La battaglia per l’immagine storica della Russia non riguarda solo il suo rapporto con l’Occidente. In Asia centrale e in Medio Oriente i testi scolastici non sono lusinghieri con l’operato di Mosca, nonostante i suoi sforzi nell’ambito del soft power. Le contromosse del Cremlino e il modello del suo nuovo manuale.
Lo scorso settembre, le autorità russe hanno scoperto che i testi scolastici di alcuni Paesi della CSI (Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan), del Medio Oriente (Egitto, Israele, Iran, Turchia, Tunisia) e della Cina presentano valutazioni storiche sulla Russia definite “inaccettabili”. A giungere a questa conclusione è stato l’Istituto di Informazione Scientifica per le Scienze Sociali dell’Accademia russa delle Scienze (INION RAS), che, analizzando e confrontando i manuali di storia di questi Paesi, ha affermato che essi restituiscono un’immagine parziale – e, a tratti, faziosa – della Russia.
Un esempio è dato dai testi scolastici del Kazakistan, che accostano la politica dell’impero russo nei confronti del loro Paese a termini come “espansione territoriale”, “protettorato” e “politica coloniale”; analogamente, i testi scolastici mediorientali presentano la Russia come un aggressore che agisce nel proprio interesse. Nei Paesi dello spazio ex sovietico e dell’estero vicino russo sembra, insomma, che si tenda a promuovere una narrativa orientata a sottolineare i risvolti negativi della passata politica dell’URSS, tralasciando le iniziative che hanno contribuito al loro sviluppo. Lo sdegno di Mosca per questo “danno d’immagine” non si è fatto attendere: l’agenzia Rossotrudničestvo ha infatti definito questa tendenza un’“interpretazione” della storia, che non solo contraddice la verità storica, ma che rischia di avere un “effetto distruttivo sui processi globali volti a creare un mondo giusto e multipolare”.
La questione, come si può intuire, è parecchio ampia: essa si colloca all’interno di uno degli annosi dibattiti della comunità politica ed intellettuale internazionale, ovvero quello del revisionismo storiografico. La revisione della storia – intesa come il processo di riesame continuo a cui il passato viene sottoposto, alla luce di nuove evidenze e interpretazioni – può essere declinata in modi differenti. Nel caso delle ex potenze coloniali, ad esempio, essa ha rappresentato un’occasione per fare i conti con il proprio passato, ponendo le basi per l’instaurazione di nuovi rapporti con le ex colonie[IC1] . Nel caso della Russia si assiste, invece, ad un altro fenomeno: la revisione della storia allo scopo di legittimare alcune scelte di politica estera.
Mosca gioca sulla difensiva, denunciando atteggiamenti “revisionisti” ai danni della sua immagine. A detta di Razil Guzaerov, ricercatore dell’INION RAS, la tendenza generale è che la Russia viene ricordata soprattutto come potenza coloniale, accusata di aver oppresso i popoli nei territori annessi e di aver danneggiato le culture locali. Questa visione viene definita dagli studiosi russi come “promozione di eventi falsi e distorti”, un problema che “in futuro potrebbe diventare la base per lo sviluppo della xenofobia e russofobia”, andando quindi a minacciare la precaria amicizia tra i membri della CSI e altri alleati.
Bambini russi durante la cerimonia dell’inizio dell’anno accademico a Mosca (Kyrill Zykov/Moskva News Agency)
Ad agosto, un simile dibattito diplomatico è avvenuto tra Russia e Armenia. Oggetto della controversia è stato il libro di storia armena dell’ottavo anno scolastico, e, in particolare, il capitolo intitolato “Annessione forzata dell’Armenia orientale alla Russia”, in cui gli eventi del Caucaso meridionale tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo sarebbero “presentati in una forma distorta”. Secondo il Ministro degli Esteri russo, che ha presenziato all’incontro, il manuale tratterebbe importanti eventi storici utilizzando una terminologia inappropriata. La pace di Turkmanchay, ad esempio, nel manuale armeno viene definita come un’“annessione” al territorio russo: una presentazione che, secondo il Ministero russo, “può lasciare sbalordito qualsiasi storico”. A ciò sarebbe stato poi aggiunto che”Mettere in discussione il ruolo speciale dell’Impero russo, e successivamente dell’URSS e della Russia nella formazione dell’attuale Armenia, significa andare contro i fatti generalmente noti”. Lo sdegno del Ministero russo ha portato alle scuse del ministero armeno dell’Istruzione, che in un comunicato stampa ha dichiarato che “gli autori hanno avanzato una proposta di modifica”, la quale “verrà apportata nel prossimo futuro”.
Le controversie in questione possono essere ricondotte nel contesto più ampio della revisione storica della Russia di cui il Cremlino si sta occupando di questi ultimi tempi, e dell’utilizzo che di questa si sta facendo per giustificare anche “l’operazione militare speciale” in Ucraina. Il presidente Vladimir Putin ritiene infatti necessario avere una sola narrativa di Stato piuttosto che una moltitudine di testi che possano contraddirsi tra loro, e per questo ha promosso la stesura di un manuale storico universale, già adottato nelle scuole russe dallo scorso anno, intitolato “Storia della Russia. Anno 1945 – inizio del XXI secolo”.
Libro di testo scolastico “Storia della Russia. Anno 1945 – inizio del XXI secolo. 11° anno. Livello base.” (AP photo)
È bene sottolineare, tuttavia, che questo processo è tutt’altro che recente. Già dai primi anni del 2000, in parallelo con l’affermazione dell’idea di democrazia sovrana, Putin si è interessato alla riabilitazione di figure controverse del passato russo quali quella di Stalin. Seppur non dimenticando l’epoca buia del Grande Terrore, il dittatore sovietico viene riconosciuto e apprezzato per la sua vittoria sul nazismo nella Grande Guerra Patriottica, che ha consolidato l’URSS come grande potenza mondiale, e le ha reso il seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Non è dunque un caso che il nuovo manuale scolastico inizi proprio dal 1945. L’intento di Putin è quello di porsi come “erede spirituale” dello Stalin vincitore, a sua volta preceduto da Pietro il Grande e Ivan il Terribile, che nelle loro reciproche epoche hanno portato la Russia al suo punto più alto.
Con una nota polemica a tale narrativa si è espresso il premio Nobel per la pace Oleg Orlov, che sintetizza con chiarezza l’obiettivo di questa politica culturale. Per le autorità “la storia russa è una strada da una vittoria all’altra […] e altre belle vittorie si attendono […]. La storia è un mezzo per instillare il patriottismo. Certamente, nella loro visione, il patriottismo è apprezzamento della leadership, che si tratti di quella della Russia zarista, della Russia Sovietica o della corrente”.
Isabella Hadley
[IC1]Ho rielaborato la frase, ma non sono certa che il riferimento calzi a pennello col resto del testo.