Le proteste in Georgia riaccendono i riflettori sul Paese e sulle sue repubbliche separatiste, mentre la discussa vittoria Mikheil Kavelashvili alle presidenziali del 14 dicembre rafforza Sogno Georgiano e fomenta le piazze. Mosca sostiene il separatismo nel suo “estero vicino”, e Abcasia e Ossezia del Sud impediscono formalmente l’ingresso di Tbilisi nella NATO mentre cercano di trovare il giusto equilibrio col vicino gigante euroasiatico.
Abcasia e Ossezia del Sud: instabili equilibri caucasici
Le relazioni tra Mosca e le repubbliche separatiste georgiane di Abcasia e Ossezia del Sud offrono uno spaccato delle ambizioni geopolitiche russe nel Caucaso. Dopo il riconoscimento russo dell’indipendenza nel 2008, il rapporto dei due Stati de facto con il Cremlino oscilla tra dipendenza economica e politica e aspirazioni di maggiore autonomia. Mentre il mondo osserva con preoccupazione il ruolo di Mosca nelle crisi globali, queste repubbliche autoproclamate restano avvolte in una “diplomazia congelata”, simbolo delle tensioni irrisolte nella regione. Quali sono le priorità strategiche di Mosca? E come si posizionano Abcasia e Ossezia del Sud tra fedeltà al loro alleato e richieste interne di maggiore indipendenza?
Sostenere l’instabilità nell’estero vicino: Russia e Georgia ai ferri corti
Negli ultimi tre decenni la Russia ha cercato di riaffermare la sua influenza nello spazio post-sovietico come parte del più ampio obiettivo strategico di riacquisire l’antico status di grande potenza. Mosca ha alimentato il separatismo in numerose regioni e fornito sostegno militare e finanziario alle mire indipendentiste dei gruppi filorussi. Rivendicazioni nazionalistiche e contrasti interetnici risalgono a ben prima del crollo sovietico: tuttavia, controllo statale e comune ideologia comunista hanno contribuito per decenni alla relativa calma interna all’URSS. Le difficoltà del modello socialista e l’indebolimento dell’autorità centrale russa, però, alimentarono le rivendicazioni indipendentiste di gruppi etnici e Repubbliche autonome. La neonata Federazione Russa si propose come protettrice delle popolazioni russofone e russofile, perseguendo in realtà obiettivi strategici nel suo “estero vicino” (bližnee zarubež’e). Mentre reprimeva le minacce separatiste interne nel Caucaso settentrionale, Mosca ha sostenuto i movimenti politicamente affini che aspiravano a ridisegnare i confini dello spazio post-sovietico, adottando strategie diverse a seconda del contesto. L’orientamento filorusso, o quanto meno non ostile, delle regioni confinanti è cruciale per l’interesse nazionale della Federazione. Ossezia del Sud e Abcasia, regioni separatiste di una Georgia con crescenti ambizioni “euro-atlantiste”, restano centrali nei “Concept” di Politica estera russa, che sostengono l’integrazione economica e politica delle repubbliche con Mosca1.
Le proteste ancora in corso in Georgia, dopo più di un mese di scontri, riaccendono l’attenzione sul Caucaso e, in particolare, sul destino di Tbilisi e dei suoi rapporti con Mosca, Sukhumi e Tskhinvali.
Breve storia del separatismo in Georgia: dal crollo dell’URSS ai giorni nostri
L’autonomia di Abcasia e Ossezia del Sud risale al periodo sovietico. Le riforme di Gorbačëv alimentarono le spinte nazionaliste, mentre la Legge sull’uscita dall’URSS del 1990 aprì degli spiragli costituzionali: essa prevedeva che, prima di un referendum sull’indipendenza, anche le Regioni autonome all’interno della Repubblica richiedente avessero voce in capitolo. In altre parole, se una Repubblica sovietica (come la Georgia) cercava l’indipendenza, le sue Regioni autonome (come Abcasia e Ossezia del Sud ) potevano teoricamente decidere di non seguirla, appellandosi direttamente a Mosca. Questo articolo fu sfruttato dalla Russia per mantenere la propria influenza su alcune regioni chiave. In Abcasia e Ossezia del Sud, le élite locali filorusse organizzarono referendum paralleli e proclamarono la propria sovranità: pur prive di riconoscimenti internazionale, tali dichiarazioni permisero a Mosca di legittimare un intervento militare a difesa dei diritti delle minoranze etniche.
Nel 1991, mentre la Georgia dichiarava la propria indipendenza, Sukhumi proclamava la restaurazione della Repubblica Socialista Sovietica Abcasa, e l’Ossezia del Sud chiedeva l’elevazione del proprio status da Oblast’ autonoma a Repubblica autonoma. In Georgia si sono consumati disordini e scontri interetnici già a partire dal 1988, sfociati poi nei conflitti aperti nelle due regioni. La guerra civile in Ossezia del Sud cominciò ufficialmente sul finire del 1991, all’indomani della rivendicazione di indipendenza da parte di Tskhinvali2. L’Abcasia, invece, dichiarò la sua indipendenza dalla Georgia nel 1992, scatenando un conflitto armato con Tbilisi che si esaurì solamente due anni dopo grazie, come nel caso dell’Ossezia del Sud, al sostegno, alla mediazione e al dispiegamento di peace-keeper da parte di Mosca3.
Le violenze nazionaliste scoppiate tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta si placarono relativamente nei primi anni Duemila. Nel 2003, la Rivoluzione delle Rose in Georgia portò alle dimissioni del Presidente Shevardnadze e all’ascesa di Mikheil Saak’ashvili, che insieme a una nuova bandiera e a un nuovo inno, inaugurò un nuovo corso euro-atlantico per Tbilisi. La svolta arrivò nell’aprile 2008, quando al vertice NATO di Bucarest gli Stati Uniti promisero l’ingresso di Ucraina e Georgia nell’Alleanza.
La conseguente guerra russo-georgiana scoppiò nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2008, quando le truppe georgiane entrarono in Ossezia del Sud. Mosca reagì immediatamente, arrivando fino alle porte di Tbilisi. Il 12 agosto, grazie alla mediazione francese del Presidente Nicolas Sarkozy, si raggiunse un cessate il fuoco. Tuttavia, due settimane dopo, Mosca riconobbe l’indipendenza di Abcasia e Ossezia del Sud, violando gli accordi.
Sebbene oggi si parli di una deliberata invasione russa, un rapporto UE del 2009 attribuì responsabilità condivise4. Oggi, di fatto, la Russia occupa circa il 20% del territorio georgiano, creando uno stato di tensione latente che impedisce reali slanci euroatlantici di Tbilisi. Con la guerra del 2008 la Russia ha raggiunto il duplice obiettivo di riaffermare l’autorità russa nel suo “estero vicino” caucasico e di comunicare all’Occidente che la Russia è disposta a utilizzare la forza per difendere i propri interessi nazionali5.
Dal 2008, i rapporti tra Mosca e Tbilisi sono rimasti sostanzialmente invariati. Il sogno euroatlantico ha ripreso vigore con l’elezione di Salomé Zourabichvili nel 2018. Tuttavia, le politiche “filorusse” dell’attuale governo guidato da Irakli Kobakhidze e le elezioni presidenziali del 2024, “non valide” secondo Zourabichvili e vinte dall’unico candidato Mikheil Kavelashvili, alimentano uno stato di tensione latente in Georgia che ne impedisce ogni significativa evoluzione6.
Abcasia
Nota come la “riviera sovietica”, l’Abcasia ha sempre occupato un posto speciale nell’immaginario collettivo dell’URSS. Il clima mite, le acque temperate e una costa naturalmente adatta sia al turismo che all’installazione strategica di basi navali hanno reso la regione una risorsa preziosa per Mosca. Ciononostante, l’Abcasia è intrappolata in una crisi economica cronica aggravata da problemi strutturali in diversi settori. Nonostante la regione sia tecnicamente autosufficiente nella produzione di energia elettrica grazie alla diga di Inguri, frequenti blackout e un’infrastruttura obsoleta ostacolano il suo sviluppo, complicato ulteriormente dall’uso intensivo di energia per il mining di criptovalute7. Dal punto di vista economico, Sukhumi dipende quasi totalmente dalla Russia, che finanzia oltre la metà del bilancio abcaso con sovvenzioni e aiuti diretti. Questa dipendenza, unita al mancato riconoscimento internazionale e alle sanzioni, limita gravemente le opportunità di investimento e commercio.
In questo contesto di fragilità economica e sociale, il 30 ottobre 2024 Abcasia e Russia hanno firmato un controverso accordo di investimento che offre ampi benefici fiscali alle aziende russe. Sebbene il governo abcaso abbia promosso l’intesa come un’opportunità per rilanciare l’economia, l’opposizione l’ha denunciata come una minaccia agli interessi nazionali, accusando il governo di favorire oligarchi stranieri a scapito delle risorse locali.
Successivamente, le tensioni sono esplose in proteste di massa dopo l’approvazione parlamentare di una legge collegata all’accordo e l’arresto di alcuni attivisti critici verso il governo. Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, hanno raggiunto il culmine il 15 novembre, quando i manifestanti hanno assaltato8 edifici governativi chiave, tra cui il parlamento e l’amministrazione presidenziale. Di fronte alla crescente pressione, il presidente Aslan Bžjania ha lasciato la capitale e, dopo negoziati intensi, ha presentato una lettera di dimissioni il 19 novembre, successivamente approvata dal parlamento. A seguito di ciò, Mosca ha effettivamente bloccato9 la maggior parte dei suoi aiuti e sovvenzionamenti finanziari a Sukhumi.
Tuttavia, nonostante le dimissioni del presidente, il contesto politico rimane profondamente instabile. Frange armate locali, veterani di conflitti passati e miliziani con esperienza nella guerra in Ucraina continuano a esercitare pressioni significative, aggiungendo ulteriore complessità alla situazione. Con le elezioni presidenziali anticipate fissate per febbraio 2025, Abcasia si trova ora a fronteggiare una fase cruciale di transizione, segnata da divisioni interne tra i clan politici locali e dalla persistente influenza di Mosca, che resta una presenza determinante nello scenario politico regionale. L’Abcasia, pur dipendendo fortemente dalla Russia, conserva un certo margine di autonomia grazie a dinamiche politiche interne influenzate da clan locali e veterani della guerra abcasa, che cercano di proteggere una parvenza di sovranità per legittimarsi. Questa autonomia è strettamente legata al supporto economico e militare di Mosca, che pur esercitando una forte influenza, si astiene dall’ esercitare un controllo totale per non destabilizzare il paese. Le critiche all’ingerenza russa, pur presenti, riflettono più rivalità politiche interne che sentimenti anti-russi. In Ossezia del Sud , invece, il controllo russo è più diretto, grazie alla minore complessità politica e a una popolazione più ridotta.
Ossezia del Sud
Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, i responsabili della sicurezza in Georgia hanno notato un cambiamento rilevante: per la prima volta dopo il conflitto del 2008, si è instaurato un periodo di calma relativa, con meno incidenti gravi e risoluzioni più rapide lungo il confine sotto il controllo delle forze russe tra l’Ossezia del Sud e il resto della Georgia. Questo cambiamento potrebbe essere il risultato della necessità della Russia di concentrarsi sul conflitto ucraino e di preservare buone relazioni con l’élite di governo georgiana, il partito Sogno Georgiano, che ha scelto di assumere una postura conciliante nei confronti del Cremlino.
Tuttavia, i mutamenti nei rapporti tra Russia e Georgia non modificano in modo significativo lo scenario geopolitico complessivo. Pur cercando di promuovere una maggiore cooperazione e una certa stabilità nell’Ossezia del Sud, è improbabile che Mosca rinunci agli investimenti nelle sue infrastrutture militari o alla strategia di mantenere la popolazione dell’Ossezia del Sud dipendente economicamente e leale. Come ha osservato10 un politico georgiano, la questione riguarda più un avvicinamento della Georgia alla sfera di influenza russa, piuttosto che un abbandono da parte della Russia della sua sostanziale annessione dell’Ossezia del Sud, che in molti sensi è già una realtà consolidata.
Andrea Stauder e Fabrizio Furlani
- https://mid.ru/en/foreign_policy/fundamental_documents/1860586/?lang=en ↩︎
- https://www.wilsoncenter.org/event/the-russia-georgia-conflict-what-happened-and-future-implications-for-us-foreign-policy ↩︎
- https://edition.cnn.com/2014/03/13/world/europe/2008-georgia-russia-conflict/index.html ↩︎
- https://www.reuters.com/article/world/georgia-started-war-with-russia-eu-backed-report-idUSTRE58T4MO/ ↩︎
- https://studi-internazionali.org/il-conflitto-russo-georgiano-quindici-anni-dopo-un-processo-di-pace-mai-decoll ato-e-nuove-forme-di-ibridazione-del-conflitto/ ↩︎
- https://www.politico.eu/article/georgia-president-salome-zourabichvili-refuse-step-down-mikheil-kavelashvili-protest-oligarch-bidzina-ivanishvili-sanction-tbilisi/ ↩︎
- Barnett, Neil. “The Other Bitcoin Boom: Crypto Mining in Russia’s Shadow Territories.” RUSI, 12 December 2024 ↩︎
- “Protesters storm parliament in breakaway Georgian region of Abkhazia.” Al Jazeera, 15 November 2024 ↩︎
- “Russia cuts financial support to Abkhazia in ‘serious blow’ to relations.” OC Media, 2024. ↩︎
- Vartanyan, Olesya. “South Ossetia’s Loyalty Remains Unshaken Amid the War in Ukraine.” ISPI ↩︎