Dopo decenni di tradizionale neutralità in campo militare, lo scorso 4 aprile Helsinki ha realizzato il proprio ingresso nella NATO. L’attacco russo all’Ucraina ha mutato la percezione della propria sicurezza di Helsinki, convincendo il Paese scandinavo della necessità di aderire a un’alleanza difensiva che possa tutelarlo dalla minaccia russa. La reazione di Mosca non ha tardato ad arrivare, definendo la decisione come un errore di portata storica.
Il 4 aprile la Finlandia è entrata ufficialmente a far parte della NATO, diventando il trentunesimo Stato ad aderire all’Alleanza Atlantica, nata nel lontano 1949. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha dato il benvenuto ad Helsinki nel discorso tenuto in occasione della cerimonia di accoglimento della domanda di adesione finlandese, sottolineando la portata storica di questo avvenimento. Con l’ingresso di Helsinki si conclude un processo avviato a maggio del 2022, quando Finlandia e Svezia decisero di presentare in maniera congiunta la richiesta di unirsi all’Alleanza a guida americana. Com’è ovvio, i due Paesi sono stati influenzati dalla guerra in Ucraina, e sebbene caratterizzati da una storica politica e militare di neutralità, hanno cominciato a vedere l’ingresso nella NATO come potenziale strumento di difesa nei confronti della minaccia posta dall’aggressiva politica estera russa.
In questi mesi, tuttavia, non è stato semplice sciogliere tutti i nodi che ne impedivano l’ingresso. Particolarmente cruciali si sono rivelati i rapporti tra le due cancellerie scandinave e la Turchia di Erdogan, che ha condizionato il proprio nullaosta all’adesione dei due Paesi alla soddisfazione di specifiche richieste. In primo luogo, Stoccolma ed Helsinki avrebbero dovuto riconoscere come “gruppi terroristici” le organizzazioni curde attive in Turchia; avrebbero poi dovuto acconsentire all’estradizione verso Ankara dei soggetti sospettati di attacchi terroristici o di essere coinvolti nel colpo di stato turco del 2016; infine, avrebbero dovuto abolire le sanzioni sulle forniture di armamenti alla Turchia. Sulla base di queste richieste, il 28 giugno 2022 è stato firmato un memorandum d’intesa tra i tre Paesi, propedeutico all’ingresso di Svezia e Finlandia alla NATO. Ciononostante, la Svezia si è dimostrata reticente a soddisfare alcune di queste condizioni, rallentando il processo di adesione. Helsinki ha quindi deciso di proseguire da sola nel suo percorso verso l’Alleanza, concretizzando il suo ingresso lo scorso 4 aprile.
La percezione di Mosca
La reazione della Russia, che da sempre costituisce il cosiddetto “fattore russo” di scoraggiamento all’ingresso nella NATO, non ha tardato ad arrivare. Il vice Ministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov ha dichiarato che l’adesione della Finlandia all’Alleanza Atlantica avrà come effetto quello di “indebolire la sicurezza nel Nord Europa, invece di rafforzarla”. Citando le sue dichiarazioni, “la Finlandia è caduta vittima di una frenesia russofobica” che sta caratterizzando l’Europa e ha in questo modo “fallito nell’anteporre i propri interessi a quelli del blocco occidentale”. Rjabkov ha annunciato che verranno prese delle necessarie contromisure nella sfera strategico-militare per compensare la minaccia alla sicurezza russa posta in essere da questa scelta: “Verrà respinta qualsiasi minaccia contro la Russia proveniente dall’Europa settentrionale”. Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha espresso parole altrettanto dure sulla decisione di Helsinki, affermando che “l’avventata mossa delle autorità finlandesi, presa senza tenere in considerazione l’opinione pubblica e senza condurre adeguate analisi sulle conseguenze della membership, sarà giudicata dalla storia”.
Nell’ottica russa, inoltre, con questa scelta la Finlandia ha abbandonato la sua storica strada della neutralità e del non-allineamento, adottata a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, “rinunciando così alla propria identità” e a condurre una politica estera indipendente, per la quale la Finlandia si è sempre distinta negli affari internazionali. Secondo Mosca, Helsinki si è “svenduta” al potere americano, decidendo di diventare parte di un’alleanza in cui non avrà un reale potere decisionale.
È dunque ragionevole presumere che Mosca, già da tempo condizionata dalla cosiddetta “sindrome di accentramento della NATO”, veda quest’evento come l’ennesima prova che l’Alleanza stia muovendo dei passi per avvicinarsi sempre di più al territorio russo. Le relazioni tra Mosca e Helsinki non potranno che subire, quindi, un deterioramento a seguito di questa svolta storica nella politica estera finlandese, dal momento che viene interpretata dal Cremlino come un deliberato “attacco” alla propria sicurezza nazionale. A seconda delle mosse che la NATO deciderà di intraprendere sul territorio del nuovo Stato membro e in base al livello di integrazione di questo nella rete di sicurezza atlantica, la Federazione – ha affermato Lavrov – sarà obbligata a rispondere e a rafforzare le proprie infrastrutture di difesa al confine nord-occidentale. Di contro, il presidente finlandese Sauli Niinisto ha chiaramente affermato che la membership del proprio Paese alla NATO non ha scopi offensivi nei confronti di alcuno Stato. La scelta di adesione “non cambia le fondamenta e gli obiettivi della politica estera e di sicurezza finlandese”, che continuerà a porre come principio cardine delle relazioni internazionali la “risoluzione pacifica delle controversie”. Niinisto ha, tuttavia, confermato che l’ingresso nell’alleanza militare a guida Usa rappresenta sicuramente un momento di storica svolta nella tradizionale politica di non-allineamento della Finlandia in campo militare.
Quale futuro per le relazioni russo-finlandesi?
Stando al nuovo Concetto di politica estera pubblicato dal Cremlino lo scorso 31 marzo, la scelta di Helsinki sembra inserirsi in quella che viene identificata come una “minaccia complessiva” proveniente dall’Europa nei confronti della sovranità e della sicurezza nazionale della Federazione russa. Come risposta, Mosca si propone di attuare strategie volte alla neutralizzazione di quelle che sono percepite come le minacce provenienti di Occidente, con lo scopo di garantire non solo l’integrità territoriale, ma anche quella politico-culturale del paese.
Gli stati membri dell’Unione Europea e della NATO sono esplicitamente indicati come “soggetti ostili” da cui doversi difendere. Più nello specifico, la dottrina sostiene che la normalizzazione, la pacifica coesistenza e la mutua cooperazione tra gli Stati europei e la Russia è osteggiata dalla presenza intrusiva degli Stati Uniti, che hanno deliberatamente limitato lo sviluppo indipendente della politica estera europea per assicurare il proprio dominio a livello mondiale ed evitare un rafforzamento delle relazioni russo-europee.
In una chiara logica di “ritorsione” e “contromisure” vanno i più recenti sviluppi relativi all’intensificazione dell’integrazione militare con la Bielorussia. Il presidente bielorusso Lukašenko, durante un discorso alla nazione lo scorso 31 marzo, ha annunciato il completamento delle infrastrutture necessarie ad ospitare le armi tattiche nucleari russe. Sebbene l’intenzione russa di schierare armi nucleari sul territorio bielorusso sia avvenuta come risposta all’annuncio del Regno Unito di voler fornire munizioni all’uranio impoverito a Kiev, è probabile che l’entrata nella NATO della Finlandia avrà come effetto quello di accelerare il processo e cristallizzare tale decisione. Anche in virtù del fatto che, con l’ingresso di Helsinki nella NATO, gli USA avranno potenzialmente un nuovo stato europeo in cui schierare armi atomiche.
Con la decisione della Finlandia di intraprendere questo corso di allineamento militare a fianco dell’Europa e degli Stati Uniti ci troviamo di fronte a un nuovo scontro di visioni tra Russia e Occidente. Mosca vede l’ennesima dimostrazione che il mondo occidentale non ha mai abbandonato la logica del confronto, eredità della Guerra Fredda, e continuerà ad avvicinarsi ai confini della Federazione e a minacciare la sua sicurezza. Per Helsinki e i suoi “nuovi” alleati si tratta di una necessaria scelta difensiva, per arginare l’aggressività russa e rendere più sicuro il “blocco” occidentale.