Ministro degli Esteri in carica dal 2011, Edgars Rinkevics è il nuovo Presidente della Lettonia. Noto per le sue posizioni dure nei confronti della Russia, è anche uno dei pochi capi di stato LGBTQ+ in Europa. Il suo mandato è iniziato il 15 luglio.
L’era del nuovo presidente in carica è iniziata, come di consuetudine, con l’incontro al Castello di Riga dove il predecessore, Egils Levits, ha consegnato le chiavi della stessa fortezza al suo successore, completando il simbolico passaggio di consegne tra i due mandati. In Lettonia, tuttavia, il Presidente ha un ruolo tutt’altro che simbolico, e Rinkevics, che è un politico di lunga esperienza, sembra avere le carte giuste per ricoprirlo.
Il Presidente della Repubblica, in Lettonia, oltre a rappresentare il Paese nelle relazioni internazionali, è responsabile con il Primo Ministro ed il Governo del potere esecutivo, ratifica gli accordi internazionali ed assume il comando delle forze armate in caso di guerra. Sul fronte interno, ratifica tutte le leggi, nomina il Primo Ministro e ha il potere di sciogliere il Parlamento. In Lettonia, il presidente viene eletto dai deputati del Parlamento tra tre candidati a maggioranza assoluta; sono quindi necessari almeno 51 voti a favore (che dal 2019 sono palesi e non più segreti). Se durante la prima consultazione nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, si ripete la votazione escludendo il candidato che ha ottenuto il minor numero di voti, e così anche nella seconda. Se anche l’ultimo nome rimasto nella rosa non raggiunge la soglia per essere eletto, entro due settimane si deve ripetere lo scrutinio, preferibilmente con tre candidati nuovi. Il mandato dura quattro anni, ed è rinnovabile una sola volta.
Edgars Rinkevics, classe 1973, ha battuto Uldis Pilens per “Lista Unita” (Apvienotais Saraksts), che aveva ottenuto un sorprende successo alle elezioni dell’ottobre 2022 (consentendo così al suo partito di entrare a far parte della coalizione di governo), ed Elina Pinto di Progresivie, classe 1981, dal 2023 impiegata nella missione diplomatica della Commissione Europea in Lussemburgo, nota soprattutto per il suo impegno tra le comunità della diaspora lettone in Europa. Rinkevics invece raccoglie il testimone da Egils Levits, eletto nel 2019, che non si è riproposto per il secondo mandato.
Da molti considerato il politico più esperto del Paese in politica estera, Rinkevics lascia il ruolo di Ministro degli Esteri, che ricopriva dal 2011. La sua carriera è iniziata al Ministero della Difesa, nel 1995, per poi ricoprire un ruolo chiave durante i negoziati per l’ingresso della repubblica baltica nella NATO, conclusisi positivamente nel 2004. Una voce “sul curriculum” non proprio banale, in un momento in cui non solo la Lettonia, ma anche Estonia e Lituania chiedono a gran voce il potenziamento dell’apparato difensivo della NATO nel Baltico e sono in prima linea nel supporto a Kiev. Dal 2011, Rinkevics è entrato in Jauna Vienotiba, e dal 2018 il Primo Ministro in carica Krisjanis Karins lo ha voluto come ministro degli Esteri, in entrambi i suoi mandati. Gode di grande prestigio anche per i risultati ottenuti nel difficile periodo che ha seguito la crisi finanziaria del 2008 (le repubbliche baltiche erano Stati molto giovani ed economicamente fragili, al tempo) e per la sua condotta in politica estera, in particolare nei rapporti con la Russia, per loro natura mai particolarmente distesi. Sul lato personale, è stato il primo politico in Lettonia a definirsi apertamente omosessuale, tema ancora controverso nel dibattito pubblico del Paese.
Nel suo primo discorso da Presidente in carica, di fronte ai deputati che gli hanno accordato la maggioranza dei voti, Rinkevics ha parlato a lungo di temi a lui molto familiari e fortemente dì attualità nel Paese, quali la difesa, la sicurezza e l’unità del popolo lettone. In continuità con i precedenti mandati da Ministro degli Esteri, ha affermato che “Il mondo, l’Europa e la nostra regione sono minacciati dalla Russia imperiale e dal regime di Lukashenko. Non c’è e non ci sarà tempo per gli errori nella politica estera del nostro Paese. Dovremo continuare ad agire con rapidità, decisione e saggezza”. Nessun cambio di rotta quindi rispetto all’atteggiamento di condanna nei confronti dell’invasione dell’Ucraina, che fin dal primo momento ha ricevuto grande sostegno da parte di Riga. “Siamo orgogliosi di vivere in un Paese democratico e libero, e questo è un grande valore, un’opportunità e una responsabilità per sviluppare e proteggere il nostro Paese”. Quanto alla sicurezza interna, Rinkevics ha sottolineato che questa non è meno importante, e che non dovrebbe esistere la distinzione tra sicurezza interna ed esterna, in quanto sono complementari per rendere il Paese effettivamente sicuro.
L’ultimo punto del discorso di insediamento è stato invece riservato al tema della coscienza nazionale (in un momento in cui in Europa, e specialmente negli Stati più orientali, si stanno fortemente risvegliando sentimenti identitari e nazionalisti). “La nostra Lettonia è una e allo stesso tempo di tutti, non è omogenea” ha dichiarato Rinkevics, che ha citato anche le parole del pastore protestante Gustavs Bergmanis, per il quale la Lettonia non è una valle di dolore, ma un giardino paradisiaco, dove ogni generazione ha la responsabilità di lavorare perché i propri figli e nipoti continuino a coltivare il desiderio di viverci. Il presidente ha infatti auspicato il rafforzamento dell’unità del popolo lettone, indipendentemente dalla nazionalità, religione e orientamento politico dei propri cittadini, che si riconoscano negli stessi valori, oltre che il ritorno dei tanti lettoni che hanno lasciato il Paese nel corso degli anni per procurarsi condizioni di vita migliori. Non bisogna dimenticare infatti che la Lettonia è un piccolo Stato, indipendente da poco più di trent’anni e con un’economia in costante cambiamento e crescita, che ha effettivamente fatto molta strada dai tempi della dissoluzione dell’Unione Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania hanno ricevuto l’appellativo di “Tigri Baltiche”, proprio per il loro sorprendente sviluppo in tempi “economicamente” molto brevi), ma è anche un Paese che conosce molto bene il fenomeno dell’emigrazione, come in occasione della grave crisi che ha colpito l’Europa nel 2008-2009.
Con l’elezione di Rinkevics la Lettonia punta quindi sul sicuro, promuovendo un candidato di comprovato spessore politico e soprattutto apprezzato tra le fila dell’Unione Europea e della NATO, che oggi rappresentano l’orizzonte d’attesa di Riga. La Lettonia sceglie quindi la continuità con le posizioni fin qui tenute e con l’attuale squadra di Governo: con la nomina del Presidente non si intravedono possibili crepe nel mandato del Primo Ministro Krisjanis Karins.