Ancora una rivoluzione scuote il Kirghizistan, gettando ulteriori incognite sul futuro del fragile Paese centroasiatico.
Come in passato, il rovesciamento poggia le sue basi sul forte malcontento popolare, sapientemente orientato dalle forze di opposizione di turno, che esplode nelle piazze contro la corruzione dilagante e l’autoritarismo a cui, quasi naturalmente, tende ogni governo che si insedia a Bishkek. Il tutto in un contesto frammentato, fatto di differenze (e diffidenze) etniche, rapporti clanici e minacce fondamentaliste.
Che sia questo caos il prezzo da pagare per l’unica repubblica centroasiatica che ha tentato nella sua storia, fallendo ripetutamente, di instaurare un regime democratico?
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