Gli eventi delle ultime settimane – riguardanti il presunto accordo tra il governo del Mali e la compagnia russa Wagner – hanno riacceso i riflettori sulle attività di Mosca nel continente africano. Tali sviluppi ci offrono la possibilità di riflettere su quali siano gli interessi e gli orizzonti strategici e ideologici della Russia in Africa. Soffermandoci con particolare attenzione sulla tela dei rapporti tra Mosca e Bamako.
Il risveglio dell’interesse russo per l’Africa è databile all’inizio di questo secolo, con il nuovo indirizzo di politica estera delineato da Vladimir Putin volto al ritorno del Paese al ruolo di grande potenza. Su un piano più concreto, invece, il tour del 2009 del presidente della Federazione Medvedev in Egitto, Nigeria, Angola e Namibia è stato uno dei primi passi effettivi per il ritorno di Mosca nel continente africano[1]. Postura confermata, dieci anni più tardi, da un altro evento decisivo: il forum economico Russia-Africa dell’ottobre 2019 svoltosi a Soči. Dove, alla presenza di oltre 6000 delegati provenienti da 104 Paesi e 40 capi di Stato africani, erano stati siglati più di 50 accordi commerciali dal valore di 12 miliardi di dollari[2]. Contratti importanti non solo sul piano economico ma, soprattutto, su quello simbolico.
A guidare tale penetrazione è un misto di idealismo e pragmatismo[3]. Da una parte, vi è la volontà di consolidare la posizione della Federazione nello scenario globale coltivando alleanze con i Paesi africani. Con l’intento, così, di rafforzare la visione di un mondo multipolare – di cui Mosca è una delle protagoniste. Dall’altra, vi è una dimensione pragmatica. La pressione economica occidentale ha reso necessaria l’esigenza di trovare nuovi mercati e nuove partnership commerciali. Il volume complessivo degli scambi economici con l’Africa è in crescita, anche se quest’ultimo non è però minimamente paragonabile con quelli dell’Unione Europea, della Cina o degli Stati Uniti.
A trainare l’export è soprattutto il comparto degli armamenti. Nel quadriennio 2016-20, Mosca è stata la principale esportatrice di armi nella regione subsahariana con una quota di mercato del 30%. In più, nel Nordafrica troviamo due dei quattro maggiori importatori di armi russe – Algeria ed Egitto[4]. Tali affari non sono guidati solo da motivazioni economiche, ma sono degli utili tasselli verso l’incremento del peso geopolitico della Federazione nelle varie nazioni coinvolte. Dal 2015, la Russia ha concluso più di 20 accordi di cooperazione bilaterale con gli Stati africani. L’ultimo con la Nigeria, lo scorso 25 agosto, per la fornitura di attrezzature militari e l’addestramento delle forze armate nigeriane.
In aggiunta, la presenza economica russa nel continente africano è particolarmente concentrata in due settori: energetico e minerario. Nel primo, operano le compagnie russe Rosneft, Gazprom e Lukoil con progetti attivi in Ghana, Algeria, Egitto, Mozambico, Camerun e Nigeria. Mentre la compagnia nucleare di Stato, Rosatom, è impegnata sia in Egitto che in Nigeria nella costruzione di alcuni impianti. A dimostrazione di come la cooperazione energetica con gli Stati africani vada anche oltre le fonti fossili. Nel campo minerario, invece, le imprese russe sono impegnate nell’estrazione di diamanti in Angola, platino in Zimbabwe e bauxite in Guinea. A cui bisogna aggiungere le miniere di oro, diamanti e uranio nella Repubblica Centrafricana – su cui Mosca esercita una notevole influenza.
A chiudere il cerchio dell’attivismo russo in Africa è la presenza delle PMC (private military companies) russe – che operano sul continente con migliaia di mercenari. Questi ultimi sono impegnati in varie attività: difesa delle attività di estrazione mineraria, addestramento militare e protezione di figure di alto livello. La loro presenza è confermata in Libia, Repubblica Centrafricana, Sudan, Zimbabwe, Angola, Madagascar, Guinea, Guinea Bissau, Mozambico e Repubblica Democratica del Congo[5]. Tali forze offrono un indubbio vantaggio alla Russia, essendo delle perfette teste di ponte per guadagnare influenza in contesti instabili e costituendo una componente chiave della sua strategia di “guerra ibrida”. Alla luce degli ultimi eventi sembrerebbe sempre più vicino il loro impiego in un ulteriore teatro operativo, il Mali.
La crescente influenza russa su Bamako
Le rivelazioni fatte da alcuni diplomatici europei alla Reuters – circa un accordo prossimo alla chiusura tra Bamako e il gruppo Wagner per l’impiego dei suoi mercenari nel Paese – hanno contribuito a riaccendere i riflettori sul Mali e sui contrasti franco-russi in terra d’Africa. Parigi è seriamente preoccupata che quest’azione contribuisca a indebolire ancora di più la sua influenza sull’ex colonia, e che vada a minare i suoi sforzi contro il terrorismo nel Sahel – in un momento in cui sono in corso delle riflessioni sulla composizione della missione Barkhane.
In realtà, l’interesse di Mosca per il Mali non è qualcosa di nuovo e tale accordo – se confermato – costituirebbe la fine di un processo iniziato da tempo. Il progetto russo assomiglia ad un tela ricamata con cautela, il cui obiettivo è sottrarre il Paese africano all’influenza francese sfruttando i sentimenti anti-coloniali presenti nella società maliana. I primi rumors risalgono già al 2018, ma è nel 2019 che la Federazione ottiene il primo successo con la firma di un accordo di cooperazione militare con il Mali. Seguiranno, nell’agosto del 2020, le accuse relative al coinvolgimento di Mosca nel colpo di stato a Bamako. Azione orchestrata da alcuni membri di alto livello dell’esercito maliano – guidati da Assimi Goita – ritornati da un addestramento militare di due mesi in Russia appena una settimana prima[6]. Il colonnello Goita – ora Presidente ad interim del Mali – si è reso protagonista di un secondo colpo di stato. Nel maggio 2021, infatti, ha deposto il presidente e il primo ministro del Paese saheliano in quanto contrario all’estromissione dal governo del ministro della Difesa, Sadio Camara. Anche quest’ultimo legato a doppio filo con Mosca, dove ha studiato per un anno in un collegio superiore militare[7].
Non è difficile ipotizzare qualche coordinamento tra tali personalità e le mire russe sul Paese. Camara – oggi a capo del ministero che avrebbe concluso un accordo con il gruppo Wagner – si è reso protagonista a luglio di una visita a Mosca dove avrebbe anche assistito ad una esercitazione di carri armati[8]. Parafrasando Agatha Christie, «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Niente di più idoneo per descrivere la situazione.
L’azione di Mosca non si è fermata solo allo sviluppo di legami coi vertici militari del Paese, ma si è orientata anche ad azioni di guerra informativa per conquistare il sostegno della popolazione maliana – esacerbando i già attivi sentimenti anti-francesi. Per rafforzare la sua immagine nella società, ha inoltre sostenuto alcuni movimenti locali quali i cosiddetti “patrioti” o il movimento giovanile per il sostegno alla cooperazione Mali-Russia (MNJSC Mali-Russia). Questi ultimi, il 28 maggio scorso, hanno manifestato davanti all’ambasciata russa di Bamako per chiedere l’intervento militare di Mosca in funzione anti-francese[9].
Di fronte a tali eventi, la piccata reazione di Parigi dopo l’esclusiva della Reuters è pienamente comprensibile. La Francia si rende conto che gli sforzi profusi per il Paese africano – per ultimo l’uccisione del leader dello Stato Islamico nel Grande Sahara, al Sahraoui – rischiano di essere vani. Ma il passato coloniale pesa. E gli sforzi russi volti ad aprire tali ferite stanno lentamente dando i loro frutti.
[1] Russia in Africa, European Parliamentary Research Service, novembre 2019, https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/642283/EPRS_BRI(2019)642283_EN.pdf.
[2] Russia return to Africa with a bang, The Standard, novembre 2019, https://www.thestandard.co.zw/2019/11/02/russia-returns-africa-bang/.
[3] Pragmatism and ideology drive Kremlin’s interest in Africa, The Guardian, giugno 2019, https://www.theguardian.com/world/2019/jun/11/pragmatism-and-ideology-drive-kremlins-interest-in-africa.
[4] Trends in international arm affairs 2020, SIPRI, https://www.sipri.org/sites/default/files/2021-03/fs_2103_at_2020_v2.pdf.
[5] Russia’s Wagner Group reportedly deployed in Africa, aa.com, marzo 2021, https://www.aa.com.tr/en/world/russias-wagner-group-reportedly-deployed-in-africa/2165414.
[6] Russia’s Strategy in Africa, Global Risk Insight, ottobre 2020, https://globalriskinsights.com/2020/10/russias-strategy-in-africa/.
[7] The Russia factor may partially explain France’s divergent policies in Chad and Mali, Euronews, luglio 2021, https://www.euronews.com/2021/07/06/the-russia-factor-may-partially-explain-france-s-divergent-policies-in-chad-and-mali-view.
[8] France up in arms over prospect of Russian mercenaries training soldiers in Mali, rfi, settembre 2021, https://www.rfi.fr/en/france/20210916-france-angry-prospect-wagner-russia-mercenaries-training-soldiers-mali-junta.
[9] Proteste in Mali per un intervento russo in funzione anti-francese, Osservatorio Russia, maggio 2021, https://www.facebook.com/OsservatorioRussia/posts/2864488963793190.