La fotografia del mercato del gas del 2020 in Europa per Gazprom mostra i limiti del modello di business che ha accompagnato la presenza della società russa nel continente da decenni. Le maggiori incertezze sul fronte dei volumi e dei prezzi del gas esportato, unito a una maggiore presenza di competitors diretti, rende necessario un ripensamento della strategia di Gazprom in Europa.
Tra deboli segnali di ripresa e piani di lungo termine, la società russa è in Europa per restare, ma con quali prospettive?
Sì è da poco chiuso uno dei peggiori anni per gli affari di Gazprom in Europa. Il business della società russa nel continente si poggia su importanti pipeline di esportazione e contratti di fornitura di lungo termine. Il 2020, con la crisi dei prezzi del mercato del gas e le tensioni montate attorno a dei progetti infrastrutturali chiave – si veda il caso Nord Stream 2 – ha messo in risalto i limiti della strategia attuale.
Nella conferenza stampa di fine anno, il CEO della società Alexey Miller ha confermato la centralità del mercato europeo per gli interessi di Gazprom. Un messaggio che vuole rassicurare circa gli interessi e le risorse che il Gruppo dedicherà a quest’area, ma che spinge ad interrogarsi su quali potrebbero essere le risposte della società russa di fronte alle numerose sfide che ha davanti.
La centralità del mercato europeo per Gazprom
Nel 2018 Gazprom ha esportato il 36.6% del gas in arrivo in Europa via pipeline. Tale livello si è mantenuto sostanzialmente costante nel 2019 totalizzando il 35.5% del volume. Inoltre, sempre nel 2019 vanno aggiunti altri 20.5 miliardi mc di gas sotto forma di LNG, per un totale superiore al 39% del gas arrivato in Europa fornito da Gazprom.
La società russa gode di una posizione di relativa forza nei confronti delle forniture verso l’Europa. Tale posizione è andata tuttavia indebolendosi nel corso degli ultimi anni a causa di una serie di fattori critici eccezionali, ed altri strutturali, che caratterizzano il mercato del gas.
Tra quelli eccezionali figurano le temperature miti dell’interno tra il 2019 e il 2020. In quei mesi si è dunque consumato meno gas di quanto previsto, andando a intaccare solo superficialmente le riserve (storage) accumulate in previsione dei maggiori consumi invernali. In seguito, i primi sei mesi del 2020 sono stati caratterizzati da un netto calo dei consumi dovuti agli effetti del Covid 19 sui consumi a livello europeo e mondiale. Condizioni climatiche ed economiche hanno contribuito a creare quella che gli esperti del settore hanno definito “la tempesta perfetta” del mercato del gas.
Le condizioni strutturali riguardano invece l’evoluzione della struttura contrattuale degli accordi di importazione di lungo periodo di gas in Europa. Tralasciando le complessità, si può semplificare dicendo che i contratti di lungo termine prevedono una quota fissa minima di volumi di gas che gli importatori sono tenuti a comprare, il volume restante può essere dilazionato o posticipato ad annate successive. È esattamente ciò che è successo tra il 2019 e il 2020, quando i compratori europei hanno avvisato i primi segnali di crisi nel mercato del gas.
Inoltre, il prezzo del gas è indicizzato su quello del petrolio, e proprio nel primo semestre del 2020 il greggio ha toccato i minimi storici, con punte sporadiche anche in negativo.
La combinazione di questi fattori che ha fatto sì che Gazprom vedesse seriamente intaccati i propri margini di guadagno, dovendo assumersi il rischio non solo dal punto di vista dei volumi di gas venduti, ma anche da quello del prezzo. Nel bimestre maggio – giugno 2020, i proventi dall’export di gas via pipeline registrati hanno raggiunto $ 1.1 mld per mese – 2,4 volte meno rispetto allo stesso periodo del 2019.
Il nodo da sciogliere degli Stati Uniti
Al di là dei numeri legati all’export, nel 2020 Gazprom ha dovuto fare fronte anche a un aumento dei volumi di LNG esportato dagli Stati Uniti verso l’Europa – che tuttavia presenta ancora difficoltà legate ai costi di produzione e trasporto rispetto ai rivali diretti Qatar e Russia. Ma ancora di più Gazprom ha visto una costante opposizione di Washington alla realizzazione del suo progetto di punta per l’ulteriore penetrazione del mercato tedesco ed europeo: il Nord Stream 2.
A fronte dei pochi chilometri restanti al completamento dell’opera, si conferma il forte interesse della Germania verso il progetto, mentre da oltre oceano si attende la posizione ufficiale del prossimo presidente degli Stati Uniti
La perdita del monopolio nei Balcani
Le notizie giunte a inizio 2021 dal Sud-Est dell’Europa confermano la progressiva perdita di mercato di Gazprom nel continente europeo.
Il 1° gennaio 2021 il gas russo è giunto in Serbia non più attraverso la tradizionale rotta settentrionale – attraverso Ucraina – ma da sud dalla Bulgaria. L’operazione è stata possibile in seguito al completamento del raddoppio della portata del Turkstream: dotato di due direttrici con una capacità di 17,75 miliardi mc ciascuna, la prima è riservata al mercato interno turco, mentre la seconda è stata estesa fino ai Balcani. In tale modo, Mosca si assicura così la continuità delle forniture nella regione aggirando l’ostacolo dell’Ucraina.
Una vittoria di Pirro considerando che, nello stesso periodo, la Bulgaria ha aperto il proprio mercato al gas azero in arrivo attraverso il Corridoio Meridionale (formato dal gasdotto TANAP e TAP che dall’Azerbaigian porta il gas fino all’Italia). Poco più a sud, sempre a gennaio 2021, la Croazia ha inaugurato il terminale di rigassificazione nell’Isola di Krk.
Attraverso una bretella che giunge dal TAP, la Bulgaria può così rifornirsi di gas da Baku. Il gas azero è più competitivo in termini di prezzi rispetto a quello russo e, di fatto, l’apertura della nuova rotta di importazione segna la fine del monopolio di Gazprom nel mercato bulgaro – che in precedenza poteva rifornirsi solo da nord attraverso l’Ucraina.
La piattaforma di Krk, in Croazia, è stata invece finanziata nell’ambito dei progetti di interesse europei ed è entrata in attività anch’essa il 1° gennaio 2021. La capacità della piattaforma – di 2,6 miliardi mc/anno – è interamente prenotata per i prossimi tre anni, arriverà per la maggior parte dagli Stati Uniti.
Dalla Croazia, precisano fonti locali, sarà poi esportato nei Paesi vicini, Ungheria compresa. Nonostante i volumi marginali, per Gazprom significa un’altra spina nel fianco adriatico, area nella quale, fino a un anno fa, la società russa poteva contare sul quasi monopolio delle forniture di gas
Una nuova strategia europea per Gazprom?
A fronte dei dati negativi del 2020 Gazprom ha reagito mettendosi sulla difensiva. Il budget e gli investimenti previsti per il 2020 sono stati rivisti al ribasso (-16% investimenti rispetto a quelli previsti). Il management della società ha deciso di attendere, stringendo i denti, che la crisi passi e in attesa di tempi migliori. Il vice presidente di Gazprom, Famil Sadygov, ha già annunciato una previsione di crescita dei volumi di gas esportati verso l’Europa nel 2021 a 183 miliardi mc.
Deboli segnali di ripresa che tuttavia non sono sufficienti a bilanciare gli elementi strutturali critici verso il mercato europeo. Pipeline e contratti di lungo termine non saranno più sufficienti a garantire un ritorno economico e una posizione di predominanza come negli ultimi decenni. Come già anticipato da altri studi, sarà necessario ripensare la strategia verso il continente europeo in ottica non solo adattiva, ma anche preventiva rispetto a quelli che sono i piani climatici di Bruxelles e a una maggiore presenza di altri competitors nel mercato europeo del gas.
Nikos Belomor