PAS, il partito della presidente Maia Sandu, ha vinto le elezioni in Moldova ottenendo la maggioranza assoluta in Parlamento. Si tratta del miglior risultato mai ottenuto da un singolo partito nella storia della Repubblica. Schiacciante la vittoria anche all’estero, dove oltre l’86% dei votanti ha scelto la forza filo-europeista.
Domenica 11 luglio si sono tenute le elezioni parlamentari anticipate in Moldova, che hanno visto un’affluenza del 48,41%. Degli oltre 23 partiti registrati per i 101 posti a disposizione, solo tre hanno superato la soglia di sbarramento e sono riusciti a entrare in Parlamento. Al primo posto, con circa il 52% dei voti, troviamo il Partito Azione e Solidarietà (PAS), fondato da Sandu e attualmente guidato da Igor Grosu. Se i risultati preliminari venissero confermati, otterrebbe 63 seggi, raggiungendo così la maggioranza assoluta senza il bisogno di alleanze. Si tratta di un successo importante perché questo consentirebbe di portare avanti il sistema di riforme promesso senza troppi ostacoli e garantirebbe più stabilità al Paese, perennemente diviso tra frazioni interne.
Al secondo posto troviamo il gruppo di coalizione filorusso formato da Socialisti e Comunisti, fermo intorno al 27%. Nato lo scorso maggio dall’alleanza dei partiti dei due ex Presidenti Igor Dodon e Vladimir Voronin, aveva attirato critiche proprio per via del loro trascorso, fatto di alti e bassi. Come prevedibile, ha ottenuto degli ottimi risultati sia in Transnistria che in Gagauzia (e nella vicina provincia di Taraclia), ma anche nella parte settentrionale del Paese. Bisogna però sottolineare che in queste aree l’affluenza è stata più bassa rispetto alle passate elezioni.
Il terzo partito che è riuscito a entrare in parlamento, superando di poco la soglia minima richiesta del 5%, è quello del sindaco di Orhei, Ilan Șor, filorusso ed euroscettico. Non è invece riuscito a ottenere i voti necessari Renato Usatîi, uno dei protagonisti delle ultimi elezioni presidenziali. La diaspora, che costituisce circa un terzo degli aventi diritto al voto, anche in questo caso ha avuto un peso importante. L’86,23% dei votanti ha espresso il proprio sostegno in favore di PAS. Sicuramente il partito filo-europeista avrebbe vinto in ogni caso. Ha infatti ottenuto consensi enormi sia nella capitale che nelle aree rurali. Ma grazie ai voti dei cittadini residenti all’estero ha superato abbondantemente il numero di seggi richiesti per avere la maggioranza, ottenendo una netta vittoria e una più ampia capacità decisionale.
Per comprendere i motivi per cui si è arrivati alle elezioni parlamentari anticipate occorre fare un passo indietro fino agli ultimi mesi dello scorso anno. A novembre la filo-europeista Maia Sandu, già ex Primo Ministro del Paese, ha vinto le elezioni presidenziali, per poi insediarsi ufficialmente il 24 dicembre 2020. Anche il quel caso la sua vittoria fu ampia e la diaspora ebbe un ruolo fondamentale. La Moldova è però una Repubblica parlamentare e, senza l’appoggio del parlamento, i poteri di Sandu erano molto limitati. Per questo motivo PAS propose la sfiducia dell’allora Primo Ministro Ion Chicu, che era stato votato dai membri del Partito Democratico e del Partito dei Socialisti. Chicu si dimise invece spontaneamente il 23 dicembre, dando il via a una situazione di stallo durata fino ad ora.
Da quel momento in poi sono state proposte diverse figure per ricoprire il ruolo di Primo Ministro, con l’intento di creare un governo provvisorio in grado di mandare avanti il Paese fino alle successive elezioni. Sandu ha nominato per ben due volte Natalia Gavrilița e successivamente Igor Grosu, ma nessuno dei due ha ottenuto la fiducia in Parlamento. Per questo motivo ha tentato di sciogliere il Parlamento e di indire nuove elezioni, ma non senza difficoltà. Questa azione è infatti vietata dalla Costituzione durante lo stato d’emergenza, che in Moldova era stato dichiarato a fine marzo. Il 28 aprile, infine, la Corte costituzionale ha definito incostituzionale il suddetto stato e Sandu ha potuto firmare il decreto per dissolvere il Parlamento e indire le elezioni per l’11 luglio. Lo stato d’emergenza era stato fortemente voluto dai Socialisti, che probabilmente prevedevano una sconfitta in caso di elezioni anticipate, come poi è stato.
Andando oltre la classica contrapposizione tra filo-europeisti e filo-russi in cui si è soliti cadere quando si parla di Moldova, questa vittoria ha anche un altro significato. Maia Sandu e il suo partito rappresentano più che altro un cambiamento e la voglia di uscire fuori dai soliti schemi presenti in uno dei Paesi col più alto tasso di corruzione d’Europa. Dopo che i primi risultati sono stati resi noti la Presidente moldova ha dichiarato che spera che questa “possa essere la fine di un’era difficile”.
Sicuramente la politica estera continuerà ad essere uno dei punti principali dell’agenda del nuovo governo e l’avvicinamento con Bruxelles sarà sempre più forte. È arrivato subito anche il messaggio di congratulazioni e sostegno da parte di Klaus Iohannis, presidente della Romania. Ha affermato che il Paese sarà accanto alla Moldova nel nuovo percorso di riforme che verrà intrapreso. La strada verso l’integrazione europea europea ora sembra sempre più possibile, ma non bisogna dimenticare gli interessi russi in Transnistria. Sicuramente il nuovo governo avrà un approccio pragmatico nei confronti di Mosca, ma alcune recenti dichiarazioni di Sandu hanno già infastidito la potenza eurasiatica.