La regione armena del Nagorno-Karabakh è entrata nel quarto mese di blocco da parte dell’Azerbaigan. In tutto 120mila persone, di cui 30mila bambini, sono rimaste confinate al suo interno. Il blocco non permette ai beni di prima necessità quotidianamente importati dall’Armenia di raggiungere la regione, con conseguenze disastrose per la vita dei suoi residenti.
Dopo la perdita dell’autostrada Vardenis-Martakert, ceduta all’Azerbaigian a seguito della guerra del 2020, il corridoio di Lachin è diventato l’unico collegamento attivo tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, e conseguentemente tra quest’ultimo e il mondo esterno. L’interruzione dell’unica via d’accesso sarebbe dovuta a una protesta condotta da ambientalisti azeri contro le attività estrattive nella regione. Sebbene il governo azero cerchi di dimostrare di non avere alcun ruolo nella protesta, nonché l’assoluta spontaneità di quest’ultima, il blocco iniziato lo scorso 12 dicembre non ha niente a che fare con il mondo green. Gli ecoattivisti sono in realtà militanti strettamente legati alle autorità azere, e una parte di essi persino veterani delle guerre precedenti per il Nagorno-Karabakh[1]. L’ambientalismo citato da un Paese che basa gran parte della sua economia sullo sfruttamento delle fonti fossili, con tecnologie non di certo all’avanguardia e livelli di sicurezza ben lontani dagli standard internazionali, non è di certo l’unica cosa che non quadra in questa storia․ Infatti, sotto il governo autoritario dell’Azerbaigian, qualsiasi protesta o dissenso pubblico è severamente vietato, soggetto ad arresto immediato e dure sanzioni penali.
Per Baku il blocco è un modo alternativo per fare pressione sull’Armenia e strapparle nuove concessioni. In particolare, l’accesso a un corridoio attraverso la regione meridionale di Syunik. Le autorità azere traggono questa posizione dall’ultimo punto dell’accordo del 9 novembre[2], secondo il quale l’Armenia dovrebbe garantire la sicurezza dei collegamenti tra l’Azerbaigian e la Repubblica Autonoma di Nakhichevan. La parte azera immagina un passaggio attraverso il corridoio di Zangezur senza controlli doganali e passaporti, in altre parole senza alcuna presenza delle autorità armene. Di fatto, questo significherebbe per l’Armenia donare una parte del proprio territorio al suo vicino orientale. Il governo armeno e i partiti di opposizione hanno respinto questa posizione sottolineando che nel documento del 9 novembre non è prevista la creazione di un corridoio a tali condizioni. Inoltre, pur menzionando l’istituzione delle comunicazioni, l’accordo non contiene le parole “corridoio” o “Zangezur”. Secondo il premier armeno[3], il blocco del corridoio sarebbe una preparazione per un’aggressione su larga scala contro il Paese, e nella situazione attuale, infatti, c’è un’alta probabilità di escalation, sia lungo il confine dell’Armenia che nel Nagorno-Karabakh.
Se prima era il Covid a deviare l’attenzione dei media internazionali dal conflitto in Nagorno-Karabakh, ora è il turno della guerra in Ucraina. A causa della crisi sono state inoltre danneggiate le infrastrutture strategiche che passano per il territorio controllato dall’Azerbaigian, causando interruzioni nelle forniture di elettricità, gas e internet. Attualmente, solo i veicoli della Croce Rossa e delle forze di pace russe sono riusciti ad entrare nel territorio, consegnando una quantità molto esigua di beni vitali. L’insufficienza dei rifornimenti ha costretto il governo del Nagorno-Karabakh a imporre un razionamento di cibo di sovietica memoria – un sistema basato su coupon, che prevede l’assegnazione ad ogni persona di un chilo di pasta, grano saraceno, riso, zucchero e un litro di olio al mese.
La Russia non ha una posizione chiara riguardo al blocco in Artsakh, e rilascia dichiarazioni assai vaghe. Gli Stati Uniti, invece, lo definiscono un “blocco totale” e fanno pressioni dirette sull’Azerbaigian, affinché rispetti le condizioni pattuite nella tregua. Per ora l’unica azione da parte russa è stata la fornitura di viveri. Erevan però vorrebbe di più. Ad esempio che Mosca si impegnasse maggiormente nell’adempimento degli obblighi previsti dalla dichiarazione del 9 novembre 2020, secondo cui il Corridoio di Lachin deve rimanere sotto il controllo delle forze di pace russe –e mantenere così aperto un collegamento tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia.
Le azioni dell’Azerbaigian contro il Nagorno-Karabakh sono sfide per Mosca e la sua presenza nella regione․ La tempistica del blocco non è stata scelta a caso. L’Azerbaigian sta infatti approfittando dalla debolezza russa causata dall’invasione dell’Ucraina. Inoltre, Baku si fa forte anche del suo nuovo ruolo di partner energetico in UE. Il fallimento delle forze di pace russe nel garantire l’uscita attraverso il corridoio di Lachin ha confermato ancora una volta per l’Armenia il fatto di non poter far troppo affidamento su Mosca. Erevan ha anche perso la fiducia nell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO) dominata dalla Russia come garante di sicurezza.
La Corte internazionale di giustizia, accogliendo l’appello di Erevan, ha ordinato a Baku di adottare tutte le misure a sua disposizione per sbloccare il corridoio e garantire la libera circolazione di merci, persone e trasporti attraverso Lachin in entrambe le direzioni. Allo stesso tempo, con un’altra risoluzione, la corte ha respinto all’unanimità la richiesta di provvedimenti restrittivi nei confronti dell’Armenia presentata dall’Azerbaigian riguardo l’estrazione mineraria nei territori azeri, per mancanza di prove. Nonostante le dirette condanne dell’azione illegale dell’Azerbaigian da parte di organizzazioni internazionali e ong come ONU, OSCE, UE, Human Rights Watch, Amnesty International e Freedom House, le autorità azere ignorano deliberatamente gli appelli e continuano a tenere sotto assedio la popolazione civile dell’Artsakh.
Secondo il primo ministro armeno Pashinyan, l’Azerbaigian non solo non rispetta la decisione della Corte internazionale di giustizia, ma aggrava ancora di più la situazione nel Nagorno-Karabakh adottando misure volte a bloccare le comunicazioni di trasporto interno. A seguito della violazione del cessate il fuoco da parte dell’Azerbaigian pochi giorni fa e dell’occupazione della collina che domina la strada Stepanakert-Lisagor, il collegamento di quattro villaggi della regione di Shushi con Stepanakert è stato interrotto.
Margarita Yeghiazaryan
[1]Asbarez.am, “Who are the Azerbaijani Eco Activists”, https://asbarez.com/who-are-the-azerbaijani-eco-activists/?fbclid=IwAR3gruif0DsX_Nyu0knRMEsDmmFOPRixbMz55vqPNZKA0hSYeVavyAyPPXc
[2]L’accordo di cessate il fuoco nella guerra del Nagorno Karabakh firmato il 9 Novembre 2020 fra l’Armenia, l’Azerbaigian e la Russia ha posto fine alla guerra del 2020. Secondo l’Articolo 7 dell’accordo l’Armenia restituirà all’Azerbaigian il Distretto di Laçın, ma l’omonimo corridoio (che fornirà l’accesso dal Nagorno-Karabakh all’Armenia) sarà sotto il controllo del contingente di peacekeeping della Federazione Russa. Baku garantirà la sicurezza della circolazione lungo il corridoio di Laçın di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni. L’Articolo 9 stabilisce che l’Armenia dovrà garantire la sicurezza dei collegamenti di trasporto tra le regioni occidentali dell’Azerbaigian e la Repubblica Autonoma di Naxçıvan al fine di organizzare senza ostacoli il movimento di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni. Il controllo dei trasporti verrà effettuato dagli organi del servizio di frontiera dell’FSB della Russia. Previo accordo delle parti, sarà avviata la costruzione di nuove infrastrutture che colleghino la Repubblica Autonoma di Naxçıvan con le regioni dell’Azerbaigian. (https://www.primeminister.am/en/press-release/item/2020/11/10/Announcement/)
[3]Aravot.am, “Risk of escalation remains high:Nikol Pashinyan”, https://www.aravot-en.am/2023/03/14/321635/?fbclid=IwAR2pRIR0vlL5c2t6dpk7atZt5_pb7X00lcJpFvoTBlYMpM1XToLysaaU9z4