La Carelia, come molti territori di confine, è stata spesso al centro di rivalità tra nazioni, retoriche e identità. Le velleità indipendentiste della repubblica, ancora vive negli anni Novanta, sono andate spegnendosi per l’intervento del governo centrale e le mutate condizioni geopolitiche. Oggi la specificità della Carelia rischia di essere relegata alla sfera folkloristica.
La Carelia è una regione storica che, dal 1917, si trova divisa tra Finlandia e Russia. A seguito della guerra civile finlandese, infatti, lo Stato scandinavo guadagnò la propria indipendenza dall’Impero russo e, con il trattato di Tartu (1920) fra le due entità statali furono ripristinati i confini del ben antecedente trattato di Stolbova (1607). Da allora, il territorio della Carelia si ritrova diviso fra la Finlandia, dove occupa due regioni – la Carelia meridionale e settentrionale – e la Russia, dove è nata prima la “Comune del lavoro Careliana”, ribattezzata in seguito “Repubblica Socialista Sovietica Autonoma della Carelia” e, infine, “Repubblica di Carelia”.
Oggi, la Repubblica di Carelia è uno degli 89 soggetti federali della Federazione russa, nonché una delle sue 21 repubbliche note per la presenza di popolazioni di etnia non russa. Ciò comporta(va) una serie di concessioni in termini di autonomia, fra cui la possibilità di redigere costituzioni proprie e riconoscere la propria lingua come ufficiale.

La sua posizione e la sua storia di confine hanno fatto sì che la Carelia venisse a lungo definita come “divisa fra due mondi”. Di fatto, le tensioni fra Russia e Finlandia, nelle loro diverse espressioni storiche, hanno modificato più volte i confini della regione durante il XX secolo. Ad ogni cambiamento, la Carelia ha dovuto rinegoziare la propria identità e i rapporti con il nuovo centro. In particolare, durante gli anni di korenizatsija (indigenizzazione) bolscevica, subì dapprima un’efficacissima politica di finlandizzazione, mascherata per carelianizzazione. Poi, dalla seconda metà degli anni Trenta, i finnici della Carelia – così come altre minoranze etniche dell’Unione Sovietica – cominciarono ad essere visti con crescente sospetto, finendo con l’essere considerati ‘nemici della Patria’ e diventando vittime di violente repressioni. Da allora, la cultura careliana si è andata riducendo alla sua dimensione domestica, e la sua stessa sopravvivenza è stata messa a dura prova dalla russificazione sovietica dei decenni successivi.
Solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica la regione ha iniziato a riflettere sulla possibilità di un proprio progetto nazionale, che si è però andato a scontrare presto con il rinnovato centralismo putiniano e l’isolamento internazionale della Russia a seguito delle sanzioni del 2014 e degli anni seguenti.
Le due strade dell’autonomia careliana
Il 9 agosto 1990, la Carelia fu la prima regione della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Russa (RSFSR) ad adottare la Dichiarazione di sovranità statale, attraverso la quale si dichiarava Stato sovrano all’interno della RSFSR e dell’Unione Sovietica. Nel 1992, durante l’XI sessione del Consiglio Supremo della Repubblica di Carelia, fu sollevata – per la prima e ultima volta – la questione dell’indipendenza della Carelia dalla Federazione Russa. Tra il 1993 e il 1994, invece, si dichiarò attore indipendente nelle relazioni internazionali, arrivando a realizzare una propria simbologia ufficiale, e ad istituire il ‘giorno della Repubblica di Carelia’ nel 1999. La “soggettività” della Carelia venne ripetutamente sottolineata anche negli interventi dei leader regionali, come evidenziato nella dichiarazione dell’allora presidente del governo della Repubblica di Carelia, Viktor Stepanov, secondo il quale la Carelia “avrebbe dovuto rivedere […] le relazioni (con il centro federale)”.
Senza avere il tempo di definire una direzione più autonomista o secessionista, la progressiva centralizzazione statale portata avanti dalle autorità federali all’inizio degli anni 2000 – insieme all’esperienza cecena che espose i rischi di una ricerca d’autonomia troppo militante – rimise in discussione la soggettività politica della Carelia.
Da allora, considerando anche il crescente consenso popolare verso Putin, e sotto le pressioni del rinnovato verticalismo amministrativo, le autorità della Repubblica di Carelia iniziarono ad abbandonare il proprio progetto autonomista per abbracciare quello federale. Basti considerare come, fra il 2003 e il 2004, il capo della Repubblica di Carelia, Sergej Katanandov, supportò la decisione del presidente di annullare le elezioni dirette dei capi delle regioni, dichiarando di aver “più volte proposto” questa misura per “consolidare lo Stato e garantire la sicurezza della popolazione”. Ciò venne confermato anche dal presidente del Parlamento della Carelia, Nikolaj Levin, che giudicò “pienamente accettabile” la rinuncia alle elezioni dirette in quanto avrebbe permesso “di rafforzare la verticalità del potere”.
A questo punto, gli sforzi di autodeterminazione della Carelia hanno cominciato a percorrere due strade diverse. Da un lato, le autorità careliane hanno puntato ad un tipo di regionalismo che rafforzasse economicamente la Carelia senza mettere in discussione la sua appartenenza alla Federazione; dall’altro lato, il Movimento Nazionalista Careliano (KKL – stop the occupation of Karelia), nato nel 2012, ha iniziato a propugnare l’indipendenza della regione. Questo movimento, nato “dal basso”, è apparso fin da subito radicale, ma, allo stesso tempo, di minoranza. La sua rilevanza, di fatto, è misurabile solo in relazione a un paio di fattori: la creazione di una Legione Nazionale Careliana all’interno delle forze armate ucraine contro l’esercito russo, a seguito della guerra deflagrata tra i due Paesi nel 2022, e la sua adesione al Forum delle Nazioni Libere della Post-Russia. Proprio durante una riunione di tale Forum – avvenuta fra le mura del Parlamento Europeo, nel 2023 – il fondatore del movimento, Dmitrij Kuznetsov, ha caldeggiato la separazione della Carelia dalla Federazione Russa. Quest’ultima, ovviamente, non ha lasciato correre tali dichiarazioni: nel gennaio 2025, infatti, ha inserito il KKL e l’intero forum nella lista delle organizzazioni terroristiche.
EUREGIO Carelia: un’opportunità sfumata
Nelle relazioni internazionali, una delle possibili definizioni di “regione” è quella di un’entità transnazionale e sopra-statale che, attraverso processi di integrazione e cooperazione, punti a diventare più competitiva rispetto al mercato internazionale globalizzato. Le regioni, in questi termini, sono state fondamentali nelle prime strategie di soft-securitizzazione dell’Unione Europea, che ha istituzionalizzato euroregioni (EUREGIO), al suo interno e ai suoi confini, nella convinzione che confini stabili potessero garantire stabilità all’intera Unione. Anche sulla base di queste, si sono sviluppati i più recenti programmi di Vicinato e Partnership Europeo (ENPI) e di Cooperazione Trans-Frontaliera (CBC).
Nel contesto russo, già nei primi anni ’90 la Repubblica di Carelia era stata coinvolta in diversi progetti interregionali e transnazionali di cooperazione, come il Baltic Sea States Sub-regional Co-operation (BSSSC) nel 1993 e il Barents Euro-Arctic Region (BEAR), nello stesso anno. Nel 1995, l’ingresso della Finlandia nell’Unione Europea diede nuovo impulso ai progetti transnazionali nella regione e tra il 1991 e il 2000 la Carelia partecipò a oltre 200 progetti congiunti finno-russi, ricevendo finanziamenti per un valore superiore ai 30 milioni di euro e 280 milioni di rubli. Nel 1999, poi, con l’aumentare della presenza dell’Unione Europea dei mari del Nord, la Finlandia promosse la creazione di uno strumento di politica congiunta che avrà il nome di Northern Dimension (ND). Proprio all’interno di questa iniziativa, nel 2000 fu realizzata la EUREGIO Carelia (EK), un programma di cooperazione transazionale destinato allo sviluppo di relazioni di buon vicinato.

Tra il 2000 e il 2005, il programma ha beneficiato di più di 20 progetti, improntati sui temi di protezione ambientale, turismo e sviluppo infrastrutturale, con un contributo complessivo di 20 milioni di euro da parte dell’Unione Europea.
Tuttavia,dal 2014, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia e alle conseguenti sanzioni europee, del programma si sono perse le tracce – pur senza una dichiarazione che ne formalizzasse il termine. Tutto ciò ha inevitabilmente messo fine a quello che aveva rappresentato un modello lodevole di cooperazione internazionale e di Comunità di Sicurezza (SC) caratterizzato dall’eliminazione, nel territorio, di tensioni e minacce di conflitto. Oggi la Carelia è tornata, di fatto, a essere fortemente militarizzata.
La triade di Putin
Nel corso del tempo, dunque, della Carelia si è andata quasi completamente erodendo la dimensione politica, e la regione ha subito una progressiva definizione dettata, in particolar modo, da narrative utilitaristiche e folkloristiche al servizio della rappresentazione multietnica proveniente dal centro; una rappresentazione che rispecchia una nuova versione di quella che era stata la triade di Uvarov (1786-1855), caratterizzata dai concetti di nazionalismo, ortodossia e autocrazia. In questa nuova rappresentazione il nazionalismo careliano, sotto le pressioni del centro, viene ridotto alla sua dimensione culturale e diventa un modo per attrarre turisti e investimenti. L’ortodossia, allo stesso modo, è parte integrante della descrizione della Carelia, intesa come “terra nel sacro triangolo” i cui vertici sono segnati dai “tre bastioni della spiritualità ortodossa russa” – Kizhi, Valaam, e le isole Solovki. Per quanto riguarda l’autocrazia, essa penetra sin dentro la Costituzione Careliana, modificata nel 2020 non per la necessità di migliorare la qualità della governance, o per prendere in considerazione gli interessi della popolazione della repubblica, bensì con il fine di “perfezionare e allineare la legislazione della Repubblica di Carelia con le nuove disposizioni della Costituzione della Federazione Russa”.
Punti che ritroviamo nelle stesse dichiarazioni del congresso del popolo careliano, tenutosi nella sua ultima edizione a settembre 2024, durante il quale è stato affermato come il territorio della Carelia è “sempre stato un avamposto della Russia”. Allo stesso modo, si legge nelle dichiarazioni, “tutti i popoli e le nazionalità del nostro Paese si sono radunati attorno al presidente della Russia e insieme aiutano i nostri soldati che partecipano a un’operazione militare speciale […] per proteggere la nostra storia, cultura e memoria”. Parole che confermano come del nazionalismo careliano sia rimasto ciò che il governo centrale voleva che rimanesse: una rappresentazione folkloristica e utilitaristica snaturata della propria dimensione politica, le cui prospettive future rimangono incerte.
Luca Ciabocco
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