Inno nazionale e bandiera rosso-verde issata tutti i giovedì, linee guida sulle abitudini per buoni cittadini, lezioni speciali tenute dal presidente in persona, club patriottici militari e caccia alle scuole private. Così la Bielorussia di Lukašenko cresce una nuova generazione di patrioti.
È giovedì mattina e in un’ordinaria scuola dell’oblast’ di Minsk suona la campanella dell’inizio delle lezioni. Gli studenti si alzano. “Noi bielorussi siamo gente pacifica, devoti con tutto il nostro cuore alle nostre terre natie”. Intonano in coro l’inno nazionale. La bandiera rosso-verde sventola sull’edificio. Lo stesso identico rito si ripete alla fine delle lezioni. Presto verrà esteso a tutte le ricorrenze statali e negli asili nidi. Il giovedì è quel giorno della settimana in Bielorussia. Il giorno del patriottismo. “Non si tratta di politicizzazione. È il normale processo di educazione di un patriota da parte del suo Paese”, ci tiene a precisare Leonid Kasinskij, il cervello dietro la macchina ideologica del Ministero della Difesa bielorusso.
Nessuno è esentato. Nemmeno i bambini in tenera età. Nelle scuole dell’infanzia di Brest, nell’ovest del Paese, si organizzano infatti regolari incontri tenuti da ufficiali bielorussi. Nell’asilo nido n.43 della città, a presenziare una delle recenti lezioni straordinarie di storia bielorussa è stato il viceprocuratore della regione Aleksandr Točko. L’argomento toccato? Il “genocidio” del popolo bielorusso nella Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa insegnato attraverso metodi ludici per piccoli patrioti.
Ma quello citato sull’asilo nido n. 43 di Brest è solo un esempio degli innumerevoli “giorni unici di formazione” che ricadono all’interno di progetti come il “ŠAG” (Škola aktivnogo graždanina, letteralmente “Scuola del cittadino attivo”). Gli incontri si tengono almeno una volta al mese. Si discute di temi scottanti: dall’Occidente che “ci impone la sua politica e il matrimonio tra persone dello stesso sesso” alle letture consigliate per un buon cittadino. Un bielorusso esemplare non dovrebbe infatti ricorrere a piattaforme bollate come strumenti di propaganda occidentale quali Telegram, ma attenersi ai consigli dispensati dal proprio Stato. Non si tratta di un film distopico e nemmeno di una vecchia storia tirata fuori da qualche diario sovietico ingiallito. È la Bielorussia del ventunesimo secolo quella che stiamo raccontando.
Lo scorso primo settembre è stato un giorno particolare. È iniziato con una lezione insolita. Mentre gli uomini bielorussi confluivano nell’Estremo oriente russo per le quadriennali manovre Vostok 2022, dal Palazzo dell’Indipendenza di Minsk Lukašenko teneva la propria lectio magistralis trasmessa in diretta in tutte le scuole di ogni ordine e grado. “Adesso, con una terza guerra mondiale in atto contro l’umanità, il nostro sistema educativo è semplicemente obbligato a rivedere i valori trasmessi […]. Il vero patriottismo è associato alla vita spirituale dell’uomo e alla verità storica”, ha spiegato Bat’ka di fronte al giovane pubblico.
Con l’inizio di quest’anno scolastico è infatti cambiato anche il programma di storia per gli studenti all’ultimo anno delle superiori. Ci si soffermerà più attentamente sulle politiche polacche nei confronti dei bielorussi nel settore occidentale dell’odierna Bielorussia, che a partire dal 1921 entrò a far parte della Seconda Repubblica di Polonia. Grande attenzione verrà posta anche alla data del 17 settembre, che nell’immaginario collettivo bielorusso ricorda l’unificazione del 1939 tra la Bielorussia orientale e le terre cedute circa un ventennio prima. Quella data è conosciuta in Occidente come quella dell’inizio dell’invasione della Polonia da parte dell’Unione sovietica, parte integrante dei celebri accordi dei quali furono firmatari un certo Vjačeslav Molotov e il suo omologo tedesco Joachim von Ribbentrop. E che oggi invece in Bielorussia è diventata uno dei fiori all’occhiello della propaganda statale.
Nel frattempo, in occasione della cerimonia inaugurale del nuovo anno scolastico, nel ginnasio n.1 di Novopolock, nell’oblast’ settentrionale di Vicebsk, si è tenuta una dimostrazione del club militare cittadino Sokol. Sono state illustrate tecniche di combattimento corpo a corpo, mentre alcuni studenti hanno marciato portando in braccio dei Kalašnikov. L’educazione militare è parte integrante del programma patriottico. Nei “giorni unici di formazione” si incitano i ragazzi ad arruolarsi nell’esercito per diventare “più virili”. Nella regione di Gomel’, invece, gli studenti del penultimo anno di scuola dell’obbligo hanno partecipato a corsi per imparare a scavare vere e proprie trincee e sparare con pale al posto di armi da fuoco.
Il retaggio sovietico per eccellenza dell’educazione patriottica, in realtà, in Bielorussia non è mai sbiadito. Nell’epoca post-sovietica gli scolari bielorussi hanno di fatto partecipato attivamente alla costruzione di una memoria nazionale del conflitto che a quelle latitudini prende il nome di Grande guerra patriottica, ma che è più comunemente noto come Seconda guerra mondiale. Tra le terre di sangue narrate dallo storico Timothy Snyder, la Bielorussia figura infatti come il territorio che pagò il prezzo più alto in termini di vite umane in quegli anni.
Terra di eccidi e rappresaglie contro i civili, nella transizione post comunista il Paese è stato ed è tuttora impegnato nel ritrovamento di corpi. A prendere parte a quest’iniziativa nei primi anni Duemila sono stati proprio gli studenti e i membri dell’organizzazione giovanile dell’Unione della gioventù repubblicana bielorussa. La ricerca dei cadaveri aveva un chiaro, seppur macabro, intento pedagogico: avvicinare i giovani all’eredità della guerra, far apparire il conflitto un evento recente in cui si è coinvolti in prima persona, spazzare via i decenni che separavano quegli adolescenti dalle sofferenze dei propri nonni.
A completare il quadro figura la nuova legge sulla licenza delle scuole. Li chiamano “nuovi standard statali”, direttive dettate dall’alto per ottenere l’autorizzazione per esercitare la professione. In sostanza, è lo Stato a decidere quali scuole sono conformi e quali no. In breve tempo si è scatenata una vera e propria caccia alle scuole private. Il privato, infatti, è spesso difficilmente controllabile in maniera capillare. L’autonomia si manifesta in termini di metodi di insegnamento o di scelta dell’organico. La licenza, dunque, rappresenta un ulteriore strumento di controllo. E così le scuole private diventano “vragi naroda”, “nemici del popolo” e dello Stato. Gli istituti Strembridge e Green Hill di Minsk hanno già chiuso i battenti. Una delle poche scuole private rimaste aperte a Minsk sarebbe legata alla figura di Irina Stepanovna Abel’skaja, considerata la madre dell’ultimogenito del Presidente, Nikolaj Lukašenko.
È presto per capire se l’ultima campagna di indottrinamento patriottico avrà successo. Se è vero che gli alunni ormai agli ultimi anni delle scuole superiori potrebbero sentirsi estraniati da un simile processo, lo stesso non può essere detto a priori per quelle classi di bambini che cresceranno fin da piccoli dentro questa bolla. Certo, le falle nel sistema esistono. Soprattutto perché le nuove generazioni saranno in grado di eludere divieti imposti dallo Stato, ad esempio mediante l’uso di VPN. Ma al di là delle falle il continuo indottrinamento avrà necessariamente profonde conseguenze per il tessuto sociale del Paese.
Tra le proposte costituzionali sancite dal referendum dello scorso febbraio vi era quella di cristallizzare la manifestazione del patriottismo come dovere costituzionale del cittadino. La scuola, d’altronde, è da sempre uno strumento indispensabile nell’armamentario di uno Stato. I libri di testo sono suoi agenti tanto quanto gli ufficiali. “Tutto inizia dal piccolo: l’amore per la scuola, per la patria, per il proprio Paese”, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione Andrej Ivanec in un discorso presso una scuola di Gomel’. È a scuola che si instillano valori che contribuiscono al rafforzamento dell’identità nazionale, ma anche alla radicalizzazione e al conservatorismo della società. È lì che si formano i cuori e le menti di un cittadino. È lì che la Bielorussia di Lukašenko costituisce il proprio arsenale del futuro. Quello di una nuova generazione di patrioti.