Le difficoltà della nuova Ostpolitik tedesca. I tentennamenti del cancelliere Scholz sono finiti sotto il facile mirino di Zelens’kyj, ma l’incertezza di Berlino riflette anche i contrastanti umori del suo elettorato.
Che l’Unione Europea sostenga l’Ucraina è un dato di fatto e noto a tutti. Ma quanto sono veramente coese le posizioni dei suoi Stati membri? Da un lato la Polonia e i Baltici, schierati a spada tratta per il sostegno materiale a Kiev, dall’altro una vacillante Germania, che condanna l’invasione, ma appare più riluttante a sbilanciarsi.
Fin dal 1991, anno dell’indipendenza dell’Ucraina, Berlino ha sostenuto la sua integrità e sovranità, instaurando buoni rapporti in settori trasversali. È a partire dal 2014 che il quadro si è complicato, con l’inizio del conflitto nel Donbass e l’annessione della Crimea alla Federazione Russa. La Germania non ha mai messo in dubbio la sovranità di Kiev sui territori a essa strappati, e ha giocato un ruolo importante anche nei negoziati per risolvere il conflitto. Fino al 2020, Berlino era poi il terzo partner commerciale dell’Ucraina dopo Pechino e Mosca, oltre che uno dei maggiori investitori stranieri nel Paese.
Tuttavia, le vicende dell’ultimo anno hanno messo in luce le incertezze di una Germania diversa da quella con cui l’Ucraina aveva finora interagito. La Bundesrepublik ha visto nel dicembre 2021 il tramonto dell’era Merkel e l’emergere del nuovo cancelliere Olaf Scholz, che a pochi mesi dall’inizio del suo mandato si è trovato a gestire una situazione internazionale senza precedenti.
Sia da una prospettiva geopolitica che storica, la Germania si trova a cavallo tra Oriente e Occidente, e dal secondo dopoguerra ha avuto il difficile compito di cercare di mantenere la propria credibilità e stabilità tra gli alleati euroatlantici da un lato e i russi dall’altro. Con quest’ultimi in particolare, e almeno fino allo scorso anno, la Germania intratteneva importanti relazioni commerciali soprattutto nel settore energetico con il Nord Stream, i gasdotti che dal 2011 la rifornivano attraverso il Mar Baltico.
Nel gennaio 2022, il cancelliere tedesco in visita a Washington dichiarava fermamente che ci sarebbero state conseguenze dure per la Russia in caso di invasione, ma nessuna risposta chiara veniva data per il futuro del Nord Stream. Scholz mantenne posizioni analoghe nel successivo incontro bilaterale del 14 febbraio, nonostante l’esplicito appello del presidente Zelens’kyj a bloccare il gasdotto, “grave minaccia” per il suo Stato. Con dispiacere da parte del presidente ucraino, Berlino ribadì poi che l’ingresso di Kiev nella NATO non era considerato. Il dibattito sul Nord Stream aveva creato delle spaccature all’interno della classe politica tedesca, e in particolare tra la SPD – favorevole al suo mantenimento – e i Verdi – contrari ai gasdotti anche per ragioni ecologiche. Il gasdotto venne comunque bloccato subito dopo l’invasione dell’Ucraina, mostrando una fermezza nella condanna all’aggressione russa, ma allo stesso tempo una debolezza del cancelliere Scholz all’interno del suo gabinetto.
L’altra grande questione, forse la più importante per gli interessi concreti dell’Ucraina, era quella degli armamenti. Zelens’kyj anche qui vedeva un palese diniego da parte di Berlino. Per ricevere le armi tedesche, e in particolare i carri armati, gli ucraini hanno dovuto insistere parecchio. Ciò che invece non è mai stato negato a Kiev sono i fondi europei, una grossa fetta dei quali garantiti proprio dalla Germania. Il cancelliere Scholz ha sottolineato come “nessun altro Paese [aveva aiutato] gli ucraini in modo così massiccio”, ricordando i 2 miliardi di dollari donati a partire dal 2014. Promesse materiali sono state fatte poi in aggiunta ai 150 milioni di euro a fondo perduto che la Germania avrebbe dato alla nazione in guerra, tra queste l’addestramento degli ufficiali ucraini e l’ospedale da campo regalato dalla Bundeswehr.
“L’invasione russa segna un punto di svolta”
Così annunciava Scholz su Twitter il 27 febbraio 2022, tre giorni dopo l’attacco russo. La “svolta” sarebbe stata nella politica di difesa (ed estera) di Berlino, con la decisione di fornire 1000 armi anticarro e 500 missili Stinger all’esercito ucraino. Sicuramente non da tralasciare in queste scelte è il ruolo che gli Stati Uniti hanno giocato e ancora giocano nel sollecitare la Germania, e in generale i membri della NATO, a investire maggiormente nella spesa militare, che dovrebbe essere pari o superiore al 2% del PIL, ma che in realtà in pochi oltre a Washington raggiungono[1].
L’Ucraina cominciava così ad ottenere gli armamenti dai tedeschi. Un flusso ancora in corso, con l’approvazione del governo federale dell’invio di vecchi carri armati Leopard all’inizio di febbraio. In un’intervista rilasciata al canale televisivo tedesco “Zdf”, Scholz ha precisato che la Germania “non diventa parte della guerra” in questo modo, reiterando che gli aiuti all’Ucraina non devono portare a un conflitto su vasta scala tra NATO e Russia. Non ci sarà dunque l’invio di forze aeree né di uomini, visto che “sarebbe irresponsabile agire diversamente”. Le polemiche, anche qui, non sono di certo mancate. Zelens’kyj ha illustrato i rapporti del suo Paese con la Germania in un’intervista al giornale tedesco Spiegel il 9 febbraio[2]. Il presidente ucraino si è lamentato di aver dovuto “costantemente convincere” il cancelliere tedesco di aiutare l’Ucraina. Ha sì sottolineato la sua gratitudine per l’invio dei sistemi di difesa aerea IRIS-T, ma per l’invio dei Leopard ha dichiarato di aver “dovuto spingere per chiedere aiuto” dovendo “convincere” il cancelliere che “questo aiuto è […] per gli europei”. La Germania ha anche richiesto carri armati di nuova generazione venduti alla Svizzera da spedire a Kiev, visto che inizialmente sono stati inviati i vecchi Leopard 1, non più in produzione e con gusci di un calibro diverso rispetto ai Leopard 2. Quest’ultimi sono stati infine inviati, a seguito di una certa pressione ucraina, per un totale di ottanta – di cui quattordici facenti parte dell’esercito tedesco stesso.
Sempre a febbraio si è poi svolta la Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Il presidente dell’evento era il tedesco Christoph Heusgen, consigliere della cancelliera Merkel e ambasciatore negli USA. Nell’ultimo incontro della conferenza, Heusgen ha dichiarato che i vari relatori avevano chiarito che l’Europa “deve fare i suoi compiti” e che “la spesa per la difesa europea e tedesca deve salire”. A Monaco era presente anche il presidente Zelens’kyj, in videoconferenza.
Non si può dunque accusare la Germania di non adempiere ai propri obblighi di membro NATO e UE, ma neanche ignorare l’incertezza generale mostrata in questi frangenti. Una spiegazione del comportamento tedesco può essere trovata nelle statistiche mensili di DeutschlandTrend, che dà una buona idea di cosa pensa l’opinione pubblica del Paese dei maggiori problemi globali del momento – posizioni che naturalmente si riflettono sulle scelte prese dal governo federale. Secondo l’indagine di gennaio 2023[3], effettuata su un campione di un migliaio di elettori, i due maggiori problemi che il governo tedesco dovrebbe affrontare sono, non a caso, la politica estera nell’ottica della guerra russo-ucraina e la politica energetica. Il sostegno alle scelte sull’Ucraina rimane relativamente alto, con il 41% che considera adeguato consegnare gli armamenti tedeschi, e il 35% che ritiene appropriate le sanzioni a Mosca. D’altro canto, gli sforzi diplomatici tedeschi non sembrano all’altezza delle aspettative: il 52% dei rispondenti li vorrebbero più intensi. Maggior scetticismo si vede nei Länder orientali: il 40% degli intervistati ritiene che la consegna di armi stia andando troppo oltre, soltanto il 29% approva l’attuale linea.
Gli umori rimangono molto simili a distanza di due mesi. Nell’indagine di marzo[4], il 47% (3% in più rispetto a febbraio) degli intervistati continua a essere favorevole all’invio di armi. Ci sono varie posizioni sulle possibili conclusioni della guerra. Tuttavia, la maggioranza dei tedeschi (il 73%) ritiene che sia l’Ucraina stessa a dover decidere quando avviare i negoziati con la Russia. Quanto al gradimento verso i partiti, l’SPD vede un’approvazione ferma al 18%, ben al di sotto del 31% dei simpatizzanti per l’unione conservatrice CDU-CSU.
Isabella Hadley
[1] https://breakingdefense.com/2023/03/only-7-nato-members-hit-alliances-2-percent-gdp-defense-spending-target-in-2022
[2] https://www.spiegel.de/ausland/wolodymyr-selenskyj-im-interview-putin-ist-ein-drache-der-fressen-muss-a-458b7fe2-e15a-49a9-a38e-4bfba834f27b
[3] https://www.dw.com/en/ukraine-and-economy-are-burning-issues-for-germans-in-2023/a-64300871
[4] https://www.tagesschau.de/inland/deutschlandtrend/deutschlandtrend-3313.html