Alla fine di un anno particolarmente difficile, per la Georgia arriva la prima luce verde per lo status di Paese candidato UE – in attesa del voto degli Stati membri previsto per i prossimi giorni. Un risultato importante per un Paese che ha fatto dell’integrazione europea una bandiera. Ma a che punto è Tbilisi con le condizioni richieste per l’accesso all’Unione?
L’allargamento a est e a sud-est dell’Unione Europea è oggi parte del dibattito politico sia nei Paesi che aspirano ad accedervi sia, in misura minore, nell’arena pubblica dei 27 Paesi membri. Nell’Europa “occidentale”, nel senso politico del termine, la questione ha riguadagnato interesse alla luce della nuova configurazione geopolitica mondiale determinata dalla guerra tra Mosca e Kiev, mentre in Ucraina, Moldova, Georgia e Balcani occidentali si tratta di un tema chiave del confronto politico nazionale.
La nuova linfa e popolarità che il tema dell’allargamento sta vivendo in Occidente come risposta all’aggressione russa e garanzia per la sicurezza dell’Unione ha trovato forma nell’EU Enlargement Package 2023, l’insieme di documenti prodotto ogni anno dalla Commissione Europea che riassume la politica di Bruxelles verso i Paesi che richiedono l’entrata nell’Unione. Nel documento infatti è stato dato il via libera ai colloqui per l’ammissione a Ucraina, Moldova e Bosnia-Erzegovina, ed è stato concesso l’agognato status di Paese candidato alla Georgia.
Riguardo quest’ultima, la decisione – in realtà una raccomandazione di Bruxelles per il voto degli Stati membri, previsto per metà dicembre – prende atto degli avanzamenti compiuti dal Paese verso gli standard europei, ma soprattutto ne premia l’entusiasmo politico europeista. Per Tbilisi questo è infatti stato l’anno delle proteste di marzo contro la legge sugli “agenti stranieri”, e del fallito impeachment alla presidente Salome Zourabichvili, araldo delle aspirazioni euro-atlantiche della Georgia.
Il tentato impeachment di Zourabichvili
Si è trattato dell’ennesimo scontro tra Zourabichvili e Sogno Georgiano, partito di governo con cui la presidente era stata eletta, ma che oggi è duramente criticato dalla stessa per la sua eccessiva vicinanza alla Russia e reticenza nello spostare il Paese entro l’orbita occidentale. La maggioranza parlamentare di Sogno Georgiano ha accusato Zourabichvili di avere violato la costituzione per avere agito indebitamente come rappresentante all’estero del Paese, senza avere prima consultato il Primo Ministro. Le accuse fanno riferimento ai colloqui tenuti dalla presidente con alcune cancellerie europee durante l’estate del 2023, durante i quali Zourabichvili cercava di promuovere la “causa europea” della Georgia.
Che la scommessa della presidente sia risultata vincente a un mese dalla sua vittoria in parlamento, dove il partito di governo non è riuscito a raggiungere la maggioranza qualificata di 2/3 per mandare a casa Zourabichvili, è certamente significativo; non a caso, il voto del 18 ottobre è presentato nel report della Commissione come un avanzamento nella Priorità 1 delle 12 che erano state assegnate alla Georgia per progredire nel processo di ammissione, quella riguardante la riduzione della polarizzazione politica.
Insomma, l’attenuazione di questa polarizzazione, che secondo la Commissione ha come risultato anche la diffusione di disinformazione sull’Unione Europea e l’impiego di una retorica eccessivamente dura, è una delle priorità politiche di Bruxelles. Seppure sia ancora lontana dall’essere risolta, questa priorità ha visto dei passi avanti, e il fallimento dell’impeachment ha probabilmente rappresentato una luce verde per Bruxelles in questo senso. Lo stesso impeachment, tuttavia, racconta un altro, fondamentale ostacolo del cammino europeo di Tbilisi: la questione dell’indipendenza della magistratura e, in generale, dei pubblici uffici.
La Georgia tra rule of law e oligarchia
Priorità 2 e 3 di Bruxelles, la questione dell’autonomia delle istituzioni pubbliche, come la Banca Centrale o la Commissione Elettorale Centrale, e del ramo giudiziario, che porti ad una riforma dell’Alto Consiglio di Giustizia e assicuri l’indipendenza della Corte Suprema rimangono nodi strutturali nella transizione democratica del Paese. Ne sono efficace dimostrazione le parole di Salome Zourabichvili, che in seguito alla decisione della Corte Costituzionale di garantire l’autorizzazione a procedere per il voto parlamentare sulla messa in stato di accusa ha affermato: «Nulla dovrebbe più sorprendermi in questo Paese, ma oggi sono addolorata. La corte Costituzionale era l’ultimo organo del nostro sistema legale in cui ancora riponevamo fiducia; da oggi non è più così».
La Georgia, a vent’anni di distanza dalla Rivoluzione delle Rose che ha scosso il Paese e dato una spinta alla sua democratizzazione, si ritrova alle prese con molte debolezze croniche: corruzione, polarizzazione politica, tendenze oligarchiche. Ciononostante, è anche un Paese con una società civile attiva e un’opinione pubblica dal respiro politico chiaramente europeista.
È soprattutto su queste ultime caratteristiche che la Commissione Europea ha motivato politicamente la propria raccomandazione a rendere la Georgia un Paese candidato all’adesione, sfruttando un momentum geopolitico che difficilmente si ripeterà. Lo status di “Paese candidato” all’ammissione è una fase preliminare, e anche per Ucraina e Moldova, che hanno ricevuto il secondo “via libera” da Paesi candidati, la strada per l’ingresso effettivo nell’Unione rimane lunga. Si tratta tuttavia del più importante segnale politico che Bruxelles poteva dare a Tbilisi in questo momento, e l’ha fatto a fronte di sole 3 priorità su 12 considerate risolte per essere in linea con gli standard UE: uguaglianza di genere, recezione della Corte dei Diritti Umani e nomina di un Difensore Pubblico indipendente. I prossimi anni ci diranno se questa valutazione è stata affrettata.
Paolo Bottazzi