La “corsa ai vaccini” ha un tenace (e controverso) protagonista: lo Sputnik V. Economico e maneggevole, anche l’UE ora valuta di ordinarlo dopo i ritardi di Pfizer e AstraZeneca. Ma il suo successo dipenderà anche dalla rapidità di distribuzione e somministrazione (finora non entusiasmante)
Nell’ottobre 1957, quando un team di scienziati sovietici riuscì a inviare il primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra dal cosmodromo di Bajkonur (Kazakistan), parti della stampa statunitense e dell’amministrazione Eisenhower presero ad apostrofare l’evento come “Sputnik moment” [1]: la circostanza che fece maturare a Washington un angoscioso senso di arretratezza tecnica (poco importa se effettiva o presunta) nei confronti del sino ad allora sottovalutato avversario sovietico, dal quale scaturì l’iconica “corsa allo spazio” novecentesca – caratterizzata dalla storica escursione spaziale di Jurij Gagarin (aprile 1961) e culminata con il “grande balzo per l’umanità” della missione lunare Apollo 11 (luglio 1969).
A distanza di più di mezzo secolo – con un’Unione Sovietica in meno e una pandemia da coronavirus in più – si è riproposta una peculiare competizione tecnica coinvolgente non più solo Mosca e Washington, ma gran parte del mondo sviluppato: la “corsa ai vaccini”. Una sfida che se il cosiddetto Occidente ha preferito declinare in senso quasi esclusivamente imprenditoriale-privatistico, promuovendo perciò gli sforzi di Pfizer, AstraZeneca e Moderna (tra le principali), in Oriente ha avuto un marcato carattere statuale: non è un caso che sia i vaccini cinesi (su tutti quello prodotto dalla società statale Sinopharm) sia quello russo (lo Sputnik V) costituiscano il prodotto di veri e propri “ricerca e sviluppo di Stato”. Una differenza che oltre a essere sostanziale è del tutto politicamente rilevante, dal momento che il vaccino diviene strumento diplomatico e può essere esportato a condizioni favorevoli sulla base di alleanze e scelte geopolitiche (come fatto notare dall’analista di questioni russe Igor Pellicciari) [2].
Le autorità UE hanno aperto alla possibilità di prendere in considerazione anche lo Sputnik per vaccinare i circa 446 milioni di cittadini dell’Unione.
Cupcake Ipsum, 2015
A richiamare il summenzionato “Sputnik moment” è curiosamente proprio il sito web ufficiale dedicato al Gam-COVID-Vak [3], nome tecnico dello Sputnik V russo, il quale si fregia di essere “il primo vaccino registrato contro il Covid-19”. Il preparato immunizzante è frutto degli studi scientifici del Centro nazionale Gamaleja di Mosca, vera punta di diamante della vaccinologia nazionale, e dell’apporto finanziario del Fondo (sovrano) russo per gli investimenti diretti. Se il tasso di efficacia dello Sputnik è grossomodo corrispondente a quello dei competitors privati sul mercato (91,4%, quindi saldamente nella fascia standard 90-95%), la differenza fondamentale sta tutta nella facilità di conservazione e nel prezzo: una dose di prototipo russo è conservabile tra i 2 e gli 8 gradi Celsius (come per quello di AstraZeneca, ma non come i -70° C richiesti da quello Pfizer) e si aggira infatti sui 9 dollari – significativamente meno rispetto ai già approvati omologhi prodotti da Moderna ($18) e Pfizer ($12), ma assai di più rispetto al vaccino di AstraZeneca e Oxford ($1,78), d’imminente approvazione in UE, o rispetto a quelli sviluppati da Sanofi/GSK ($7,56) e Johnson & Johnson ($8,50) [4].
Il prossimo vaccino in via di approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) è appunto quello di AstraZeneca – ma negli ultimi giorni, contemporaneamente al clamoroso calo di forniture da parte di Pfizer (e ai conseguenti malumori preludio d’inevitabili strascichi legali), le autorità UE hanno aperto alla possibilità di prendere in considerazione anche lo Sputnik per vaccinare i circa 446 milioni di cittadini dell’Unione. Un primo, sorprendente, passo in avanti è stato compiuto dal Governo di Viktor Orbán in Ungheria, con l’autorità di controllo farmaceutica nazionale che ha dato il via libera all’acquisto di “grandi quantità” di prodotto russo. L’apertura del mercato europeo allo Sputnik consentirebbe a quest’ultimo di acquisire un vero e proprio carattere globale. Finora (come si vede nella mappa, risalente a inizio dicembre 2020), gran parte delle esportazioni del vaccino russo si è rivolta al mercato asiatico (Cina, Corea del Sud, India, Kazakistan, Nepal, Uzbekistan), a quello est-europeo (Bielorussia, Serbia e la già menzionata Ungheria), a parte del MENA (Algeria, Egitto e Israele) e all’America Latina (Argentina, Bolivia, Brasile, Messico, Paraguay, Venezuela). Da notare peraltro come alcuni – in particolar modo Brasilia, Seul e Nuova Delhi – abbiano concordato con Mosca di produrre sul proprio territorio nazionale la quasi totalità dei vaccini Sputnik [5].
Quanto al piano interno, la vaccinazione di massa partita a dicembre ha sinora coinvolto circa un milione di cittadini russi, un numero peraltro esiguo se raffrontato al resto del mondo, sia in termini assoluti sia in rapporto alla popolazione: nel primo parametro, il milione di dosi somministrate pone la Russia al dodicesimo posto mondiale – dietro tra gli altri a Stati Uniti (22,73 mln), Cina (15), Regno Unito (7,04), Israele (3,88), India (2,02), Germania (1,78) e Italia (1,43); nel secondo, il rapporto 0,7 vaccini per 100 abitanti fa della Russia addirittura il quarantaduesimo Paese al mondo – dietro tra gli altri a Israele (44,9), Regno Unito (10,4), Stati Uniti (6,9), Italia (2,4), Germania (2,1), Francia (1,6) e Cina (1) [6].
Numeri ancora molto contenuti nei confini patri, che mal si confanno al ruolo internazionale di prim’ordine che il Cremlino intende affidare allo Sputnik. E lo sono ancora di più in concomitanza con l’apertura di una fase che, analogamente al post-1957, sarà verosimilmente caratterizzata da una competizione a tratti inesorabile (perché pur sempre di mercato si tratta), dove non si può rimanere indietro. Lo “Sputnik moment” insegna. E ora come allora, la sfida tecnica sarà profondamente intrisa di politica.
[1] Che Foreign Affairs ha invece preferito riferire, nelle circostanze attuali, alla competizione sino-statunitense, in: Brank Milanovic, “Is the PandemicChina’s Sputnik Moment?” Foreign Affairs, https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2020-05-12/pandemic-chinas-sputnik-moment.
[2] Igor Pellicciari, “Se il Vaccino di Stato È un Vantaggio per Russia e Cina. Scrive Pellicciari,” Formiche, 6 dicembre 2020, https://formiche.net/2020/12/geopolitica-del-vacino-pellicciari/.
[3] “Sputnik Moment,” Sputnik V,https://sputnikvaccine.com/sputnik-moment/.
[4] Sarah Boseley, “Belgian Minister Tweets EU’s CovidVaccine Price List to Anger of Manufacturers,”Guardian, 18 dicembre 2020, https://www.theguardian.com/world/2020/dec/18/belgian-minister-accidentally-tweets-eus-covid-vaccine-price-list.
[5]“Number of Doses of the COVID-19 Vaccine Sputnik V Ordered from Russia or Agreed to Be Produced Abroad as of January 22, 2021, by Country,” Statista, https://www.statista.com/statistics/1123927/sputnik-v-exports-from-russia-by-country/.
[6] “Coronavirus (COVID-19) Vaccinations,” Our World in Data, consultato il 26 gennaio 2021, https://ourworldindata.org/covid-vaccinations.