La recente, grande esercitazione militare Zapad 2021, tenutasi a metà settembre in Europa, ha coinvolto principalmente le forze armate russe e bielorusse. Se da un punto di vista tecnico essa ha dato ai due alleati la possibilità di sperimentare le proprie capacità di coordinamento ed interoperabilità, sotto l’aspetto politico essa ha rivelato un rinsaldato legame Minsk e Mosca, confermando al contempo i limiti dell’integrazione militare in virtù di un’ancora reticente Bielorussia. Zapad 2021 ha anche fornito l’occasione all’India ed alla Cina di comunicare all’Occidente rispettivamente una crescente sfiducia e l’esistenza di margini di dialogo con l’Europa in un contesto di tensioni crescenti.
L’esercitazione Zapad 2021
Zapad 2021 è solo una delle quattro grandi esercitazioni che coinvolgono le forze armate russe ed i propri alleati. Queste prendono nome dai maggiori teatri di guerra previsti dalla dottrina di difesa militare russa, rispettivamente Zapad (Occidente), Kavkaz (Caucaso), Tsentr (Centro) e Vostok (Oriente).
Zapad è stata l’esercitazione più grande d’Europa dell’ultimo quarantennio, coinvolgendo principalmente le forze armate russe e bielorusse, che hanno simulato la risposta ad un attacco militare proveniente da Occidente. Con Zapad Mosca e Minsk hanno voluto simulare un’escalation convenzionale e (potenzialmente) nucleare, i cui alti costi dovrebbero dissuadere gli alti gradi delle forze armate occidentali dall’attuazione di qualsiasi opzione militare nei confronti dei due Paesi.
L’edizione del 2021 diverge da quella del 2017 sotto molteplici profili. Secondo Eugene Rumer, Senior Fellow presso Carnegie, in Zapad 2021 sono stati coinvolti un numero maggiore di effettivi, rispetto ai 70-60 mila del 2017. Si tratta però di un dato difficile da verificare. Ufficialmente, infatti, partecipano 12.800 uomini, un dato aggiustato per non aggirare i limiti del Documento di Vienna, che impone un limite di 13.000. Allo stesso tempo i 200.000 dichiarati da Mosca, sembrano essere superiori al reale. Quest’anno si è anche assistito alla rappresentanza del Kazakistan (50 uomini) e un’inaspettata presenza indiana, che contrasta con la decisione cinese di non partecipare, nemmeno a livello simbolico.
Nonostante ciò, l’esercitazione ha suscitato timori ed una copertura mediatica decisamente minore rispetto a Zapad 2017, questo anche perché è venuto a mancare il megafono ucraino. Rispetto all’amministrazione Porošenko, quella di Zelenskij, data la sostituzione di Trump, è più sicura della solidità dell’appoggio occidentale e dunque meno incentivata a tenere alta la tensione. Inoltre, non è interessata a distogliere l’attenzione dalle cruciali riforme interne, in particolare la legge sulla deoligarchizzazione, considerata la ragione per l’attentato di Sergej Šefir, assistente del Presidente.
Nel 2021 è anche cambiato lo scenario simulato. In precedenza, si è sempre trattato di un’invasione di Stati immaginari (di solito ricalcanti la Polonia e le Repubbliche Baltiche), quest’anno affiancati da due nuovi attori. Un movimento insurrezionale interno, che appoggiato da sponsor stranieri, ma incapace di prendere il potere, finisce per essere sostenuto con intervento diretto. Il secondo è la Repubblica Polare un’ulteriore Stato fittizio ricalcante la Norvegia o la Svezia, segnalando la crescente preoccupazione russa per l’imponente riarmo dei due Paesi e alla più stretta collaborazione di Stoccolma con la NATO. Infine, quest’ultima edizione è peculiare per l’utilizzo di poligoni di tiro ben più vicini ai confini NATO rispetto al passato in risposta alle crescenti attività dell’Alleanza Atlantica ai confini russi.
Una presenza sorprendente e una grande assente
L’assenza di una forza anche solo simbolica di Pechino (che ha invece partecipato a Kavkaz 2020 e a Zapad/Interaction 2021) segna la volontà cinese di continuare ad operare una distinzione tra Europa e Stati Uniti, evitandone l’accorpamento nella singola categoria “Occidente”. Il Cremlino la pensa diversamente, come dimostrato dalle parole di Lavrov in occasione della visita di Josep Borrell a Mosca.
La Cina intende mantenere una neutralità nelle tensioni tra Mosca ed Europa, non inserendosi in una dinamica di contrapposizione geopolitica globale che includa il Vecchio Mondo, nonostante il recente attivismo nella regione da parte di Parigi e Londra. Pechino è convinta ci siano ancora spazi di manovra per costruire rapporti amichevoli, anche in virtù della sua posizione di primo partner commerciale della maggior parte degli Stati del continente, nonché della sua special relationship con Berlino. In poche parole, non c’è bisogno di dare più argomenti a quelle fazioni atlantiste che vorrebbero un maggiore coinvolgimento nel Pacifico a fianco di Washington.
L’assenza cinese è però compensata con la presenza indiana. La sua (ridotta) presenza a fianco della Russia, importante partner strategico e fornitore di armamenti, non cancella il suo ruolo nel Quad, la “NATO del Pacifico” pensata dagli USA. Tuttavia, Nuova Delhi si sente abbandonata dai propri alleati. La presa del potere dei Talebani in Afghanistan è stata percepita come una vittoria indiretta del Pakistan. Per gli indiani, Islamabad è ora capace di costituire un arco settentrionale anti-indiano con possibili gravi conseguenze sulla tenuta del Kashmir indiano. Una situazione da cui non si è sentita tutelata, ma per la quale, di fronte al rischio di un espansionismo cinese in Asia centrale, non può che continuare ad appoggiarsi agli USA. Ciò non toglie che Nuova Delhi sia irritata dalla secondarietà con cui viene trattata, recentemente confermata dall’iniziativa AUKUS, con cui l’Australia sembra essere confermata perno di un Quad in cui l’India teme di essere uno junior partner. Partecipando a Zapad 2021, l’India comunica che, qualora i suoi interessi strategici non vengano presi in maggiore considerazione, esistono margini di manovra per approfondire la cooperazione militare con i russi anche grazie alla cornice fornita dall’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO).
Mosca e Minsk, integrati, ma non troppo
Zapad 2021 rivela come Russia e Bielorussia percepiscano sé stesse e la propria relazione in termini di sicurezza. Mosca si sente ancora militarmente inferiore nel fronte occidentale. Zapad 2021 assolve appunto ad una funzione di deterrenza, mostrando i rischi di una escalation convenzionale in Bielorussia, ancor prima di raggiungere il territorio russo. La Bielorussia è la strada più breve per Mosca, rendendo Minsk organica alla sicurezza stessa della Russia.
Si tratta di un avvertimento soprattutto a polacchi e baltici, volto a frenare le loro tentazioni qualora la situazione interna degenerasse fino all’insurrezione armata. L’inedito scenario di Zapad 2021 segnala anche che Mosca considera la stabilità interna bielorussa parte integrante della propria sicurezza nazionale. L’insurrezione armata è uno scenario poco probabile, ma che ha dei sostenitori tra gli oppositori, come ha rivelato il discorso di Valery Tsepkalo su Andrey Zeltsar, morto dopo aver ucciso un agente del KGB durante un’irruzione nel suo appartamento.
La dipendenza reciproca dei due Paesi dimostrata da Zapad 2021 è il segno di una piena integrazione militare in fieri o di una presenza militare russa fissa ai confini dell’UE? No, le ultime iniziative in questo campo piuttosto suggeriscono il contrario.
Mosca e Minsk sono reduci di mesi di negoziati e accordi in campo militare, che mostrano però, contrariamente a quanto sostenuto da commentatori quali Keir Giles il persistere della reticenza bielorussa ad una piena integrazione militare. A febbraio i due Paesi avevano, per la prima volta nella storia, firmato una partnership strategica quinquennale, che include numerose iniziative di addestramento comune in tutte le branche delle forze armate. L’iniziativa, però, non è stata seguita da una vera e propria rivoluzione nei rapporti militari tra i due Paesi. L’isolamento bielorusso nell’ultimo anno sembrava propizio per realizzare uno dei progetti di lunga data di Mosca, ossia la costruzione di basi militari fisse in territorio bielorusso. Oggi la Russia possiede solo due installazioni strategiche in Bielorussia, ma non vere e proprie basi. Si tratta del trasmettitore radio di Vilejka, usato per le comunicazioni radio con i sottomarini della flotta russa e della stazione radar di Gantsavičy, progettata per identificare i lanci di missili balistici dall’Europa occidentale ad una distanza di 2.000 km. In entrambi i casi ex-installazioni sovietiche.
Tra agosto e luglio, Mosca, forse sperando nell’isolamento di Minsk, ha riproposto il progetto, già rifiutato nel 2016, di una base area russa in territorio bielorusso. Lukašenko ha nuovamente rigettato l’offerta, sostenendo che, vista la vicinanza tra i due Paesi, non vi siano ragioni strategiche per giustificare una tale installazione. Il capo di Stato bielorusso crede che il rafforzamento del fianco occidentale possa passare attraverso nuove forniture di velivoli militari alla mal equipaggiata aeronautica bielorussa. La presenza fissa di militari russi in Bielorussia restringerebbe i margini di manovra delle autorità bielorusse, incrementando il rischio di interventi diretti russi come accaduto nel 2014 in Crimea.
Minsk non ha la stessa leva del 2016 e ha accettato un compromesso: missioni di pattuglia aerea mista con l’aeronautica russa, i cui aeromobili stazionano in Bielorussia con rotazione periodica e sotto il comando di Minsk. Si tratta di una prassi abbandonata nel 2016. Oltre a ciò, la regione di Grodno (al confine con la Polonia) ospiterà due centri di addestramento misti a cui si aggiungono altri due centri di addestramento congiunti ospitati in territorio russo. Tutte iniziative dirette a garantire maggiore armonizzazione tra le unità costituenti il Gruppo Regionale di Russia e Bielorussia (che include tutte le forze terrestri bielorusse ed il 1a Armata Carri della Guardia dell’esercito russo).
Una situazione relativamente soddisfacente per Minsk, che di fatto non ha ceduto sovranità e rinforza le proprie capacità difensive, ma meno per i russi, che ancora non coprono il fianco occidentale quanto desiderato.
Una strategia di lungo termine per Minsk
Nonostante il proprio isolamento, il governo bielorusso continua a puntare sulla resilienza di lungo periodo nella speranza di un futuro riallacciamento dei rapporti con gli attuali avversari geopolitici. Motivo per cui, se da una parte la Bielorussia cerca di coinvolgere maggiormente i russi nel rafforzamento difensivo ed economico del Paese, dall’altra evita di farlo prendendo decisioni irreversibili come basi permanenti russe in territorio bielorusso.
Zapad 2021 non segnala dunque un cambio d’atteggiamento bielorusso. L’attuale cornice dei rapporti militari tra Russia e Bielorussia rimane insoddisfacente per Mosca, attenta però a non entrare in conflitto con Lukašenko per paura di destabilizzare politicamente l’unico uomo in grado di governare il Paese. C’è però da aspettarsi che il Cremilino continuerà a premere su Lukašenko per maggiori concessioni, sfruttando le 28 roadmap d’integrazione e facendo leva sull’energia.
German Carboni