Le recenti dichiarazioni dell’Ucraina riguardanti la collaborazione tra Budapest e Mosca nel conflitto hanno riacceso la questione ungherese. Il Paese magiaro è sempre più sotto i riflettori per i suoi interessi e valori in comune con la Russia, oltre che per la personale amicizia tra Orbán e Putin.
Lo scorso 2 maggio il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale Ucraino Oleksij Danilov ha rilasciato delle dichiarazioni infuocate all’agenzia di stampa UNIAN, condannando apertamente l’esplicito legame dell’Ungheria con la Federazione Russa e affermando, inoltre, che Budapest sarebbe stata preventivamente avvertita da Putin sugli attacchi in Ucraina[i]. Secondo Danilov, Mosca avrebbe anche prospettato la possibilità per l’Ungheria di appropriarsi di parte del territorio ucraino – ovvero la Transcarpazia, sede di una cospicua minoranza magiara.
Tali dichiarazioni hanno fatto seguito alla recente rielezione di Orbán a primo ministro ungherese e alla sua decisione di non supportare le decisioni dell’UE al riguardo del conflitto in Ucraina. Tra queste, l’interruzione dell’acquisto di gas e petrolio russi in rubli. Ma a mettere in contrasto Bruxelles e Budapest è stata anche la scelta di quest’ultima di non permettere il passaggio di armamenti pesanti per l’Ucraina attraverso il proprio territorio, nonché il blocco di nuove possibili sanzioni contro la Russia provenienti dall’UE. Questi episodi rappresentano soltantola punta dell’iceberg di una tensione latente già da molti anni. Del resto, la vicinanza di Orbán alla Russia si è maggiormente evidenziata nel tempo, non solo per l’amicizia che lega i due, ma anche a causa della intransigente linea populista adottata dal suo partito Fidesz.
Eletto quattro volte primo ministro dell’Ungheria, sin dal 1998 Orbán ha mostrato un graduale distacco dalle iniziali politiche filoeuropee volte all’apertura dell’Ungheria verso un’economia di mercato e l’acquisizione di un ruolo sempre più attivo negli affari europei sancito dall’ingresso del paese nella NATO nel 1999. La successiva elezione del 2010 ha tuttavia registrato un’inversione di tendenza marcata da diversi, decisivi, avvenimenti. Innanzitutto, le modifiche apportate tra il 2010 e il 2011 alla costituzione ungherese verso l’adozione di politiche incentrate su valori religiosi e tradizionali analoghi a quelli promossi in Russia. Inoltre, sin dal 2010 Orbán ha lanciato diverse politiche economiche di apertura verso oriente promuovendo strette relazioni economiche con Pechino e Mosca. La prima, nell’ambito del suo ambizioso progetto One Belt One Road, ha fortemente investito nel Paese in vari progetti. L’opera considerata il cavallo di battaglia di questa alleanza economica è stata la costruzione della linea ferroviaria Budapest-Belgrado, inaugurata da Orbán e dal presidente serbo Vučić (recentemente rieletto e la cui vicinanza a Putin non è un segreto per la comunità internazionale).
Con la Russia i rapporti sono ancora più intensi se si considera che l’amicizia di lunga data tra i due leader ha chiaramente dato frutti anche dal punto di vista economico. In linea, infatti, con le politiche interne di riduzione delle spese delle utenze per le famiglie ungheresi, il primo ministro magiaro si è assicurato approvvigionamenti di energia russa a basso prezzo rinnovando il contratto con Gazprom nel 2015. Da notare che Putin stesso si è recato a Budapest per firmare l’accordo, aggiungendone uno ulteriore con la compagnia russa Rosatom per il finanziamento e la costruzione di una centrale nucleare nella cittadina ungherese di Paks. Le tendenze populiste e autoritarie sono state riconfermate a seguito della terza vittoria di Orbán, avvenuta nel 2014. Politiche più aggressive nei confronti dei media locali e della società civile rappresentata da numerose ONG, nonché iniziative nazionaliste e fortemente anti-migratorie sono stati i punti centrali delle critiche lanciate dai vicini europei.
La guerra in Ucraina ha addirittura accentuato le tendenze filorusse dell’Ungheria. E ciò suscita degli interrogativi sui possibili scenari riguardanti la vicina Transcarpazia, che come già detto è caratterizzata dalla presenza di ingenti comunità magiare. Quest’area, situata nell’Ucraina occidentale – proprio al confine con l’Ungheria – e che fino allo scoppio della Prima guerra mondiale si trovava sotto il controllo dell’impero austroungarico, è stata finanziata da almeno un decennio dal governo ungherese con somme equivalenti a 115 milioni di euro. Si tratta di un fattore aggiunto che alimenta i problemi già da tempo esistenti con il governo di Kiev, riguardanti l’uso di altre lingue oltre all’ucraino[ii]. Fatti non certo passati inosservati alla Russia, che li ha spesso sfruttati in suo favore. Basti pensare all’incidente provocato nel 2018 da alcuni cittadini polacchi membri dell’organizzazione pro-russa di estrema destra Falanga – che, travestiti da estremisti ucraini, hanno appiccato fuoco alla sede della minoranza magiara nella città transcarpatica di Uzhhorod[iii].
Tra l’altro, si deve ricordare che l’altro vicino di Budapest, Varsavia, è attualmente schierato in favore dell’Ucraina sia in linea di principio che materialmente. La posizione dell’Ungheria è stata infatti ampiamente criticata di recente dal leader del partito conservatore al potere Kaczynski, il quale si è espresso sulla questione in maniera esplicita[iv]. Ciò potrebbe anche avere ripercussioni per il futuro della cooperazione dei paesi Visegrad visto che, al momento, le relazioni diplomatiche tra l’Ungheria e la Polonia si trovano ai minimi storici.
A congiungere Orbán e Putin non è soltanto la loro amicizia (la cui profondità non è conosciuta) ma soprattutto il carattere populista del programma di partito del primo ministro magiaro. Il fenomeno populista sta infatti da tempo interessando diversi Paesi europei e dando luogo alla creazione di numerosi partiti, sia di destra che di sinistra, accomunati dalla loro missione di “servire il popolo” e porsi contro posizioni filoatlantiche, filoeuropee e globalizzanti – dunque un potenziale punto di infiltrazione per una Russia sempre più agguerrita. Ciò è stato realizzato già da tempo dal primo ministro ungherese tramite l’adozione di un modello già collaudato in Cina e Russia, quello di un capitalismo dissociato dal concetto di democrazia liberale. La tendenza verso politiche sempre più conservatrici, religiose e nazionaliste era stata infatti ampiamente annunciata con la già citata riforma della costituzione ungherese del 2011.
L’attacco missilistico russo che il 3 maggio scorso ha interessato la cittadina transcarpatica di Volóc, al confine con l’Ungheria, suscita dunque degli interrogativi sulla natura dell’amicizia tra Orbán e Putin. Non è da escludere, infatti, la possibilità che tale attacco possa essere stato concordato dai due Paesi per distogliere l’attenzione sulla loro controversa collaborazione. Bisognerebbe dunque capire se e quanto le iniziative di Orbán siano strumentali al Cremlino per una sua più agevole infiltrazione nel cuore dell’Europa. Una mossa necessaria per Putin, e per i suoi tentativi di scardinare la rinnovata unità europea.
Laura Pennisi
[i]Kuznetsov S. (03/05/2022). Hungary ‘outraged’ by Kyiv’s claim it was warned by Russia of Ukraine invasion. https://www.politico.eu/article/hungary-outrage-claim-warn-russia-invasion-ukraine/
[ii]Yehoshyna V. (08-07-2021). RFE/RL Investigation: Why Is Hungary Funding Diaspora Communities in Western Ukraine?Radio Free Liberty.https://www.rferl.org/a/ukraine-hungary-funding-diaspora/31348870.html
[iii]Moroz A., Klauziński S., Panyi S., Szczepaniak P., Szczygieł K. (2018). Western Ukraine Burning. How Russia Sets Fire to the Eu’s External Border. Vsquare.Org. https://vsquare.org/zakarpattia-western-ukraine-burning-how-russia-sets-fire-to-the-eus-external-border/
[iv]Euronews (08/04/2022). Ukraine war: Poland’s Kaczynski surprises by slamming Hungarian ally Orban on Ukraine https://www.euronews.com/2022/04/08/ukraine-war-poland-s-kaczynski-surprises-by-slamming-hungarian-ally-orban-on-ukraine