La narrazione mediatica sull’Ucraina investe soltanto gli aspetti militari della guerra. Poco o per nulla indagate restano alcune questioni dirimenti per il futuro di Kiev, dall’economia alla corruzione, dagli investimenti alle prospettive demografiche. Nuova puntata della rubrica Dietro lo specchio di Fulvio Scaglione
Non è difficile capire che una guerra, soprattutto una guerra sanguinosa e distruttiva tra popoli fino a ieri fratelli, supera e in qualche modo soffoca ogni altro argomento. È più difficile capire, invece, perché nel flusso informativo che riguarda la guerra innescata dall’invasione russa l’Ucraina sembri esistere solo come Paese che indossa l’uniforme e non anche come Paese che ha una vita sociale, una scena politica, un’idea di futuro. Che con la guerra non hanno un rapporto di sudditanza ma piuttosto di reciproca influenza.
Proviamo a fare qualche esempio. Il Pil dell’Ucraina nel 2022 è crollato (almeno) del 33%, secondo le stime della Banca Centrale del Paese, e il premier Denis Shmyhal, alla Conferenza di Parigi dei Paesi donatori, nello scorso dicembre, ha pronosticato un ulteriore calo del 9% nel 2023, chiedendo aiuti per almeno 55 miliardi di dollari, molto più di quanto lo Stato ucraino spendeva ogni anno prima della guerra. La crisi è stata acuita dalla strategia russa di colpire le infrastrutture fondamentali del Paese, in primo luogo quelle legate alla produzione e distribuzione di energia. Le dieci ondate di missili lanciate dai russi hanno fatto danni gravissimi e alla fine di novembre lo stesso Shmyhal dichiarava che “quasi la metà del sistema energetico non funziona, è danneggiata o distrutta”. Questo vuol dire, ovviamente, milioni di persone al freddo e al buio ma anche migliaia di aziende che non possono operare o che sono costrette a farlo a regime ridotto. E dunque: come e dove lavorano gli ucraini? Di che cosa vivono? Non sarebbe interessante saperlo? Qualche tempo fa la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk aveva incitato gli ucraini a non fidare solo sui sussidi pubblici e gli imprenditori a offrire più occasioni d’impiego. Chi sono questi imprenditori, in quali settori?
Altro esempio. È normale che in un Paese che, come l’Ucraina, affronta sacrifici collettivi enormi per resistere all’invasione russa, ci siano così tanti e clamorosi casi di corruzione? Solo nell’ultima settimana è arrivata notizia dell’incriminazione di Andrey Kobelev, ex direttore della compagnia energetica di Stato Naftogaz, sospettato di aver intascato 7 milioni di dollari, e di Vasily Lozinsky, vice ministro alle Infrastrutture, che si sarebbe appropriato di fondi pubblici. E prima ancora tutta una serie di politici e funzionari, a partire dell’ex governatore della Banca Centrale Kyrylo Shevcenko, scappato all’estero e ora impegnato a chiedere asilo politico all’Austria. D’accordo, l’emergenza è drammatica e può sollecitare le debolezze di chiunque. Ma stiamo parlando di personaggi importanti, decisivi per il sistema di governo del Paese. Non è un fenomeno da studiare, mentre arrivano miliardi su miliardi di sostegno internazionale in un Paese che sopporta da decenni un’ignobile piaga da corruzione e che aveva eletto Zelensky proprio nella speranza che il “servo del popolo” intervenisse sul fenomeno?
Terzo esempio: la crisi demografica. Nessuno sa con esattezza quanti siano, oggi, gli abitanti dell’Ucraina. Secondo i calcoli dell’Onu erano 43,3 milioni all’inizio del 2022. E già così, gli esperti delle Nazioni Unite stimavano una riduzione della popolazione totale a 20,6 milioni entro la fine del secolo. Ma ci sono altri dati di cui tener conto. Già prima della guerra c’erano circa 6 milioni di ucraini emigrati all’estero in cerca di lavoro e fortuna. Altri 3 milioni di ucraini, stando alle dichiarazioni di Dmytro Lubynets, commissario per i Diritti Umani del Parlamento di Kiev, sono stati “deportati” in Russia, e a loro vanno aggiunti gli ucraini di passaporto ma russi di origine che hanno lasciato la vasta area dei combattimenti per mettersi al sicuro presso amici o parenti dall’altro lato del confine. Infine, c’è il movimento dei rifugiati, che non è solo in uscita dal Paese in guerra. L’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati ha diffuso alcuni dati molto interessanti. Più di 17 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina per altri Paesi europei, dopo il 24 febbraio, ma più di 9,1 milioni di esse sono già rientrate. L’esodo più massiccio (8,6 milioni di persone) si è avuto verso la Polonia, con 1,5 milioni di persone che si sono ufficialmente registrate nel Paese e 6,5 milioni che sono già rientrati in Ucraina. Inoltre: 739.000 verso la Moldova con 371.000 rientrati; un milione verso la Slovacchia con 807.200 rientrati; 1,7 milioni verso la Romania con 1,4 milioni rientrati; 2 milioni verso l’Ungheria con un numero di rientrati ancora non precisato. Quali sono le aspettative e le prospettive degli ucraini che sono rimasti all’estero? Perché così tante persone sono rientrate? Dove si sono reinsediate? Che cosa fanno, ora, in Ucraina?
Sono domande a cui non si risponde perché non si prova nemmeno ad affrontarle. Ma non riusciamo a toglierci dalla mente l’idea che l’esito della guerra dipenderà da certe risposte non meno che dal coraggio e dalle strategie delle forze armate.
Fulvio Scaglione