La Russia può avere interesse a un grande conflitto in Medio Oriente? Bisogna porsi questa domanda per capire se sono fondate le illazioni di un coinvolgimento di Mosca nell’escalation tra Israele e Iran.
Il concetto secondo cui tutto ciò che dispiace a noi deve per forza essere organizzato dai o gradito ai russi sta alla geopolitica come il motto “quel che non strozza ingrassa” sta alla dietetica. Ma è praticato con accanimento, fino a produrre i risultati più paradossali. L’ultimo esempio è la crisi che dagli eventi di Gaza, con la loro carica di violenza senza precedenti, si è prima allargata al Libano, alla Siria e allo Yemen con annesso Mar Rosso, poi all’intero Medio Oriente, arrivando persino a far temere una guerra aperta tra Israele e Iran, dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
Dal 7 ottobre del 2023, cioè dalla data del massacro perpetrato sui civili israeliani dai terroristi di Hamas, il mantra “c’è dietro la Russia” è risuonato ampio e forte su molti media, a dispetto delle più banali considerazioni imposte dalla realtà dei fatti. Proviamo a dare un’occhiata. È vero, i rapporti della Russia con Israele, ottimi da decenni, si sono fatti più tesi: Mosca sostiene il cessate il fuoco e la soluzione “due popoli due Stati”, che il governo Netanyahu vede come il fumo negli occhi e respinge con decisione. Inoltre, quando a Mosca è stata ricevuta una delegazione di Hamas, la diplomazia israeliana ha parlato di “riconoscimento del terrorismo”, nella dichiarazione più dura da quando i due Paesi hanno ripreso le relazioni diplomatiche nel 1991.
Israele, però, è anche uno dei pochi Paesi che nel 2014 non condannò l’annessione della Crimea alla Russia, che non ha aderito alle recenti sanzioni anti-russe e che dal 24 febbraio del 2022 non ha fornito alcun armamento all’Ucraina ma solo aiuti umanitari. Ancora: Israele è anche il Paese che, secondo un accordo non scritto ma piuttosto palese, ha “gestito” con la Russia la crisi siriana. Lo Stato ebraico non ha mai attaccato la Siria di Assad, nemmeno quando questa era in crisi profonda, e non ha mai attentato alla vita del presidente siriano, pur vantando un’ottima tradizione negli omicidi mirati. Per parte sua la Russia non ha chiuso i cieli della Siria ai caccia israeliani che bombardano regolarmente le basi militari e la logistica che l’Iran ha insediato nel Paese, anche se potrebbe farlo: basterebbe mettere in azione il sistema anti-aereo S-400, dispiegato in Siria ma tenuto sotto controllo dei generali russi.
Per non parlare di altri fatti. Dal 2016 la Russia è il primo fornitore di petrolio per Israele. Tra Russia e Israele è stata attivata una linea di crittografata per rendere a prova di intercettazione le comunicazioni tra il presidente russo e il premier israeliano, e gli incontri tra Putin e Netanyahu sono stati numerosi in questi ultimi anni. Dal 2008 tra i due Paesi vige un accordo per l’eliminazione dei visti d’ingresso. Oltre 100mila cittadini israeliani vivono in Russia e 1,5 milioni di nativi di lingua russa vivono in Israele, dove il russo è la terza lingua più parlata dopo l’ebraico e l’arabo. Davvero la Russia avrebbe interesse a minacciare Israele?
Alla Siria abbiamo già accennato. Israele si oppone con le armi alla penetrazione iraniana nel Paese e la Russia lascia fare, essendo essa stessa interessata a moderare le pretese espansionistiche di Teheran. Nello stesso tempo, Netanyahu e i suoi potrebbero facilmente destabilizzare ulteriormente la Siria ma non hanno interesse a farlo proprio perché ci pensa la Russia, da un lato tenendo sotto tutela Assad e compagnia, dall’altro spalancando le porte dei cieli alle incursioni israeliane.
E poi c’è tutto il resto del Medio Oriente. Che interesse avrebbe la Russia a contribuire a una nuova deflagrazione della regione, dove ha interessi cospicui, forse fondamentali alla luce della guerra in Ucraina e del peso delle sanzioni occidentali? L’Iran, come tutti sanno, ha da molto tempo relazioni strette con la Russia. Ma da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina, la cooperazione tra i due Paesi ha raggiunto livelli “senza precedenti”, come attesta anche un recente rapporto dello European Council on Foreign Relation. In primo piano l’aspetto militare, ovviamente: se è vero quanto hanno rivelato gli hacker del Prana Group, la Russia avrebbe versato 1,8 miliardi in oro per avere i per lei preziosi droni da combattimento prodotti in Iran. Secondo le forze armate ucraine, nel solo 2023, e del solo tipo “kamikaze”, i russi ne avrebbero lanciati più di 3.700 (più di 10 al giorno). Un altro miliardo, inoltre, sarebbe il compenso per la collaborazione dell’Iran alla costruzione di una fabbrica di droni in Tatarstan (Russia). E poi ci sono i proiettili per l’artiglieria (300 mila) e quelli per le armi leggere (un milione) forniti da Teheran. Nello stesso tempo la Russia contribuisce al potenziamento dell’arsenale iraniano, anche con esemplari di armi occidentali preziosi per l’ampliamento del know how dei militari di Teheran. Per non parlare della partnership nel settore nucleare, civile e militare. Qualcuno può davvero credere che, con la guerra in Ucraina in pieno svolgimento, la Russia possa ambire a creare le condizioni per il coinvolgimento dell’Iran in una disastrosa guerra aperta con Israele?
Ovviamente uno scontro di questa portata finirebbe per coinvolgere anche i Paesi vicini. Gli Emirati Arabi Uniti, per esempio, dove Putin è stato in visita ufficiale nel dicembre scorso, quando ha detto che le relazioni tra Mosca e Abu Dhabi hanno raggiunto “un livello senza precedenti” (anche qui). Emirati che sono diventati il maggior investitore mediorientale in Russia, visto che (sempre Putin) «gli investimenti degli Emirati nei settori non petroliferi russi sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente». Per non parlare della generosa funzione di hub finanziario svolta da Dubai, di cui banche e uomini d’affari russi approfittano volentieri.
L’Arabia Saudita? La Russia avrebbe qualche interesse a creare problemi al regime saudita, che serenamente ha conservato le membership russa nell’Opec+ e, lavorando di concerto con il Cremlino, ha operato tagli alla produzione del petrolio che l’anno scorso hanno fatto risalire il prezzo del greggio? Nel settembre del 2022 il G7 decise in pompa magna di stabilire un tetto di 60 dollari a barile per il greggio venduto dalla Russia. Grazie ai tagli sincronizzati di Arabia Saudita e Russia stessa, da allora il barile non è mai stato venduto a meno di 70 dollari, il che ha consentito al Cremlino di continuare a incassare e ad alimentare la macchina bellica.
Ma forse la Russia potrebbe voler destabilizzare il Qatar, dove c’è la più grande base militare Usa del Medio Oriente… No, nemmeno qui il ragionamento regge. Intanto il Qatar è un grande sostenitore di Hamas, quindi se la Russia fosse “complice” di Hamas dovrebbe esserlo anche del Qatar. Ma poi, il Qatar Investment Authority (ovvero il fondo sovrano qatariota che ha una dotazione di miliardi di dollari) è titolare del 19% del gigante petrolifero russo Rosneft, e non ha mai fatto cenno di voler ritirare l’investimento. Nel giugno scorso Putin ha ricevuto al Cremlino il premier del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, politico ma anche esponente della famiglia reale, e sapete qual è stata la comune conclusione? Che i rapporti tra Russia e Qatar hanno raggiungo “livelli senza precedenti”.
Impegnata in una guerra dalle prospettive ancora oscure e dal bisogno di armamenti, colpita dalle sanzioni occidentali, alla ricerca di nuove rotte finanziarie e commerciali, desiderosa di rompere l’isolamento politico e diplomatico, sempre legata alle strategie sulle fonti energetiche per trovare stabilità economica, la Russia a tutto può aver interesse tranne che a turbare gli equilibri del Medio Oriente, che per il momento giocano a suo favore. Il resto, a esser franchi, non è altro che un cumulo di chiacchiere.
Fulvio Scaglione