Le elezioni anticipate sono una prassi consolidata nella repubblica centroasiatica e anche quelle di domenica 20 novembre si sono svolte in maniera abbastanza prevedibile, secondo schemi già visti in passato. Il nome del vincitore è l’unico realmente possibile: Kassym-Jomart Tokayev, a capo del Paese da marzo 2019.
Inizialmente previste per il 2024, le presidenziali sono state indette dall’attuale leader lo scorso settembre con l’obiettivo di rafforzare il proprio potere e di marcare la svolta intrapresa attraverso una serie di riforme, alcune delle quali già messe in atto negli ultimi mesi. In realtà, la sua intenzione sembra più quella di voler rimanere ai vertici per almeno i prossimi sette anni che non quella di voler dare un reale segno di cambiamento.
Perché le elezioni sono state anticipate
Chiamare i cittadini alle urne in anticipo rispetto a quanto programmato ha giocato sicuramente a favore di Tokayev, che stando ai risultati preliminari sembra aver vinto con l’81,3% di voti. Nel giro di così poco tempo, la già debole opposizione non ha avuto modo di prepararsi adeguatamente e nessuno degli altri cinque candidati ha rappresentato una sfida reale. La popolarità di Tokayev è inoltre cresciuta molto nell’ultimo anno. Eterno secondo dopo Nursultan Nazarbayev, l’attuale presidente è riuscito lentamente a farsi spazio, soprattutto in seguito alle proteste dello scorso gennaio. E c’è chi ritiene che sia proprio per evitare future interferenze da parte del clan del suo predecessore che l’ex delfino abbia deciso di compiere questa mossa.
Sia la situazione geopolitica che quella socio-economica, inoltre, non sono affatto rosee per Astana e la crisi è stata sicuramente acuita dallo scoppio della guerra russo-ucraina. Le promesse rivolte ai cittadini kazaki di un maggior benessere sociale e di una nuova stabilità potrebbero non venire rispettate nel 2024. Per questo motivo, l’attuale presidente ha deciso di consolidare adesso la propria posizione e di avere di conseguenza più margine di manovra nei prossimi anni.
Nello specifico, la campagna elettorale ha visto la partecipazione di un totale di sei candidati ammessi alla corsa, tra cui due donne, tutti pressoché sconosciuti. Nonostante la sua volontà di presentarsi come candidato indipendente, Tokayev è stato inoltre supportato – tra gli altri – da Amanat, il primo partito del Paese (noto come Nur Otan fino alla scorsa primavera). La principale novità introdotta è la durata del mandato presidenziale: in passato si poteva concorrere per due termini di cinque anni, ora si può essere eletti solo una volta per sette anni. Bisogna però sottolineare il fatto che la Costituzione kazaka si può modificare abbastanza facilmente e non è da escludersi che in futuro l’attuale presidente possa fare dei nuovi emendamenti con lo scopo di farsi rieleggere.
Non ci sono state grandi proteste nella giornata di domenica, sia perché al momento il leader kazako ha un sostegno abbastanza ampio sia a causa della repressione di cui è vittima l’opposizione. Il 17 novembre, inoltre, il Comitato di sicurezza nazionale in Kazakistan ha dichiarato di aver soppresso le attività di un gruppo di individui che stava pianificando delle rivolte per il giorno delle elezioni. L’indagine ha portato all’arresto di sette persone. Ma anche durante le votazioni diversi cittadini sono stati arrestati e sembra che alcuni osservatori siano stati allontanati dai seggi. Uno dei luoghi chiave da osservare nei prossimi giorni resta la città di Almaty, dove tra l’altro si è registrata la minore affluenza alle urne. Oltretutto, c’è anche una parte della popolazione che critica il modo in cui sono stati gestiti i disordini del “gennaio di sangue” e in particolare l’ordine dato per sedare le proteste di “sparare per uccidere”.
Un “Nuovo Kazakistan”?
Lo scorso 16 marzo il presidente Tokayev ha parlato di un “Nuovo Kazakistan”, pronto a rinnovarsi e a modernizzarsi attraverso una serie di riforme. Ad oggi la strada da percorrere è ancora lunga e queste elezioni ne sono una prova. Se è pur vero che alcuni passi in avanti sono stati fatti e che alcuni segni di miglioramento ci sono stati, è altrettanto vero che il Capo dello Stato continua spesso ad agire utilizzando i metodi del vecchio sistema. Una delle critiche che gli vengono fatte più di sovente è proprio quella di essere egli stesso frutto di tale sistema, creato e consolidato da Nazarbayev, a cui era fortemente legato fino all’inizio di quest’anno.
Certo di vincere e allo scopo di non alimentare contrasti, il leader kazako non si è neanche presentato all’unico dibattito televisivo coi suoi oppositori. Nonostante la presenza di più candidati, il pluralismo in Kazakistan sembra esistere solamente a livello teorico. Anche l’affluenza alle urne, che stando ai risultati preliminari risulta essere la più bassa nella storia della nazione centroasiatica, può essere interpretata come un chiaro segno di sfiducia da parte della popolazione. Ma se è vero che parte dell’opposizione ripete da anni le stesse cose e ci si chiede cosa possa offrire di nuovo, è anche vero che negli ultimi anni l’attivismo civico è sempre più crescente.
Quando si parla della società kazaka bisogna poi rendersi conto della sua eterogeneità. Circa metà della popolazione, inoltre, ha meno di trent’anni e ha trascorso quasi tutta la sua vita sotto la leadership dell’ex Elbasy. Resta da capire il ruolo che le nuove generazioni avranno all’interno di un’eventuale transizione politica. Quel che è certo è che un sistema corrotto non si può smantellare nel giro di pochi mesi e solo il tempo ci dirà verso quale strada sta andando il Paese delle steppe, se verso un processo di democratizzazione o verso una forma di autoritarismo con un nuovo volto.