Negli ultimi due secoli il popolo dell’Azerbaigian è stato identificato con diverse categorie etniche o nazionali (tatari, musulmani, turchi, azeri). I governi della dinastia Aliyev, tuttavia, hanno cercato di favorire l’identificazione dei cittadini con la nazione azera. Il nazionalismo rimane essenziale per la creazione di un’identità comune e la garanzia di appoggio e visibilità al sistema di potere.
Il mondo turco e la Transcaucasia
Sin dall’instaurazione dell’impero selgiuchide da parte della tribù turca Oghuz sui territori del Caucaso meridionale, nel XII secolo, le dinastie turche hanno costituito la principale élite politica nella regione, rivestendo un ruolo significativo sotto l’impero mongolo e durante il susseguirsi delle dinastie persiane safavide, afsharide e qajar, e dei numerosi khanati locali.
A partire dal XVIII secolo l’Impero Russo adottò un atteggiamento espansionista nel Caucaso, conducendo una serie di campagne militari che portarono alla sua affermazione tra il 1804 e il 1828. Anno in cui, con la stipula del trattato di Türkmençay, il confine tra Persia e Russia venne fissato al fiume Aras, che ancora oggi separa gli azeri di Baku da quelli dell’Iran settentrionale. I musulmani del Caucaso meridionale erano già accomunati dalla lingua, il dialetto turco vernacolare. Come sottolinea lo storico Benedict Anderson, “ciò che conta del linguaggio è la sua capacità di generare una comunità immaginaria, costruendo di fatto solidarietà particolari”[1].
Nel corso del diciottesimo secolo, la cultura e la letteratura persiane continuarono ad essere diffuse tra gli intellettuali locali, costituendo un retroterra favorevole alla creazione di un’identità nazionale azera. Intrisa degli ideali dell’illuminismo e delle rivoluzioni francese e americana, l’élite del nucleo precursore del nazionalismo azero era avversa al dispotismo russo, sostenendo o partecipando attivamente a moti rivoluzionari e movimenti costituzionali come quello dei giovani turchi sorto nell’adiacente Impero Ottomano[2]. Fu in questo contesto che emerse (congiuntamente ad altri movimenti nazionalisti di matrice social-liberale e islamista) il tema dell’identità panturca come valore centrale della costruzione della futura nazione azera. Tuttavia, rispetto ai nazionalismi armeno e georgiano, quello azero non si rispecchiava in un nazionalismo su base esclusivamente etnica, per l’identificazione nelle più ampie categorie musulmano-turche.
A seguito della dissoluzione dell’Impero Russo nel primo conflitto mondiale e della breve esperienza della Repubblica Federativa Democratica Transcaucasica, il 28 maggio 1918 venne fondata la Repubblica Democratica dell’Azerbaigian (RDA)[3], la prima democratica e secolare nel mondo islamico. La sua esistenza venne caratterizzata da un convulso periodo i cui destini furono determinati dalla guerra civile russa tra bolscevichi e controrivoluzionari, e dalle operazioni finali del primo conflitto mondiale; su questo sfondo le controparti nazionaliste armene e azere diedero vita a scontri tra le due neonate repubbliche per dispute territoriali sulle regioni del Nakhchivan, Nagorno-Karabakh, Zangezur e Qazakh. Le forze azero-ottomane si confrontarono con le forze bolsceviche e nazional-rivoluzionarie azere (e successivamente con le forze anglo-armene e dei russi bianchi). Nell’ambito della crisi politica della RDA, ad aprile 1920 le forze bolsceviche russe occuparono i territori azeri, integrandoli poi nell’Unione Sovietica con il nome di Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian (RSSA).
La costituzione dell’identità nazionale azera e l’indipendenza
Durante la dominazione sovietica, la celebrazione del nazionalismo etnico sostituì il nazionalismo panturco prerivoluzionario, anche per marginalizzare le pretese azere verso gli azero-iraniani al di là del fiume Aras e per cementare la fratellanza con le popolazioni turche all’interno dell’URSS.
Nell’ambito delle tensioni con l’etnia armena del Nagorno-Karabakh che richiedeva la cessione della regione dalla RSS[4] azera a quella armena, verso la fine degli anni ’80 emerse il Fronte Popolare dell’Azerbaigian (FPA), movimento fondato da intellettuali nazionalisti propugnatori del turchismo (Tűrkçűlűk). Esso divenne il principale oppositore del Partito Comunista, criticandone la totale indifferenza nella questione del Nagorno-Karabakh.
Il 19 e 20 gennaio 1990, in concomitanza con la crisi politica dell’URSS, l’esercito sovietico entrò a Baku per impedire che il fronte nazionalista prendesse il potere; un centinaio di civili vennero uccisi, ma il leader comunista Abdurrahman Vazirov fu costretto a fuggire a Mosca, sostituito da Ayaz Mutallibov. A seguito della proclamazione di indipendenza dell’Azerbaigian (18 ottobre 1991), Mutallibov (già eletto presidente in elezioni contestate) fu destituito dall’FPA con largo appoggio popolare, anche a causa delle sostanziali perdite azerbaigiane nella prima guerra del Nagorno-Karabakh.
Nel giugno 1992 Abulfez Elchibey venne democraticamente eletto secondo presidente della Repubblica.
Da un punto di vista ideologico il nuovo governo incentrò il discorso nazionalista sull’idea del turchismo, celebrando le origini turche della nazione su base etnica e sull’eredità culturale e storica presovietica, nonché sull’esaltazione dell’identità islamica e della modernizzazione del Paese.
Nel frattempo, Heydar Aliyev, già primo segretario del Partito Comunista dell’Azerbaigian (1969–1982) ed ex leader della nazione, era tornato al potere nella nativa Repubblica autonoma del Nakhchivan, gestendola come un’entità politica separata da Baku dopo il collasso dell’URSS.
Nel 1993 un colpo di Stato militare (supportato da Mosca) destituì Elchibey, e Aliyev venne nominato presidente. Aliyev apportò significativi cambiamenti nella costruzione dell’identità nazionale, sostenendo una narrativa nazionalista basata sulla celebrazione dell’“azerbaigianismo” (Azerbaycançılıq) – senza tuttavia rinunciare agli stretti rapporti commerciali e militari con la Turchia, che tuttora permangono, e al proseguimento di una politica di fratellanza con il popolo e le élite turche.
L’azerbaigianismo, come progetto di nation-building, presupponeva un concetto di identità inclusiva basato sull’orgogliosa appartenenza alla nazione azera a prescindere dall’origine etnica o dalla religione, per indebolire il separatismo etnico dei primi anni dell’indipendenza[5]. La mancata distinzione tra turchi, russi, armeni, lezgini e talisci iraniani (queste due ultime minoranze erano entrate in conflitto con le precedenti politiche etno-nazionaliste di Elchibey) subordinava l’appartenenza etnica a quella nazionale. La retorica irredentista di Elchibey di un “Grande Azerbaigian” inclusivo delle regioni settentrionali dell’Iran e di altri territori venne abbandonata. Tra i principali provvedimenti adottati vi furono l’adozione di una nuova costituzione e la restaurazione della lingua di Stato da turco ad azero nel 1995 (l’azero era già stato istituito come lingua ufficiale negli anni ’30 durante la dominazione sovietica).
Ilham Aliyev e il senso della Storia
Nel 2003 Ilham Aliyev è succeduto al padre alla guida della nazione. Da subito ha costruito un culto basato sulla celebrazione della personalità del genitore, identificato come fondatore della moderna nazione azera[6]. L’ideologia nazionalista è stata rivisitata, ponendo maggiore enfasi sul secolarismo e sul rafforzamento di un’identità connessa anche con l’uso esclusivo della lingua azera, a discapito delle minoranze linguistiche. In ambito religioso, per indebolire i movimenti di matrice islamica, il nuovo governo ha promosso una propria versione dell’Islam, “l’Islam tradizionale”. Una versione moderata, laica e istituzionalizzata che prevede il monopolio dello Stato nelle questioni religiose, per esempio nella costruzione delle moschee, e in ambito teologico come nella creazione dell’Istituto Teologico di Baku.
La sconfitta subita nella prima guerra del Nagorno-Karabakh (1992-1994, caratterizzata da pogrom e massacri reciproci) ha contribuito all’affermazione di un’identità legata all’integrità territoriale della nazione. La questione del Karabakh ha contribuito a cementare la visione di una missione teleologica di liberazione dei territori perduti, con accuse all’Armenia di aver attuato una campagna di pulizia etnica che hanno alimentato un senso di rivalità e di rivalsa verso l’etnia armena. Il vittimismo derivante dalla sconfitta, l’irredentismo e la volontà revanscista sono stati largamente sponsorizzati da Baku.
Dal primo decennio del 2000 l’esecutivo azero ha progressivamente adottato una propaganda militarista finalizzata a riconquistare i territori armeni “che storicamente appartengono all’Azerbaigian”[7].
Questa visione irredentista concepisce i territori della Repubblica di Armenia come “terre ancestrali” azere, arrivando a identificare l’Armenia come “Azerbaigian occidentale”. In virtù del passato in cui la regione caucasica era popolata da tribù turche, dal Medioevo fino alla conquista russa sancita dal già citato trattato di Türkmençay, alcune contestate teorie storiografiche hanno riproposto l’ipotesi che le popolazioni armene non sarebbero autoctone e che la loro presenza nel Caucaso meridionale risalirebbe solo al 1828. Questa visione, già supportata da alcuni intellettuali in età sovietica e riportata nei manuali della RSS, viene riproposta nei libri scolastici della Repubblica dell’Azerbaigian[8]. Un altro mezzo per minimizzare la presenza armena nella regione è quello di ricorrere all’antica denominazione di “Albania Caucasica” anziché Armenia[9], privando gli armeni della loro identità storica.
A seguito della vittoria azera nella seconda guerra del Karabakh (settembre – novembre 2020) e della fulminea campagna militare del settembre 2023,Aliyev ha sancito la definitiva restituzione dei territori del Nagorno-Karabakh all’Azerbaigian. Dalla narrativa di vittimizzazione si è giunti alla celebrazione del trionfo militare secondo la visione escatologica di un percorso di redenzione nazionale conclusosi con il ripristino della “giustizia storica”[10], ovvero della restituzione alla Patria i territori perduti.
Grazie alla posizione di forza, Baku (che per decenni ha denunciato l’irredentismo armeno) nelle trattative di pace con Erevan sta avanzando rivendicazioni territoriali su alcuni territori ancora “occupati”, ricorrendo alla minaccia dell’uso della forza nel tentativo di sbloccare la situazione a proprio vantaggio in termini territoriali e contrattuali[11], come nel caso delle complesse trattative sull’apertura del corridoio di Zangezur.
Rimane da vedere in quale maniera Baku gestirà la fase successiva all’annessione del Nagorno-Karabakh e se in futuro avanzerà ulteriori pretese territoriali verso le regioni armene (come la provincia di Syunik limitrofa all’exclave azera del Nakhchivan). E se, al di là dei proclami sensazionalistici, tali dichiarazioni si tradurranno effettivamente in azione militare, fatto che pare improbabile sul breve e medio termine ma non totalmente da escludere laddove i negoziati fallissero.
Il ricercatore Shujaat Ahmadzada ipotizza un futuro scenario di “continua commemorazione e celebrazione della vittoria, un aumento dello statalismo (simile ad alcune repubbliche dell’Asia centrale) e dell’evoluzione del conflitto armeno-azero in una rivalità di lunga durata a bassa intensità”[12].
Quello che è certo è che la vittoria sull’Armenia ha fornito momentaneamente ad Ilham Aliyev la legittimazione della propria immagine come uomo della provvidenza, rafforzando la posizione dell’establishment azero a livello regionale e nazionale, come provato dal successo delle elezioni del 7 febbraio 2024.
Eugenio Delcroix
[1] Benedict, A. (2016), “Imagined Communities”, Verso Books.
[2] https://bakuresearchinstitute.org/en/a-brief-description-of-azerbaijani-nationalism-from-its-inception-to-today/
[3] La Repubblica Democratica dell’Azerbaigian è statala prima entità territoriale che ha utilizzato il termine Azerbaigian come denominazione ufficiale per i territori grossomodo corrispondenti all’attuale Stato azero
[4] Repubblica Socialista Sovietica
[5] David S. S., Mahmudlu C. (2016), “E Pluribus Unum? Ethnicity, Islam and Construction of Identity in Azerbaijan.” Problems of Post-Communism 63 (2), pp. 94–107.
[6] https://news.am/eng/news/464479.html
[7] https://president.az/ru/articles/view/26998 ; https://president.az/en/pages/view/azerbaijan/karabakh
[8] Hamid A. (2017). “The Clash of Nationalisms: Iranian response to Baku’s irredentism”. The Great Game in West Asia: Iran, Turkey and the South Caucasus. Oxford University Press. pp. 109–110
[9] https://eurasianet.org/perspectives-who-were-the-caucasian-albanians
[10] https://xalqqazeti.az/en/siyaset/157113-elchin-amirbayov-monde-france-cannot
[11] https://www.azatutyun.am/a/32633207.html ; https://president.az/en/articles/view/60723
[12] https://www.rferl.org/a/azerbaijan-karabakh-regained-what-next-aliyev-armenia/32680561.html