Mosca ha già vinto la sfida delle rompighiaccio, anche se Washington sta provando ad attrezzarsi con l’aiuto del Canada e della Finlandia. Ma al di là dei momentanei rapporti di forza, l’Artico avrà sempre un significato più profondo per i russi che per i rivali statunitensi.
La regione artica è ormai uno degli epicentri della competizione geopolitica globale: il cambiamento climatico sta aprendo rotte marittime prima impraticabili, mentre le risorse naturali che ora giacciono intrappolate sotto la banchisa ghiacciata – soprattutto petrolio e gas, ma anche densi banchi di pesce – diventano sempre più accessibili. In questo contesto, le rompighiaccio rappresentano strumenti chiave per il controllo di queste nuove rotte e per l’accesso alle risorse economiche ed energetiche dell’Artico. E nessun Paese ha investito quanto la Federazione Russa, che ha costruito la flotta rompighiaccio più potente e nutrita al mondo.
La Russia considera però l’Artico non solo una fonte di ricchezza ma una componente fondamentale della propria sicurezza nazionale e, soprattutto, della propria identità. Attualmente, Mosca può contare su una flotta di 41 rompighiaccio operative, di cui ben 7 a propulsione nucleare gestite da Atomflot, succursale di Rosatom, l’agenzia di Stato per l’energia atomica. Tale superiorità numerica e tecnologica ha le potenzialità di conferire alla Russia un dominio quasi incontrastato sulle acque polari e, già oggi, le sta permettendo di esercitare un controllo strategico sulle rotte commerciali che transitano lungo le proprie coste settentrionali, sempre più trafficate in ragione della rapida fusione dei ghiacci polari.
Altre Nazioni artiche stanno cercando di colmare il divario, ma la loro capacità operativa rimane limitata. La situazione quasi disperata della flotta polare statunitense, soprattutto, confrontata con quella russa, mette in luce il crescente squilibrio di potere nell’Artico, le cui conseguenze restano oggi ancora tutte da vedere.
Una strategia di lungo termine
La Federazione Russa, come i suoi predecessori – l’Impero Russo e l’Unione Sovietica – ha da sempre riconosciuto il valore strategico dell’Artico. Questo territorio remoto e inospitale non è solo, sin dal Medioevo, una fonte di ricchezze naturali, ma anche una parte fondamentale dell’identità della Russia, che non riesce a concepirsi “slegata” dalla propria dimensione polare. Come è facile immaginare, la Russia è quindi stata uno dei primi Paesi a intraprendere spedizioni polari per garantirsi una adeguata conoscenza del territorio e, quindi, il controllo su di esso.
Nel 1898 si registrò il varo, presso i cantieri navali di Newcastle upon Tyne, in Inghilterra, della prima nave rompighiaccio al mondo. L’imbarcazione fu battezzata Ermak, dal nome del cosacco (conosciuto come “il Conquistatore della Siberia”) che, nel corso del XVI secolo, guidò la definitiva espansione russa verso Oriente. Il viceammiraglio Makarov, comandante della nave, era stato il primo a rendersi conto del fatto che una nave sufficientemente rinforzata poteva frantumare il ghiaccio estivo e autunnale del Mare Glaciale Artico, liberando un percorso utile alla navigazione.
Dal vapore all’atomo
La svolta tecnologica per la flotta russa nell’Artico avvenne, nel 1957, con il varo della Lenin, la prima rompighiaccio a propulsione nucleare della storia. L’uso dell’energia atomica, come già ampiamente recepito e messo in pratica a livello militare, consentiva operazioni più prolungate e indipendenti dai rifornimenti. Una caratteristica essenziale nell’Artico, dove le infrastrutture di supporto sono scarse o inesistenti e le distanze enormi, superando i limiti delle rompighiaccio a vapore e diesel. Queste navi sono in grado di frantumare ghiacci spessi fino a quattro o, in certi casi, persino sei metri, garantendo la navigabilità della Rotta Marittima Settentrionale per la maggior parte dell’anno.
Mosca è ben consapevole del fatto che l’Artico è una regione chiave per il suo status globale, una visione che ha radici molto antiche ma che ha trovato nuovo impulso sotto la guida del presidente Putin. La Rotta Marittima Settentrionale è la componente senz’altro più importante di questa visione, con il governo russo che prevede – ma soprattutto spera in – un aumento significativo del traffico marittimo internazionale lungo questa rotta, nonostante l’isolamento della Russia in conseguenza dell’avvio della guerra in Ucraina.
I progetti di espansione
I piani russi per espandere ulteriormente la flotta rompighiaccio sono ambiziosi. Quattro unità della nuova classe Arktika (“progetto 22220”, secondo la designazione russa) saranno consegnate nel giro di pochi anni e andranno a unirsi alle tre moderne unità già in servizio – Arktika, Sibir’ e Ural. Oltre a queste, secondo le ultime dichiarazioni del governo russo, anche la rompighiaccio Rossija, appartenente a una classe tutta nuova (il “progetto 10510”), vedrà il mare entro il 2030. Il Governo russo ha dimostrato di essere disposto a destinare ingenti risorse a questo progetto, che il vice-primo ministro della Federazione Russa Denis Manturov non ha avuto remore a definire “la rompighiaccio nucleare più potente al mondo”: per la costruzione della singola unità, i cantieri navali Zvezda di Bol’šoj Kamen’, a breve distanza da Vladivostok, si sono aggiudicati un contratto da 127,5 miliardi di rubli. La cifra è astronomica. Al cambio di oggi, si tratta di più di 1,2 miliardi di euro.
Il confronto con gli Stati Uniti e altre Nazioni artiche
Come abbiamo già accennato, gli Stati Uniti si trovano in una situazione precaria per quanto riguarda le rompighiaccio: attualmente possiedono infatti solo due imbarcazioni di “classe polare”, la Healy e la Polar Star. La recente incapacità operativa della Healy a causa di un incendio elettrico, protrattasi per circa due mesi, ha inoltre ulteriormente messo in evidenza le vulnerabilità della flotta statunitense.
Per tentare di fornire una soluzione a questo problema, il Canada e la Finlandia hanno avviato una collaborazione politico-industriale con gli Stati Uniti attraverso l’ICE Pact, un’iniziativa che mira a costruire una nuova flotta di rompighiaccio con il preciso scopo di affrontare l’influenza russa e cinese nell’Artico. L’accordo prevede la costruzione di ben 90 rompighiaccio nei prossimi dieci anni. Tuttavia, nonostante questi sforzi, gli Stati Uniti e i loro alleati devono affrontare il fatto che la Russia ha già stabilito una presenza navale significativa e ben attrezzata nella regione, rendendo la sfida ancor più complessa.
Una corsa all’Artico?
L’Artico si sta rapidamente affermando come un teatro di competizione geopolitica e di interesse globale. Mentre il cambiamento climatico continua a trasformarne il paesaggio, rendendo più accessibili rotte marittime e risorse, la Russia ha saputo posizionarsi come leader – per il momento indiscusso – grazie alla sua flotta rompighiaccio.
Tuttavia, la situazione è in continua evoluzione. Gli Stati Uniti e altre Nazioni artiche stanno cercando di colmare il divario, ma le sfide rimangono significative. Soprattutto le vulnerabilità della flotta statunitense, grande avversario della Federazione Russa anche nella dimensione artica, evidenziano la necessità di una strategia coordinata e a lungo termine.
Le dinamiche in gioco nell’Artico non solo influenzeranno le relazioni tra i Paesi della regione, ma avranno anche ripercussioni globali, poiché il controllo delle risorse e delle rotte commerciali si intreccia con la sicurezza e la politica internazionale. In questo contesto, l’Artico potrebbe diventare un laboratorio per la cooperazione o un campo di scontro, a seconda di come le potenze globali e regionali decideranno di gestire le sfide e le opportunità che questa regione offre.
Tommaso Bontempi