La Transcarpazia, regione più occidentale dell’Ucraina, confina con Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. La vicinanza con queste, e soprattutto con Varsavia e Budapest, la posizione strategica per il passaggio di risorse energetiche, nonché la presenza della minoranza Rusyn, rendono la regione vulnerabile alla guerra ibrida russa, spesso coadiuvata da potenti oligarchi.
La Transcarpazia (Zakarpats’ka Oblast’), chiamata anche Rutenia Subcarpatica, si estende sulle pendici meridionali dei Carpazi e confina con ben quattro Paesi europei: Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. Una posizione di grazia, sulla carta, per il governo di Kiev – data la possibilità di accesso immediato all’Europa centro-orientale – ma anche un potenziale cavallo di Troia russo nella regione.
Storicamente, la regione fu sotto il controllo della Rus’ di Kiev per un breve periodo e per ben dieci secoli sotto il controllo di Ungheria e Transilvania, occupando le contee magiare di Ugocsa, Ung, Bereg e Maramoros delimitate a nord dai Carpazi, confine naturale con la Galizia. In seguito fu parte dell’Impero austro-ungarico fino alla Prima guerra mondiale allorché, con la firma del Trattato del Trianon nel 1920, venne ceduta alla Cecoslovacchia. Dopo un breve ritorno all’Ungheria, durante il secondo conflitto mondiale, la regione fu occupata dall’Armata Rossa e nel 1945 entrò ufficialmente a far parte dell’Ucraina e, di conseguenza, dell’URSS[i].
Etnicamente e culturalmente, tuttavia, la Transcarpazia includeva anche la Galizia meridionale e la Bucovina settentrionale popolate, per secoli, da maggioranze a etnia ucraina e rutena (da cui l’etnonimo Rutenia Subcarpatica). Nonostante una certa omogeneità etnolinguistica, oggigiorno le differenze tra i due gruppi sono evidenti e offrono terreno fertile per fomentare ulteriori sentimenti separatisti – che sfruttano sia questioni inerenti all’approvvigionamento energetico, considerata la posizione strategica della Transcarpazia, sia la presenza di potenti oligarchi fedeli al Cremlino.
Infatti, se gli oblast’ Ivono-Frankivsk, Lviv e Ternopil (la Galizia orientale storica) sono i maggiori sostenitori del nazionalismo ucraino, la Transcarpazia è contraddistinta da sentimenti slavofili riassunti nell’idea di una Russia alla guida del movimento pan-slavista, basato sull’unità nazionale di russi, ucraini e bielorussi[ii]. Tale idea si diffuse nella regione già durante il periodo asburgico, poiché gli Slavi residenti della regione vedevano nello Zar il salvatore contro l’oppressore ungherese. Questa visione è tuttora presente nella regione e collegata soprattutto alla presenza della minoranza Rusyn in Transcarpazia.
L’identità nazionale di questo gruppo etnico, infatti, è stata per decenni costruita in opposizione a quella ucraina sulla base dei succitati sentimenti pan-slavisti. Ciò lo spinge a coltivare stretti rapporti con la Russia, visto anche che il governo di Kiev non riconosce ufficialmente la suddetta minoranza (a differenza di quella ungherese) poiché considerata un sottogruppo ucraino. Il separatismo Rusyn è fortemente combattuto in Ucraina, perché interpretato non come desiderio di riconoscimento della minoranza in quanto tale, ma come strumento nelle mani del Cremlino per sovvertire il concetto di identità ucraina.
Alcuni arrivano a sostenere anche che l’idea stessa della minoranza Rusyn, definita il quarto gruppo slavo orientale, sia in realtà uno stratagemma dell’Istituto di Studi Slavi e Balcanici di Mosca[iii]. Tale ente, spesso considerato longa manu dell’allora KGB, avrebbe creato ad hoc durante gli ultimi anni dell’Unione Sovietica l’idea di una minoranza Rusyn come quinta colonna per destabilizzare una già fragile identità nazionale ucraina.
Le fratture etniche interne e le tendenze anti-ucraine della Transcarpazia, nonché la sua posizione geografica di confine alimentano tensioni non solo all’interno dell’Ucraina, ma anche con i suoi vicini. Il tutto a vantaggio di Mosca. Ne è un esempio l’Ungheria, data la presenza in Transcarpazia di una numerosa minoranza magiara. Nel 2014, quando Viktor Orbán dichiarò che tale minoranza avrebbe dovuto ricevere la doppia cittadinanza e la possibilità di autogovernarsi, Mosca colse l’occasione per diffondere false notizie dando per certa l’acquisizione di autonomia da parte della comunità magiara[iv].
Anche la vicinanza con la Polonia potrebbe risultare utile a Mosca grazie alla possibile penetrazione attraverso il confine transcarpatico di gruppi estremisti polacchi filo-russi. È il caso dell’organizzazione polacca di estrema destra Falanga, caratterizzata da forte nazionalismo, antisemitismo e avversione nei confronti degli Usa e della Nato, nonché ammirazione per Putin. Falanga è stata accusata dell’incendio doloso appiccato nel 2018 presso la sede dell’Associazione Culturale Ungherese nella capitale della Transcarpazia, Užgorod – dietro il quale, secondo le autorità ucraine, si nasconderebbe la mano di Mosca. In generale, dopo l’annessione della Crimea e i numerosi episodi verificatisi nella città di Odessa, in Ucraina si fa strada l’impressione che il Cremlino stia incoraggiando l’idea di uno “Stato Rusyn”, la cosiddetta “Rus’ subcarpatica”, dando sostegno a figure quali Pëtr Gecko, proclamatosi primo ministro della Rus’ subcarpatica e fautore di iniziative per l’ottenimento dell’autonomia territoriale da Kiev[v].
L’energia è un’altra carta a disposizione di Mosca per esercitare pressioni su Kiev facendo leva sulla propria influenza in Trascarpazia: la vicinanza geografica di quest’ultima all’Ungheria e il supporto di potenti oligarchi giocano a favore della Russia. A titolo d’esempio, nell’ottobre di quest’anno Budapest ha firmato un contratto di 15 anni con Gazprom per l’approvvigionamento di gas. L’accordo penalizza l’Ucraina in quanto l’Ungheria riceverebbe 4,5 miliardi di metri cubi di gas attraverso il Turkish Stream, bypassando il Paese. La reazione di Kiev è stata immediata, con la minaccia di misure di contenimento che potrebbero implicare il coinvolgimento della Commissione Europea per verificare la validità dei termini del contratto, cosa che ha inasprito ulteriormente le relazioni tra i due vicini[vi]. Va ricordato inoltre che Budapest ha da tempo attivato una politica di distribuzione di passaporti ungheresi ai cittadini ucraini residenti nell’area di Berehove, città della Transcarpazia sul confine ungherese. Inoltre, come membro dell’UE e della NATO, l’Ungheria esercita attivamente il proprio veto per ostacolare l’adesione dell’Ucraina alle due organizzazioni.
Non mancano poi gli oligarchi fedeli al Cremlino, soprattutto per le questioni energetiche, nelle quali la Trancarpazia gioca un ruolo rilevante. La regione rappresenta, infatti, uno snodo energetico fondamentale per la forniture verso l’Europa, ospitando il tratto meridionale dell’oleodotto Druzhba, che collega la Russia all’Europa occidentale. L’infrastruttura, dalla storia tribolata, è stato al centro di un recente scandalo che ha coinvolto il potente oligarca Viktor Medvedčuk, cittadino ucraino e leader del partito di opposizione filorusso Piattaforma di Opposizione – Per la Vita. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la gestione del tratto fu acquisita dalla Russia ma, in seguito a sentenza del tribunale, venne trasferita all’Ucraina. Nel 2015, tuttavia, la sentenza è stata annullata e l’oleodotto è rientrato nuovamente in mano russa attraverso Transneft, che lo ha dato poi in gestione alla sussidiaria Prikarpatzahidtrans. Lo stesso anno, Transneft ha venduto Prikarpatzahidtrans alla International Trading Partners, di proprietà di Anatoly Shefer, cittadino tedesco. È noto che quest’ultimo intrattenga strette relazioni economiche con Medvedčuk che controlla, tra l’altro, il gruppo Proton Energy, operatore dell’infrastruttura.
Nell’ottobre di quest’anno Prikarpatzahidtrans è stata accusata da Kiev di avere smantellato illegalmente una parte del tratto, insieme a numerosi serbatoi, rimuovendone ben 33 km senza alcuna autorizzazione. L’azienda avrebbe segretamente interrato rifiuti pericolosi provenienti dai serbatoi smantellati per ottenere profitti[vii]. Medvedčuk, in qualità di precedente proprietario di Prikarpatzahidtrans, è stato immediatamente sospettato. Una possibile risposta alla decisione del presidente Volodymyr Zelenskij di nazionalizzare la parte ucraina del gasdotto e sanzionare l’oligarca e le sue aziende, tra cui anche canali televisivi. Medvedčuk si trova adesso agli arresti domiciliari[viii]. Un’operazione a sua volta da inquadrarsi, almeno ufficialmente, nell’ambito della lotta alla corruzione e al sistema oligarchico intrapresa dal presidente ucraino. Medvedčuk è stato, tra l’altro, accusato di diffondere propaganda russa attraverso i suoi canali televisivi, nonché di frenare l’avvicinamento del Paese verso la NATO e l’UE.
La Transcarpazia, con la sua peculiare posizione geografica, dimostrerebbe ancora una volta che le attività ibride del Cremlino non si focalizzano esclusivamente su regioni collocate in prossimità dei propri confini. Le numerose campagne di disinformazione imperniate sullo sfruttamento dell’etnia Rusyn, nonché la cooperazione attiva di oligarchi in settori chiave, come quello energetico, contribuiscono indubbiamente a destabilizzare la regione, con il rischio che possa trasformarsi in un nuovo Donbass.
E, considerata la vicinanza geografica della Transcarpazia all’UE, questa prospettiva potrebbe non essere passata inosservata a Mosca. Le tendenze di estrema destra che si stanno manifestando in alcuni membri dell’UE, come l’Ungheria e la Polonia, potrebbero essere sfruttate dal Cremlino quantomeno per estendere la propria influenza nell’Europa centro-occidentale. Il discorso energetico è un tassello fondamentale in tal senso. Una volta giunto a pieno regime il Nord Stream 2, ad esempio, la Russia potrà teoricamente fare a meno dell’Ucraina come paese di transito per distribuire le sue risorse in Europa occidentale.
In un simile contesto, attività come l’unilaterale smantellamento del Druzhba, coadiuvato da oligarchi come Medvedčuk, e la presenza di una minoranza Rusyn sempre più vicina a Mosca, suggerirebbero che un futuro in tale direzione potrebbe non essere così ipotetico.
Laura Pennisi
Riferimenti
[i] Bachmann K., Lyubashenko I. (2014)TheMaidan Uprising, Separatism and Foreign Intervention: Ukraine’s complex transition, ed. by Klaus Bachmann, and Igor Lyubashenko, Peter Lang GmbH, InternationalerVerlag der Wissenschaften, 2014, PP. 102-103.
[ii]Pereltsvaig A. (2014) The Rusyn Issue in Zakarpattia (Transcarpathia). Languages of the World. https://www.languagesoftheworld.info/russia-ukraine-and-the-caucasus/rusyn-issue-zakarpattia-transcarpathia.html17/11/2021.
[iii]HvatI. (2011) Україна в лещатах російських спецслужб. Radio Svaboda. https://www.radiosvoboda.org/a/24433107.html17/11/2021.
[iv]Moroz A., Klauziński S., Panyi S., Szczepaniak P., Szczygieł K. (2018). Western Ukraine Burning. How Russia Sets Fire to the Eu’s External Border. Vsquare.Org. https://vsquare.org/zakarpattia-western-ukraine-burning-how-russia-sets-fire-to-the-eus-external-border/18/11/2021.
[v]Lendel M., Nedelcu H., Panchuk D. (2020). Foreign interference in the Zakarpattia region of Ukraine: The 2019 elections and beyond.
[vi]Liskovych M. (2021) Ukraine – Hungary spat: Russia doing everything to pit neighbors against each other. Ukrinformhttps://www.ukrinform.net/rubric-polytics/3325594-ukraine-hungary-russia-doing-everything-to-pit-neighbors-against-each-other.html18/11/2021.
[vii]Semenova T. (2021) Zakarpattia on verge of ecological catastrophe, company allegedly linked to Medvedčuk to blame. Kyiv Post https://www.kyivpost.com/ukraine-politics/zakarpattia-on-verge-of-ecological-catastrophe-company-allegedly-linked-to-Medvedchuk-to-blame.html 16/11/2021.
[viii]Radio Free Europe/Radio Liberty (2021) Ukraine Extends House Arrest of Kremlin-Friendly Tycoon and Lawmaker Medvedchuk. https://www.rferl.org/a/ukraine-house-arrest-Medvedchuk/31440907.html17/11/2021.