Il fallimento dell’appuntamento elettorale libico ha dato importanti indicazioni alla Russia sul rapporto tra Khalifa Haftar e Saif al-Islam Gheddafi. I due, infatti, sono stati identificati da tempo come figure chiave per salvaguardare gli interessi russi nel Paese nordafricano. A sostegno di questi ultimi, sono state condotte anche delle importanti operazioni di info war.
A quasi un mese dal fallimento della prima data fissata per le elezioni libiche e con il rinvio della consultazione a data da destinarsi, l’incertezza nel Paese nordafricano è ancora molta. Nonostante i leader presenti alla conferenza internazionale sulla Libia, tenutasi il 12 novembre a Parigi, avessero rimarcato il loro pieno sostegno alla stabilizzazione del Paese nel rispetto dell’accordo sul cessate il fuoco del 23 ottobre 2020, l’esito era pressoché scontato. Infatti, in meno di un mese le parti libiche erano chiamate a trovare un accordo sulla nuova legge elettorale e la finestra temporale tra le elezioni presidenziali e quelle parlamentari offriva ai futuri sconfitti una grande opportunità per opporsi al risultato e far ripiombare il Paese nell’instabilità.
La Russia, dal canto proprio, aveva espresso il suo totale appoggio alle elezioni di dicembre. Quest’ultime erano state definite dall’inviato russo per il Medio Oriente e l’Africa, Mikhail Bogdanov, come un punto di partenza fondamentale per puntare alla stabilizzazione della Libia[1]. Nonostante il fallimento dell’appuntamento, il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov ha sottolineato come la priorità non deve essere il rispetto di una scadenza formale ma che il processo porti a un esito condiviso. Comunque, è da registrare l’apparente tranquillità con cui la campagna elettorale è stata vissuta. Mosca, infatti, si è mobilitata per tempo, puntando su due principali figure – oltre ai buoni rapporti con una serie di candidati minori – che le offrono un’adeguata sicurezza per la promozione dei suoi interessi. Anche nel caso in cui la prospettiva elettorale dovesse naufragare definitivamente.
La prima è quella del generale Khalifa Haftar, i cui legami con Mosca non sono certo una novità. Identificato quale l’uomo giusto per stabilizzare il Paese e combattere l’islamismo radicale, quest’ultimo è stato un attore chiave nell’engagement russo nella Libia post-Gheddafi[2]. Ma la luna di miele sembra essere finita. Dopo la fallita iniziativa militare dell’uomo forte della Cirenaica nel 2019, la sua figura è diventata ancor più divisiva all’interno del Paese. Il Cremlino sembra, infatti, aver deciso di puntare con sempre più convinzione sull’agenda democratica promossa dalle Nazioni Unite per salvaguardare le posizioni guadagnate negli ultimi anni. E a tal fine, ha incominciato a guardarsi intorno in cerca di potenziali alternative.
L’alternativa ha un nome ed un cognome (pesante) ben definiti: Saif al-Islam Gheddafi, secondogenito del defunto rais libico. Catturato dai combattenti alla fine del 2011 e rimasto sino al 2017 sotto prigionia della Brigata Abu Bakr al-Siddiq, Saif al-Islam ha, in realtà, lanciato la sua candidatura alle elezioni libiche già in un intervista al New York Times durante l’estate scorsa. Qui si è presentato come un leader riformatore e ha sottolineato la presunta nostalgia dei libici per la stabilità durante il regime di suo padre. La sua ascesa è strettamente intrecciata all’aiuto ricevuto dalla Russia, che vede in lui il sostituto ideale per portare avanti ciò che Haftar non può più offrire: un’ipotetica stabilità della Libia.
Il corteggiamento di Mosca verso quest’ultimo parte da lontano e secondo alcuni analisti si tratterebbe addirittura di un progetto personale di Prigozhin, il famoso “chef di Putin”. Secondo Bloomberg[3], i contatti tra le parti iniziano ad intensificarsi nel 2019. Inizialmente il rapporto di collaborazione si instaura per altri motivi. Saif al-Islam, infatti, voleva fornire alla Russia del materiale compromettente su alcuni politici occidentali che avevano ricevuto dei finanziamenti elettorali dalla sua famiglia. In tale frangente, i russi gli avrebbe fatto capire chiaramente che non erano interessati al materiale offerto ma che avevano progetti più grandi in mente. Presumibilmente la guida della Libia.
Il tema sarà al centro di uno dei tanti incontri tra il figlio di Gheddafi e Maxim Shugaley, sociologo e consulente politico. Qui gli vengono presentati alcuni sondaggi russi che dimostrano che, dopo la guerra civile, la nostalgia per il vecchio regime del padre è ancora forte. Il sostegno di Mosca a Saif al-Islam è chiaramente sul tavolo. Shugaley e il suo traduttore, Samir Seifan, vengono però arrestati a Tripoli nel maggio 2019. L’accusa delle autorità libiche è di ingerenza elettorale e di spionaggio. Forse una contromossa turca all’attivismo russo. Comunque, al momento dell’arresto, i due impiegati della Fondazione per la Difesa dei valori – organizzazione che secondo gli Stati Uniti è legata al network di Prigozhin – vengono colti con le mani nel sacco. Ancora secondo quanto riporta Bloomberg, i documenti digitali in possesso di quest’ultimi rivelano il loro coinvolgimento nella creazione di fabbriche di troll e in una vasta campagna di disinformazione, anche a sostegno di Gheddafi jr.
L’info war russa in Libia e il rapporto tra il generale e il figlio del rais
Il lavoro di approfondimento condotto dal Dossier Center e dall’Internet Observatory di Stanford rivela una vera e propria guerra informativa messa in atto dal network di Prigozhin nel Paese nordafricano[4]. Operazione che riflette la doppia scommessa di Mosca in corso in Libia. Infatti, oltre alla creazione di migliaia di pagine Facebook per supportare le figure di Haftar e Saif al-Islam, la campagna si è concentrata anche sulle fonti di informazione tradizionali: tv e stampa. Tale azione si è mossa lungo due direttrici: acquisire il 50% dell’ex tv di Stato libica e creare un giornale pro-LNA, “Voice of the People”.
Per quanto riguarda la prima, il supporto tecnico e finanziario russo alla stazione televisiva Aljamahiria TV inizia dal gennaio 2019. La linea editoriale portata avanti è chiara: supporto incondizionato a Saif al-Islam e condivisione di contenuti nostalgici sul padre, Mu’ammar Gheddafi. Tranne una breve parentesi, nel dicembre 2019, dove si invitavano i giovani libici a combattere con l’esercito nazionale libico (LNA), il canale non risparmia critiche nemmeno al generale Haftar, definito un criminale di guerra. Dall’altra parte, sempre dal gennaio 2019, incomincia a circolare The Voice of People nei territori controllati dall’LNA. Qui l’impostazione dei contenuti è radicalmente opposta: critiche al Governo di Accordo Nazionale (GNA) libico e promozione dell’immagine dell’uomo forte della Cirenaica.
Più volte Mosca avrebbe tentato di far convergere Haftar e Saif al-Islam verso un’unica posizione. Si vocifera che già a fine 2018 ci sia stato un contatto telefonico tra i due, ma che la conversazione non sia andata bene. In aggiunta, i russi avrebbero cercato di convincere il generale affinché supportasse il secondogenito di Gheddafi, ma quest’ultimo è rimasto inamovibile circa la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Nonostante la mancata creazione di un fronte unico, è comunque emerso nei mesi scorsi un minimo di collaborazione tra i due. Come faceva notare l’analista Tarek Megerisi – policy fellow presso l’European Council on Foreign Relations (Ecfr) – in un’intervista ad Agenzia Nova[5], il generale Haftar si è adoperato a rafforzare la sicurezza di Sebha proprio poche settimane prima che Gheddafi jr si recasse lì per presentare la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Segnale inequivocabile dell’esistenza di un coordinamento tra le due figure.
Coordinamento, dunque, ma anche rivalità. Il 24 novembre, infatti, in seguito alla momentanea esclusione di Saif al-Islam – reintegrato il 2 dicembre – dalla corsa elettorale, l’avvocato del figlio del rais ha annunciato immediatamente la volontà di fare ricorso. Il 26 novembre, però, il tribunale di Sebha è stato attaccato da alcune milizie impedendo di ricorrere momentaneamente in appello contro l’esclusione. Secondo fonti libiche, gli uomini armati erano appartenenti alla brigata Tariq Bin Ziyad in cui serve il figlio del generale Haftar, Saddam. Azione da inquadrare probabilmente come un tentativo dell’uomo forte della Cirenaica di impedire che Gheddafi jr impugnasse la sentenza. A dimostrazione delle frizioni comunque esistenti tra i due, in cui Mosca dovrà muoversi con cautela.
È assodato, quindi, che nella partita libica la Russia non stia puntando con forza su un solo giocatore, ma su due contemporaneamente come anche dimostrato dalla conduzione della campagna informativa su un duplice binario. Ad oggi, è ancora difficile identificare chi tra i due sia il piano A e chi sia l’alternativa. Forse, al momento, nemmeno Mosca ha ancora deciso. L’incertezza che avvolge la questione libica potrebbe ispirare prudenza e spingere a tenere più tavoli aperti possibili (compreso il mantenimento dello status quo). Una caratteristica, però, li accomuna. Entrambi, probabilmente, non saranno in grado di riunificare le Libie.
[1] Russia Support December Elections in Libya, Libya Review, https://libyareview.com/18682/russia-support-december-elections-in-libya/.
[2] La Russia è in Libia in cerca di riscatto, Osservatorio Russia, https://www.osservatoriorussia.com/2021/04/09/la-russia-e-in-libia-in-cerca-di-riscatto/.
[3] How a Russian Plan to Restore Qaddafi’s Regime Backfired, Bloomberg, https://www.bloomberg.com/news/features/2020-03-20/how-a-russian-plan-to-restore-qaddafi-s-libyan-regime-backfired.
[4] Blurring the lines of media authenticity: Prigozhin-linked group funding Libyan broadcast media, Stanford Internet Observatory, https://cyber.fsi.stanford.edu/io/news/libya-prigozhin.
[5] Libia, Megerisi (Ecfr): “Saif Islam Gheddafi ruberà voti a Dabaiba e Haftar”, Nova.news, https://www.nova.news/libia-megerisi-ecfr-saif-islam-gheddafi-rubera-voti-a-dabaiba-e-haftar/.