A meno di un mese dall’insediamento ufficiale del 46esimo presidente statunitense alla Casa Bianca, si parla ormai quotidianamente dell’America che verrà con Biden. I risvolti per la Polonia e per i Baltici riguarderanno principalmente la loro sicurezza, ma non solo.
Biden non è ancora approdato formalmente a Washington, eppure è come se ci fossimo già lasciati alle spalle l’era Trump per parlare di quello che avverrà con l’imminente cambio della guardia. Sebbene la campagna elettorale del nuovo eletto si sia fortemente concentrata sul fronte interno a causa della pandemia e delle divisioni socioeconomiche, gli aspetti da considerare in politica estera non sono pochi o irrilevanti.
All’interno della strategia estera della futura amministrazione sembra ormai assodato il desiderio di ricucire i rapporti ormai sfilacciati con gli alleati europei. Sui media italiani si parla spesso del fianco europeo occidentale, trascurando l’interesse statunitense per l’Europa centro-orientale. In quest’area, infatti, si trovano due avamposti della strategia statunitense per il ventunesimo secolo: la Polonia e i Baltici.
Esultano i Baltici
L’area baltica già fremeva mentre dagli States arrivavano i primi risultati del vantaggio di Biden su Trump. La notizia è stata infatti accolta in maniera generalmente positiva, anche se non sono mancati episodi sporadici di malcontento. È il caso del Ministro degli Interni estone, Mart Helme, le cui dimissioni sono arrivate in concomitanza con la vittoria di Biden.
Al contrario, il presidente lituano Nauséda non ci ha pensato due volte prima di congratularsi con il nuovo presidente. La reazione lituana era praticamente scontata. È risaputo: la particolare relazione statunitense con i Baltici va vista nella prospettiva più ampia dei rapporti con il grande orso russo che incombe proprio alle loro porte di casa. Dal suo canto, Biden non confonderà sicuramente i Baltici con i Balcani. A differenza di qualche suo predecessore sbadato, il futuro inquilino della Casa Bianca ne conosce bene la collocazione sia geografica che strategica. Non a caso, già nel 2003, Biden era stato uno dei più convinti sostenitori dell’allargamento ad Est della NATO.[1]
Dando poi un’occhiata alle ultime due amministrazioni statunitensi, notiamo un crescente interesse nei confronti di quest’area spesso bistrattata. Durante il secondo mandato di Obama, i Baltici avevano assunto un’importanza vitale per il fianco orientale della NATO. Questo era dovuto in particolare alla percezione di un clima di insicurezza a seguito dell’annessione della Crimea da parte della Russia.
Il 16 marzo 2014 si teneva, infatti, il referendum sull’autodeterminazione della Crimea. Solo tre giorni più tardi, in occasione del decimo anniversario dell’accesso alla NATO, Biden volava a Vilnius per un viaggio cruciale.[2] Nella capitale lituana l’allora vicepresidente statunitense usava toni rassicuranti, promettendo di difendere gli alleati da un qualsiasi attacco russo. Due anni più tardi, mentre il candidato alla presidenza Donald Trump iniziava a scavare la frattura interna alla NATO, Biden aveva intrapreso un tour dell’area baltica, durante il quale veniva riaffermato il famoso Articolo V del Trattato nordatlantico.[3]
L’entrata in scena di Trump aveva invece posto l’accento su un possibile riavvicinamento con la Russia, proposta non troppo gradita ai Baltici. Nonostante ciò, Trump non ha mai criticato l’operato di questi Paesi, i quali si sono dimostrati fedeli sia a livello di burden sharing interno alla NATO, ma anche nei rapporti bilaterali con gli Stati Uniti. Basti pensare che l’Estonia nel 2017 era uno dei soli cinque Paesi NATO a superare la soglia del 2% di spesa militare rispetto al proprio Pil.[4]
Ma non è tutto qui, soprattutto se guardiamo al di là dell’ambito della sicurezza. Ultimamente i Baltici si sono fatti promotori di tutta una serie di valori occidentali, come quello di democrazia o diritti umani. Lo abbiamo, ad esempio, visto negli ultimi mesi con il supporto al popolo bielorusso. In fin dei conti questo sono gli stessi valori che Biden si è prefissato di mettere in alto nella propria agenda.[5] Dunque, anche per questo motivo un riavvicinamento tra Stati Uniti ed Europa sotto il nuovo presidente può solo essere di gradimento a queste latitudini.
Un altro punto fondamentale riguarderà inevitabilmente la linea statunitense nei confronti del progetto del Nord Stream 2. Progetto che i Baltici (e la Polonia) non hanno mai visto di buon occhio. Sebbene la posa dei tubi per il raddoppiamento del controverso gasdotto sia praticamente ultimata, Biden probabilmente non cambierà rotta nei confronti della Russia.
Polonia al bivio: sicurezza versus diritti umani
Varsavia, storica alleata degli Stati Uniti, è stata menzionata più volte da Trump durante la propria campagna elettorale. Durante gli ultimi quattro anni, mentre i rapporti con la Merkel si inasprivano, lo stesso non avveniva con il fedele Duda. L’era alla quale stiamo per mettere un punto è stata caratterizzata da un’evidente attrazione di Trump per tutta una serie di leader dalle derive illiberali o autoritarie, tra i quali figura anche il presidente polacco.
Sicuramente per Duda mandar giù il boccone amaro della sconfitta di Trump non è stato facile, tanto che le congratulazioni per il nuovo eletto sono arrivate solo pochi giorni fa. In realtà, però, gli Stati Uniti di Biden vedranno una maggiore attenzione alla sicurezza transatlantica, della quale la Polonia continuerà a beneficiare. Proprio lo scorso novembre è stato ratificato da Varsavia l’ultimo accordo di difesa (Enhanced Cooperation Defense Agreement), grazie al quale sarà aumentato il numero di truppe statunitensi nel Paese.
La Polonia vede gli USA e la NATO come fattori imprescindibili per la propria sicurezza per due motivi principali: la memoria storica e la vicinanza stretta con la Russia. Infatti, la parte nord-orientale del Paese confina direttamente con l’exclave russo di Kaliningrad, dove la Federazione ha tra l’altro dispiegato i propri missili Iskander-M.
Il secondo appunto da fare riguarda anche qui la questione energetica e il supporto di Trump alla Three Seas Initiative. Probabilmente questo approccio sarà adottato anche da Biden con lo scopo di ridurre la dipendenza energetica europea da Mosca e scalzare la Russia anche in questo senso.
La reazione della Polonia nei confronti di Biden è però bifronte. Se a livello di sicurezza la Polonia godrà del supporto statunitense, lo stesso non sarà vero su altri fronti. Pensiamo, ad esempio, alla questione dei diritti umani. Negli ultimi mesi le piazze polacche sono state travolte da ondate di proteste dopo la stretta sui diritti LGBTQ+ o sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.
Il giorno prima delle presidenziali Joe Biden tweetava questa frase: “penso che i diritti LGBTQ+ siano diritti umani e domani questi diritti andranno al voto“.[6] Qualche mese prima lo stesso si era detto contrario all’istituzione delle cosiddette “LGBT free-zones” all’interno dell’UE e nel mondo, alludendo chiaramente ai recenti avvenimenti in Polonia.[7] Se in questo caso Biden aveva denunciato il Paese in maniera cauta, non si può dire lo stesso di quando osò definire la Polonia come “un regime totalitario” al pari di Bielorussia ed Ungheria.[8]
“Il trionfo della democrazia e del liberalismo sul fascismo e l’autocrazia ha dato vita al mondo libero“, dichiarava la scorsa primavera Biden in un’intervista per Foreign Affairs.[9] Così mentre il fascino della democrazia perde campo in Polonia, il nuovo eletto tenterà di riportare in auge quei valori occidentali che sembrano dissolversi in diverse parti del mondo.
Riferimenti
[3] https://www.euronews.com/2016/08/23/biden-reaffirms-us-commitment-to-natos-article-5-in-baltics
[4] https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/10/pdf/pr-2020-104-en.pdf
[6] https://twitter.com/joebiden/status/1323483793806790657
[9] https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2020-01-23/why-america-must-lead-again